Mentre i media americani titolano su probabili attacchi degli Stati Uniti al Venezuela, il tema della guerra ai narcotrafficanti e a quelli che la Casa Bianca definisce narco-stati sta diventando di giorno in giorno centrale nelle valutazioni politiche e strategiche non soltanto di Washington ma anche delle Nazioni Unite. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Ai narcos fanno il solletico le battaglie navali e i blitz contro il pur spregevole dictador venezuelano Nicolàs Maduro ed il Presidente della Colombia Gustavo Pedro accusato da Donald Trump di essere la foglia di fico, anzi di coca, dei narcotrafficanti. Dalla cocaina all’eroina alle droghe sintetiche, il traffico internazionale di stupefacenti ha un fatturato annuo stimato per difetto in trilioni di dollari, ovvero di svariati miliardi di miliardi di dollari. Un business stratosferico, inimmaginabile, cogestito in occidente dalla ‘ndrangheta, dai narcos colombiani e dai cartelli messicani e nel sud est asiatico dai signori dell’oppio, in grado di assorbire e di scansare corrompendo e uccidendo ogni tipo di offensiva investigativa, giudiziaria, legislativa e perfino militare. Per sradicarlo occorrerebbe un’occupazione militare permanente di interi stati, con l’assoluta certezza di innescare altrettanti Vietnam.
La gravissima emergenza sociale e socio sanitaria provocata in tutti i paesi occidentali, in particolare negli Stati Uniti ed in Europa dove le droghe stanno hanno innescato una esponenziale tragica catena di conseguenze, impone tuttavia di prendere in considerazione e attuare interventi e iniziative in grado di scatenare una vera e propria guerra al narcotraffico mondiale. Una guerra di definitiva liberazione del Pianeta dal male assoluto e mortale delle droghe e dei narcotrafficanti.
Ma a parte le enormi difficoltà dell’impatto finanziario per recidere i canali mondiali del riciclaggio di narcodollari, che si avvalgono di infinite capacità corruttive, come debellare un nemico impersonale, che non combatte frontalmente e tanto ramificato in America Latina, Messico, Afghanistan e nel triangolo d’oro delle coltivazioni del papavero d’oppio al confine fra il Myanmar (l’ex Birmania), il Laos e la Thailandia?
L’unica soluzione tattica e strategica, che prosciugherebbe e farebbe venire allo scoperto gli inside laundering, i segreti del riciclaggio, é intanto quella della distruzione radicale di tutte le piantagioni di coca e dei papaveri da oppio, con capillari bombardamenti a tappeto mirati, annunciati in largo anticipo alle popolazioni per farle allontanare in tempo, utilizzando i più sofisticati diserbanti chimici e nei casi di maggiore estensione e difficile intervento con l’uso di micro atomiche tattiche o bombe ai neutroni.
Senza la materia base delle foglie da coca, dell’oppio e della morfina sarebbe infinitamente più facile, per una serie di motivazioni investigative, strumentali, logistiche e ambientali, individuare con il monitoraggio satellitare i laboratori chimici delle droghe sintetiche. Anche quelli in attività in Cina, che verrebbero segnalate alle autorità al Governo di Pechino al quale preme molto di più mantenere rapporti commerciali fiduciari con Usa ed Europa piuttosto che subire sanzioni a causa dei criminali che producono le micidiali pasticche di fentanyl che stanno avvelenando il mondo.
Il bombardamento di diserbanti sulle piantagioni di coca in America latina é stato già attuato a cavallo fra gli anni ’90 e il 2000, ma in maniera non estensiva, saltuaria e contraddittoria, mentre sarebbe del tutto inedito in Afghanistan dove intere regioni sono coltivate a papaveri da oppio, e nel sud est asiatico dove l’oppio vanta tradizioni culturali e complicità governative a tutti i livelli.
Distruzioni di tutte le piantagioni di coca e di oppio con diserbanti e micro atomiche tattiche difficili da attuare? Sì, molto difficili, ma oggettivamente le uniche possibili per vincere permanentemente la guerra contro i narcotrafficanti e non per tamponare la situazione solo per qualche anno.
Una guerra non contro i campesinos, gli afghani e le popolazioni del triangolo d’oro, che dovrebbero essere lautamente indennizzate, assistite e avviate a nuove innocue coltivazioni, ma esclusivamente un conflitto lampo contro i narcotrafficanti. Un blitz risolutivo per non lasciare loro il tempo di trasferire altrove produzioni e laboratori e, soprattutto, di interferire contro un’offensiva che non deve assolutamente lasciare scampo e possibilità di riavviare il circuito infernale della droga.
Il rischio maggiore? Quello che se prima possibile non si va fino in fondo nella guerra contro il narcotraffico i signori della droga impediranno che la si possa programmare e scatenare. Come? Muovendo a colpi di miliardi di dollari attacchi d’intelligence criminale alle democrazie. Colpi di stato mascherati da exploit elettorali populisti, nazionalisti indipendentisti e così via, in grado di stravolgere assetti istituzionali e di fingere di cambiare tutto affinché tutto rimanga com’é.














