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Irpef, sanità e casa. Cosa contiene la quarta manovra Meloni

Dopo un travagliato e per nulla scontato accordo con le banche, che frutterò circa 11 miliardi in tre anni ma senza ricorrere a tasse sugli extraprofitti, il governo ha messo il timbro su una finanziaria leggera ed essenziale, con una cubatura da 18 miliardi. Ecco tutte le misure

Mini taglio sull’Irpef, esclusione della prima casa dal calcolo dell’Isee entro un limite di valore catastale, interventi sui salari, nuovi fondi per accontentare le imprese e uno stanziamento aggiuntivo di 1,6 miliardi di euro per la famiglia. La quarta manovra firmata da Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti è realtà, dopo un Consiglio dei ministri durato poco meno di due ore, tenutosi di mattina, dopo la notte che ha portato in dote il delicato e non scontato accordo tra governo e banche sul contributo alla finanziaria da far pervenire dagli istituti.

L’ACCORDO IN NOTTURNA SULLE BANCHE

Intesa da 11 miliardi in tre anni e che prevede, giova ricordarlo, una serie di interventi per raggiungere il gettito previsto di 4,3 miliardi per due anni più 2,5 miliardi per il terzo. In tutto, come detto, circa 11 miliardi in un triennio. Ricalcando la soluzione trovata nel 2023, sarà applicata un’imposta del 27,5%, anziché del 40%, sugli utili maturati dagli istituti di credito posti a riserva: in pratica le banche, su base volontaria, per il prossimo triennio dovranno versare allo Stato un’imposta del 27,5% se vorranno distribuire utili ai propri soci. A illustrare i punti principali della manovra, oltre alla stessa Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, reduci dallo scontro delle ultime ore proprio attorno al tema del contributo delle banche e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

CETO MEDIO AL CENTRO

Come ha stabilito il Documento programmatico di bilancio, mettendo le basi per la Legge di bilancio appena approvata, nel 2026 sono previsti interventi a favore dell’economia per 18,4 miliardi di euro, coperti da un minimo aumento del deficit e da 17,3 miliardi di minori spese e maggiori entrate. Tra queste spiccano 4,3 miliardi di misure a carico del settore finanziario e assicurativo, che diventano 11 in tre anni, anche con una nuova addizionale Irap destinata a finanziare la Sanità, oltre ai 2,2 di tagli ai ministeri e i quasi 5 miliardi ottenuti contabilmente con la rimodulazione del Pnrr.

Cuore della manovra, l’alleggerimento fiscale sul ceto medio. E dunque, confermata la riduzione dell’aliquota Irpef per i redditi medi. In particolare, viene ridotta la seconda aliquota Irpef che, dall’attuale 35% passa al 33%, limitando i benefici per i redditi più alti. Per il taglio vengono stanziati 2,7 miliardi all’anno (circa 8 miliardi di euro in 3 anni) e riguarderà i redditi tra i 28 mila e i 50 mila euro lordi l’anno: si tradurrà in uno sconto massimo di 440 euro all’anno, pari a circa 36 euro mensili. Per un reddito di 30 mila euro lordi, il risparmio sarebbe di circa 40 euro l’anno, pari a poco più di 3 euro al mese.

IL FRONTE DELLE PENSIONI

Arriva anche il taglio alla tassazione dei premi di produttività, come annunciato dalla stessa premier Meloni. “Tagliamo dal 5 all’1% la tassazione dei premi di produttività, elevando la soglia dei premi soggetti all’aliquota sostitutiva da 3 mila a 5 mila euro, detassando le componenti del salario dei turni notturni e festivi”. Sulle pensioni per il biennio 2027-2028, invece, è confermato l’aumento graduale dei requisiti di accesso al pensionamento connessi all’adeguamento all’aspettativa di vita. A partire dal 2027 l’aumento dell’età pensionabile ci sarà, ma graduale: per andare in pensione non serviranno subito 67 anni e 3 mesi, ma 67 anni e un mese, che saliranno a due dal 2028 e poi tre nel 2029. Viene però precisato: Ad esclusione dei lavori gravosi e usuranti. La spesa viene così indicata: 460 milioni di euro nel 2026; oltre 1,8 miliardi nel 2027, quando partirà l’aumento dell’età; scende a circa 1,15 miliardi nel 2028.

PRIMA CASA FUORI DALL’ISEE

Non è finita. Cambia poi il calcolo dell’Isee, spesso utilizzato come parametro per la selezione della platea di beneficiari dei bonus sociali: dal prossimo anno escluderà la prima casa fino a un valore catastale di 100 mila euro (ipotizzato tenendo conto delle compatibilità con il bilancio e dell’esigenza di favorire chi popola le piccole città e le periferie di quelle più grandi), che in termini di mercato corrisponde a circa 300-400 mila euro. Lo scopo di tale iniziativa è evitare che la casa di residenza di molte famiglie concorra a determinare la loro ricchezza, rendendo l’indicatore più aderente alla situazione economica e favorendo un numero maggiore di nuclei nell’assegnazione degli incentivi.

Proroga, poi, anche per il 2026, del bonus del 50% sulle ristrutturazioni per le prime case e del 36% dalle seconde case in poi (in entrambi i casi per un massimo di 96 mila euro per unità immobiliare). La riduzione degli sconti con il passaggio dal 50% al 36% per le prime abitazioni e dal 36% al 30% per le seconde (e successive) dovrebbe quindi slittare al 2027.

OBIETTIVO SALUTE

Quanto alla sanità, più medici e infermieri con le risorse stanziate per la sanità. Lo ha annunciato ancora una volta la premier Meloni evidenziando la volontà del governo di “rafforzare in generale il comparto sanitario, in particolare assumere circa 6.300 infermieri e ulteriori mille medici, e aumentare le buste paga degli infermieri, con un aumento stimato nel 2026 di 1.630, per i medici di circa 3.000 euro, e anche del personale sanitario del comparto”.

SALARI ANCORA TROPPO BASSI

Tutto questo mentre l’Italia rimane schiava dei salari ancora troppo bassi. L’ultimo bollettino di Bankitalia parla fin troppo chiaro. Si riduce la crescita delle retribuzioni in Italia. “In primavera, l’incremento delle retribuzioni contrattuali nel settore privato non agricolo si è attenuato, al 3,2 per cento nel secondo trimestre su base annua, dal 4,4 del periodo precedente”. E “in un contesto di debolezza ciclica, le retribuzioni orarie di fatto hanno continuato a salire, ma a tassi inferiori (al 2,8 per cento, dal 4,1)”. Peraltro “in termini reali, le retribuzioni contrattuali di fatto erano ancora al di sotto dei valori del secondo trimestre del 2021 (del 6,9 e dell’8,5 per cento, rispettivamente), mentre nell’area dell’euro quelle effettive avevano quasi completato il recupero”.


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