Il senatore Marco Lombardo ha presentato un proposta di legge per istituire uno scudo democratico per tutelare i processi elettorali dalle interferenze straniere e dalle forme di guerra cognitiva che minacciano le istituzioni e la libera informazione. In cosa consisterà? Conversazione con il parlamentare di Azione
Uno scudo democratico per salvaguardare i bastioni della Repubblica dalle ingerenze straniere. A pochi giorni dalla riunione del Consiglio supremo di Difesa convocata dal Presidente della Repubblica per il 17 novembre, che metterà al centro l’evoluzione dei conflitti e le minacce ibride alla sicurezza nazionale, il tema della difesa democratica assume un significato centrale. Pressoché inedito, fino a ora. In questo contesto, la proposta di legge del senatore di Azione, Marco Lombardo (assieme al leader del partito Caro Calenda), si inserisce con forza nel dibattito: uno scudo democratico per tutelare i processi elettorali dalle interferenze straniere e dalle forme di guerra cognitiva che minacciano le istituzioni e la libera informazione. Una risoluzione a sostegno dell’iniziativa di istituire un centro di esperti per tutelare la correttezza dei processi democratici è già stata votata nelle Commissioni Affari Europei ed Esteri al Senato. E, proprio Lombardo, dice a Formiche.net che a breve avvierà una raccolta firme per discutere del documento in Aula.
Senatore Lombardo, la convocazione del Consiglio supremo di Difesa sembra confermare la centralità delle minacce ibride anche per il Quirinale. Il suo disegno di legge nasce in questa stessa direzione?
Sì, e credo che la coincidenza non sia casuale. In realtà, le proposte che abbiamo avanzato assieme a Carlo Calenda nascono con una proiezione profondamente europea. Quando la presidente von der Leyen, nel suo discorso di rielezione, ha parlato di scudo democratico europeo, ha posto un tema cruciale che però è stato sottovalutato nel dibattito pubblico. Noi abbiamo deciso di agire, proponendo un modello nazionale di protezione delle nostre istituzioni democratiche.
Lei parla spesso di “guerra ibrida” e “dimensione cognitiva”. Cosa intende concretamente e come si estrinsecano questi concetti nelle proposte?
Parliamo di strategie che non usano solo armi convenzionali, ma strumenti informativi, tecnologici, finanziari. La disinformazione, le campagne di manipolazione, le ingerenze economiche sono oggi armi di guerra. Il problema è che non c’è piena consapevolezza di quanto sia profonda questa minaccia. In Commissione Politiche europee abbiamo svolto nove mesi di audizioni con esperti e diplomatici: le evidenze sono enormi.
Può citarne una?
L’ambasciatore moldavo ci ha raccontato un caso emblematico: quaranta milioni di dollari transitati in criptovalute, distribuiti su 138 mila conti correnti di cittadini moldavi per tentare di alterare il voto del referendum. È la prova concreta di come si possa orientare un processo democratico senza sparare un colpo.
Anche da queste audizioni è nata la sua proposta di legge. In cosa consiste?
Abbiamo elaborato due testi: un disegno di legge ordinaria e uno costituzionale. Il primo istituisce un Centro di analisi per la protezione democratica, formato da esperti anche del settore privato, che monitora costantemente i social e le piattaforme digitali per individuare campagne di manipolazione o tentativi di interferenza. Il secondo introduce un freno di emergenza democratica: se emergono prove di un’ingerenza tale da compromettere la regolarità del voto, è il Parlamento — con una maggioranza trasversale — a poter intervenire per sospendere il processo elettorale. Non un giudice, ma la rappresentanza popolare stessa.
Uno strumento per evitare casi come quello della Romania, dove il voto è stato annullato?
Esattamente. L’obiettivo è garantire che la risposta alle minacce non arrivi troppo tardi. Lo “scudo democratico” serve a proteggere la legittimità del voto, non a politicizzarlo.
Ha già portato la questione in Commissione. Qual è stato il riscontro politico?
La nostra risoluzione è stata approvata con l’astensione del Movimento 5 Stelle. Mentre la Lega si è frammentata: ha votato il documento ma il senatore Borghi si è dato assente. Ora, come previsto dal regolamento del Senato, chiederò che sia portata in Aula. È un passaggio di trasparenza: così vedremo chi davvero intende difendere la democrazia e chi invece preferisce restare ambiguo. E dopo la convocazione del Quirinale, sarà interessante capire chi avrà il coraggio di opporsi anche al messaggio del Presidente Mattarella.
Nel dibattito pubblico si parla soprattutto di Russia. Ma lei ha evocato anche Cina e Iran.
Sì, perché le interferenze russe sono le più visibili, ma quelle cinesi e iraniane sono altrettanto pervasive. La Cina agisce attraverso la penetrazione economica e tecnologica, l’Iran con la propaganda e le reti digitali. Sono minacce diverse ma coordinate, che puntano a indebolire la coesione delle democrazie occidentali.
Nel suo intervento lei lega lo scudo democratico anche alla tutela della libera informazione. In che senso?
La disinformazione è il carburante delle guerre ibride. Difendere la stampa libera significa garantirle gli strumenti per resistere alle campagne coordinate e alle manipolazioni cognitive. La nostra proposta va proprio in questa direzione: costruire una barriera che protegga non solo le urne, ma anche la verità dei fatti.
In sintesi, qual è il messaggio politico di questa iniziativa?
Che la sicurezza democratica non è una questione di parte. È una responsabilità nazionale. E l’Italia può essere all’avanguardia in Europa, se avrà il coraggio di dotarsi di uno scudo contro le ingerenze e le manipolazioni che minano la libertà del voto e della parola.
















