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È la Difesa la chiave strategica per il rapporto Ue-Brasile. Orsini spiega perché

Il Brasile, in particolare sulla questione Ucraina, non si sbilancia benché condanni l’aggressione di Putin. Il governo si tiene le mani libere, ma ha interesse a rafforzare i rapporti con l’Ue. Su questo terreno, la Difesa diventa uno dei pilastri strategici su cui lavorare anche per il riarmo che il Paese sudamericano dovrà affrontare a stretto giro. Colloquio con il vicepresidente della delegazione italiana dell’Assemblea parlamentare della Nato, Andrea Orsini

Una missione ristretta ma intensa, segnata da incontri ai vertici militari e politici di un Paese che guarda al mondo con crescente protagonismo. Andrea Orsini, deputato di Forza Italia e vicepresidente della delegazione italiana dell’Assemblea parlamentare della Nato, racconta a Formiche.net la recente missione in Brasile. Un viaggio che ha segnato un passo importante nel dialogo tra l’Alleanza Atlantica e un attore emergente del Sud globale. “Il Brasile,” spiega Orsini, “non è nell’orbita Nato, ma sarà uno dei protagonisti del mondo multipolare. È giusto che con loro si costruisca un rapporto stabile, nel campo della Difesa.”

Orsini, che tipo di missione è stata quella in Brasile?

È stata una missione diversa dal solito, più ristretta, ma molto significativa. Io ho partecipato come vicepresidente della delegazione italiana Nato e della Commissione Difesa dell’Assemblea. Abbiamo avuto incontri con i vertici politici e militari brasiliani, oltre che con il Parlamento, che è il nostro interlocutore naturale. Il dialogo è stato molto aperto e utile per comprendere meglio le dinamiche interne e le priorità strategiche del Paese.

Quali sono stati i principali interlocutori che avete incontrato?

Abbiamo incontrato i comandi supremi delle tre Forze Armate, il ministro degli Esteri e rappresentanti del Parlamento, sia di maggioranza che di opposizione. È stato un confronto costruttivo, in cui abbiamo potuto spiegare meglio la visione della Nato e ascoltare la prospettiva brasiliana su temi di sicurezza e politica internazionale.

Il Brasile non è un Paese Nato. Che significato ha questa apertura del dialogo?

Il Brasile, pur non rientrando nell’area geografica dell’Alleanza, è un attore di rilievo nel nuovo ordine multipolare. È destinato a giocare un ruolo di primo piano, come già accade con Paesi partner come Giappone e Australia. La nostra missione va proprio in questa direzione: costruire un dialogo politico più alto, che consenta una collaborazione basata su interessi comuni e sul rispetto reciproco.

Com’è stato accolto il gruppo parlamentare dell’Assemblea Nato?

Con grande cortesia e interesse, ma anche con prudenza. Il Brasile, e in particolare il governo Lula, è molto attento a mantenere buoni rapporti con l’Occidente per ragioni economiche e industriali — inclusa la cooperazione nel settore della Difesa — ma non vuole sbilanciarsi su posizioni che lo leghino troppo a uno schieramento internazionale.

Ha citato la Difesa. È un terreno su cui il dialogo può consolidarsi?

Assolutamente sì. Esiste già una buona collaborazione, per esempio con Leonardo e altre imprese del comparto, ma c’è spazio per crescere ancora. Il tema della Difesa può diventare una chiave per rafforzare il legame con l’Europa e l’Occidente. Il Brasile è consapevole di dover aumentare la propria spesa militare e di dover gestire frontiere molto permeabili: anche questo apre possibilità di cooperazione tecnica e industriale.

E sul conflitto in Ucraina, qual è la posizione brasiliana che avete percepito?

C’è una condanna chiara dell’invasione russa, ma al tempo stesso una convinzione che la soluzione debba passare attraverso il dialogo e non le sanzioni. I brasiliani dicono apertamente che l’Europa ha un problema di sicurezza che comprendono, ma la loro priorità resta il Sud America. È una posizione pragmatica, coerente con la loro collocazione geografica e strategica.

La Cina rimane un interlocutore forte per il Brasile. Come si inserisce questo nel quadro generale?

Il legame economico con la Cina è profondo, ma non privo di ambiguità. I brasiliani sono consapevoli che la “generosità” di Pechino non è gratuita, ma parte di una strategia di espansione economica e politica. Non sono ingenui: vogliono mantenere margini di autonomia, e per questo guardano con attenzione anche all’Europa.

L’Unione europea è dunque vista come un partner strategico?

Sì, assolutamente. I brasiliani considerano il rapporto con l’Ue una chiave per consolidare i legami con l’Occidente. È una porta che non intendono chiudere. L’economia può essere il terreno su cui costruire un dialogo politico più forte, e la Difesa può diventare uno dei pilastri di questa collaborazione.

Che bilancio trae, dunque, da questa missione?

Molto positivo. Abbiamo riannodato i fili di un rapporto che merita di essere coltivato. Il Brasile è un interlocutore complesso ma imprescindibile, e la Nato deve guardare con maggiore attenzione ai Paesi emergenti. Noi abbiamo seminato alcune tracce: ora si tratta di costruire un percorso graduale, ma concreto. Il mondo multipolare richiede nuovi canali di dialogo, e quello con il Brasile può diventare centrale.


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