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Grecia, Libia e Malta. Le ultime mosse sulle Zee viste da Caffio

Mentre l’Italia si avvia ad istituire mini-Zee, altri Paesi si agitano per affermare le loro pretese marittime. La recente proposta della Grecia di organizzare un forum sulle delimitazioni nel Mediterraneo orientale va vista come tentativo di affrontare in ambito multilaterale, assieme all’Egitto, i forti contrasti con Libia e Turchia. Il punto dell’ammiraglio Fabio Caffio

L’interesse per le questioni marittime in Italia è ancora limitato anche se può considerarsi oramai acquisita la coscienza della dimensione subacquea, delle infrastrutture critiche e delle Zone economiche esclusive. Altrove c’è maggiore attenzione. Nel Mediterraneo orientale cova sempre sotto la cenere il fuoco delle delimitazioni. Grecia e Turchia lo alimentano periodicamente con iniziative spesso eclatanti. Come è noto, la contrapposizione riguarda l’applicazione di principi del diritto del mare sull’effetto da dare alle isole, sia pur piccole: la Grecia ha posizioni intransigenti per ovvie ragioni geografiche; la Turchia ritiene invece che si debba tener conto delle reciproche coste continentali.

Sinora la disputa sembrava circoscritta ai due contendenti, ma poi la partita si è allargata. La Turchia ha stipulato nel 2009 con Tripoli un contestato accordo di delimitazione della Pc che penalizza Rodi e Creta, e quest’anno la Libia ha fissato un limite della sua Pc che si spinge sotto Creta secondo la teoria (turca) dell’effetto ridotto delle isole. Si è così creata una sovrapposizione con aree in cui Atene ha concesso permessi di estrazione. In questo contesto s’inserisce la proposta greca di organizzare un forum aperto a Libia, Turchia ed Egitto per discutere di delimitazioni, immigrazione via mare e protezione ecologica.

In teoria l’Italia è geograficamente fuori dalla geopolitica del Mediterraneo orientale; tuttavia ne è coinvolta a vario titolo: aderisce al progetto del gasdotto EastMed, non realizzato perché transiterebbe in aree di Pc pretese dalla Turchia; è il punto di arrivo di rotte migratorie provenienti da Siria, Turchia ed Egitto attraverso le acque greche; ha con Eni concessioni offshore in Egitto e Cipro; è infine lo Stato frontista della Libia con cui potrebbe condividere parte della Pc ad ovest di Creta.

E infatti Tripoli, nello stabilirne lo scorso maggio il confine con una linea che non è accettata dalla Grecia, ha fatto perno sulle nostre coste della Sicilia e della Calabria. Tutto bene si dirà. Se non fosse per un problema: e stesse acque che Tripoli ci riconosce e che noi rivendichiamo, sono pretese da Malta; la negoziazione tra noi e Valletta si trascina da anni; l’area è strategica per la sicurezza marittima e l’esistenza di infrastrutture critiche e risorse minerarie. Ecco quindi che ora Valletta scalpita per chiedere ai Libici di rivedere le loro posizioni, candidandosi di fatto a partecipare al forum che la Grecia intende organizzare.

La partita dei confini marittimi mediterranei è fatta di mosse e contromosse repentine. L’Italia non si agita, mantiene un profilo basso e si mostra conciliante, forte della sua autorevolezza internazionale. Essere un Paese marittimo richiede però chiara consapevolezza dei diritti di cui si è titolari. Quello che ci manca è un dibattito aperto, anche a livello politico, su simili questioni che di tanto in tanto ricompaiono (ricordate la Zee algerina o l’Accordo di Caen con la Francia?): oltre all’Italia che conosciamo c’è infatti un’altra Italia che si prolunga in mare come risulta dalla cartina qui accessibile.

Foto di alimison da Pixabay


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