Solo 12 leader su 60 e la defezione, ultima in ordine di tempo, della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Sono i numeri impietosi che ridimensionano un vertice, quello tra i 27 Paesi dell’Unione europea e i 33 latinoamericani e caraibici del Celac, carico di aspettative ma segnato da una scarsa partecipazione politica. Eppure l’America Latina resta cruciale per l’Unione europea, osserva Alberto Rizzi, policy fellow del team geoeconomico dell’Ecfr
Da Bruxelles hanno fatto sapere che Ursula von der Leyen – già in Sud America per la COP30 di Belém – ha rinunciato alla tappa in Colombia per la “scarsa presenza dei capi di Stato e di Governo”, segnando così un’altra assenza al vertice tra Ue e Celac (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi). C’è il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, mentre l’Alta rappresentante Kaja Kallas partecipa in sostituzione di von der Leyen. Dal lato europeo, il premier spagnolo, Pedro Sánchez e quello portoghese Luís Montenegro, sono presenti perché rappresentano le capitali storicamente più legate alla regione. Ma mancano leader di peso come Giorgia Meloni, Emmanuel Macron e Friedrich Merz. Sul fronte Celac, assenti anche l’argentino Javier Milei e la messicana Claudia Sheinbaum.
Secondo Alberto Rizzi, policy fellow del team geoeconomico dell’Ecfr, “la notevole assenza” sia della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che di altri leader nazionali europei di primo piano “è un chiaro segnale diplomatico, dettato soprattutto dal desiderio di evitare un’escalation con il presidente statunitense Donald Trump, che ha recentemente sanzionato l’omologo colombiano Gustavo Petro”, padrone di casa del vertice con l’Ue, ospitato a Santa Marta, cittadina colombiana affacciata sul Mar dei Caraibi.
Petro è stato recentemente inserito nella cosiddetta “lista Clinton”, la lista nera del Tesoro americano che, dal 1995, include aziende e individui sospettati di legami con il denaro del narcotraffico. Nei giorni scorsi, il presidente colombiano ha detto di aver subito “forti pressioni” statunitensi su alcuni Paesi affinché annullassero la partecipazione al vertice. Le assenze europee, continua Rizzi, “inviano il messaggio sbagliato alle nazioni del Celac: invece di fungere da contrappeso credibile alla politica aggressiva degli Stati Uniti, il blocco europeo appare subordinare la propria partnership regionale al rapporto con Washington.”
Il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, ha dichiarato apertamente che avrebbe portato al vertice la “solidarietà regionale” al Venezuela, dopo le recenti manovre militari statunitensi di fronte a Caracas. “L’America Latina è una regione di pace e cooperazione”, è il messaggio di Brasilia, “e se ignorasse i raid americani, il vertice non avrebbe senso.” Proprio il rinnovato coinvolgimento di Washington verso quello che per due secoli è stato considerato il “cortile di casa” degli Stati Uniti — dal Venezuela alla Colombia — contribuisce a rendere più complicato l’equilibrio diplomatico del summit.
Un contesto che pesa sui risultati di un incontro che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto rilanciare il dialogo economico e commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. L’ultima volta, nel luglio 2023 a Bruxelles, si celebrava il primo vertice Ue-Celac dopo otto anni, con un’agenda centrata proprio sul completamento dell’accordo commerciale con il Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay).
Sul piano economico, spiega Rizzi, il vertice “rappresenta l’occasione chiave per rilanciare la cooperazione economica, soprattutto attraverso accordi commerciali come quello con il Mercosur, finora bloccato da Stati membri riluttanti”. Gli equilibri interni all’Unione stanno però cambiando: “L’aggiunta di misure di salvaguardia per il settore agricolo e, soprattutto, l’azione unilaterale di Trump che ha stravolto l’ambiente commerciale globale, hanno modificato l’umore in Europa. Stati precedentemente scettici o apertamente critici ora sostengono l’accordo Mercosur.”
Resta chiaro che il mercato del Mercosur non può sostituire quello statunitense per gli esportatori europei, “ma offre un importante spazio di respiro al settore automobilistico e crea opportunità per altri comparti manifatturieri”, osserva ancora Rizzi. “Firmare l’accordo invierebbe un messaggio chiave: che l’Ue è un partner commerciale affidabile, capace di offrire benefici economici tangibili.”
Sul piano strategico, la partita è ancora più ampia. “Questo accordo offre all’Ue una via critica per diversificare economicamente e ridurre la dipendenza dalla Cina grazie alle forniture di materie prime critiche e minerali, dal litio alla grafite, garantite dai Paesi del Mercosur”, conclude Rizzi. “Ma soprattutto consentirebbe all’Europa di affermarsi come attore geopolitico più indipendente. Non approvarlo, dunque, danneggerebbe gravemente la credibilità e la posizione internazionale del blocco”.
In definitiva, il vertice di Santa Marta mostra i limiti di una diplomazia europea ancora esitante tra prudenza transatlantica e ambizione autonoma. La sfida per l’Ue sarà dimostrare di poter essere un attore globale non solo reattivo, ma propositivo, anche lontano dal suo perimetro immediato.















