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Il sole oltre le nubi

«Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto». Le parole di Orwell nel celebre romanzo 1984 possono tradurre con efficacia uno stato d’animo amareggiato e pessimista. La sempre più profonda crisi italiana – politica, economica e morale – si unisce a quella finanziaria che sta piegando l’Europa con il tentativo arduo di salvare la Grecia dal default. È come se una valanga stesse scendendo a valle: non importa se c’era chi s’era accorto che non era una semplice e modesta slavina. Ora l’impressione è che sia troppo tardi. C’è chi si agita e chi invece resta come paralizzato. Non si può stabilire chi sarà travolto e chi riuscirà a ripararsi. È più facile immaginare cosa sarà spazzato via e cosa resterà.
 
Un sistema repubblicano basato sulla dicotomia fra Costituzione formale e Costituzione sostanziale, fra parlamentarismo di carta e premierato di fatto, fra pulpito della Cattedra e pulpito della tv (e ora anche di Internet e dei social network), è ormai al collasso estremo. Le contraddizioni emerse dal 1994 in poi non solo non sono state risolte ma addirittura esaltate e radicalizzate. L’illusione della leadership ha inaridito il ruolo del progetto. Si voleva ridurre il peso dello Stato ma la sua pervasività (e perversività) è aumentata. Si voleva tagliare il costo pubblico della politica ma è moltiplicato. Si invocavano istituzioni europee ma abbiamo implementato pratiche sudamericane, senza offesa per il Sud America. Si propagandava la libertà come sostantivo ma ci siamo ritrovati ad usare questo termine come aggettivo per qualificare il “valore” della servitù. Difficile descrivere un fallimento così grande, così palese.
La valanga incombe, è vero. Fa paura, come negarlo. Tuttavia, se c’era chi la prevedeva e chi suggeriva di piantare alberi che avrebbero potuto arginare la furia (auto) distruttiva, oggi c’è chi continua a guardare un po’ più lontano. E oltre le nubi c’è il sole. Dopo la rottura c’è la ricostruzione.
 
Nel 1943 – prima del fatidico 25 luglio – mentre il regime di Mussolini mostrava i segni più evidenti del suo declino, una giovane e nuova classe dirigente si formava, si incontrava. In una parola: si preparava alla responsabilità del governo. Questa sarebbe venuta solo qualche anno dopo ma durò oltre quattro decenni. Oggi come allora, per quanto non si possano paragonare situazioni storiche completamente diverse, è il tempo di lavorare a idee ricostruttive (come quelle di De Gasperi nel ‘43) sapendo quanto potranno risultare utili domani. Vorremmo provare a smentire il pessimismo di Orwell. Altri prima di noi ci sono riusciti.


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