Skip to main content

Serve una ‘grande strategia’ perché l’Italia ritorni protagonista nel Mediterraneo

LIBIADa un punto di vista geografico la Libia è un territorio vasto e arido che si ferma verso oriente (Cirenaica) sul grande estuario del Nilo, il confine egiziano del quadrante di levante, e verso occidente (Tripolitania) sui bordi delle alture che portano alla catena dell’Atlante del quadrante di ponente. Verso Sud, la Libia (Fezzan) si perde nell’infinità dell’area desertica sahariana. Nonostante l’islamizzazione abbia amalgamato i popoli della Libia attorno ai principi sunniti, la sua composizione etnica è ancora un mosaico di 140 gruppi tribali arabo-turche e arabo-berbere, e di alcune minoranze Tuareg e dell’Africa nera. La fine del regime del colonnello Gheddafi, nell’estate 2011, ha vanificato il ruolo geostrategico della Libia. Oggi, infatti, la Libia (ma lo stesso ragionamento varrebbe per la Tunisia) può esistere solo se “presa in carico” dall’Unione Europea e dalla NATO con un progetto di stabilizzazione interna e di sviluppo economico e sociale pluridecennale. Con le dovute differenze, ci vorrebbe un impegno modellato su quello messo in atto in Bosnia dopo gli accordi di Dayton. Finora non si intravede una volontà politica in tal senso.

Se da un lato l’impegno dell’UE e della NATO in una “Dayton” per la Libia e la Tunisia comporterebbe costi significativi, dall’altro permetterebbe all’UE di ridare un senso geostrategico a quei territori come cerniera tra il quadrante di levante, che guarda al Golfo, e quello di ponente, che guarda all’Atlantico e all’Africa occidentale. Gli interventi d’emergenza, siano militari-umanitari o di anti-terrorismo, come ben vediamo non fanno che acuire l’isolamento dell’area e la sua implosione in un vortice di fazioni islamiste contrapposte e incontrollabili. Come ha scritto Paolo Messa è auspicabile che “l’Italia torni protagonista”, ma senza una ‘grande strategia’ concordata con UE e NATO sarebbe un’operazione votata all’insuccesso. L’effetto concreto indiretto di una ‘grande strategia’ italiana per l’area libico-tunisina si vedrebbe rapidamente anche sui flussi migratori che arrivano in Italia, paese europeo di prima accoglienza. Infatti, non sarà la solidarietà europea, come nota Ferdinando Nelli Feroci, a ridurre i flussi migratori, le tragedie in mare e nei centri di accoglienza, ma solo un’azione di forte responsabilità che l’Italia può mettere in atto.

In effetti, nel rinnovato dialogo russo-americano si potrebbe inserire un’iniziativa italiana che da un lato sia specifica all’area libico-tunisina (con UE e NATO) e dall’altra alla creazione di un meccanismo di dialogo e cooperazione per la sicurezza e lo sviluppo dell’insieme del Mediterraneo (OSCE Med). In entrambi i casi, l’Italia dovrà concentrare i propri sforzi su progetti concreti e realizzabili, sostenendo le sue migliori capacità umane e esperienze per la loro realizzazione. Proiettare all’esterno le divisioni interne e le ambiguità non farà che far perdere credibilità all’Italia e ai suoi progetti.

Da questo dipenderà se la prossima decade incoraggerà una maggiore integrazione dell’Africa del Nord insieme ad un allargamento dell’Atlantico, oppure lavorerà contro questa possibilità (Esiste il Nord Africa?).



×

Iscriviti alla newsletter