Conversazione con l’ambasciatore italiano a Tirana: “L’Italia, a differenza di altri, è sempre stata un alleato chiave dell’Albania per l’adesione alla Ue. Nei rapporti fra Paesi l’amicizia aiuta, ma non basta. Serve strategia e la strategia implica scelte. Il Corridoio VIII? È tempo di dar forma a quella visione con dei progetti, soprattutto infrastrutturali”
L’ingresso in Ue dell’Albania, al pari di quella degli altri Western Balkans, spiega a Formiche.net l’ambasciatore italiano a Tirana, Marco Alberti, va concepita come “riunificazione”, piuttosto che “allargamento” dell’Europa; perché la posta in gioco per Bruxelles, come per i Paesi membri e quelli candidati, non è più solo il mercato comune, ma la sicurezza e la stabilità, in un mondo complesso e instabile. È da poco terminato il primo vertice a Villa Pamphilj tra Italia e Albania e il diplomatico riflette su una serie di elementi che si intrecciano con le relazioni bilaterali. In primo luogo l’Europa, quindi il Mediterraneo, i Balcani e più in generale la strategia italiana legata alla politica estera.
Quali sono i risultati del primo vertice intergovernativo fra Italia e Albania?
Aver dato maggior profondità strategica ad una relazione storica, ritenuta privilegiata, ma non sempre attuata come tale. Nei rapporti fra Paesi l’amicizia aiuta, ma non basta. Serve strategia, e la strategia implica scelte: con l’accordo G2G, firmato dai due primi ministri, Italia ed Albania hanno scelto alcune priorità, per costruire il futuro della relazione bilaterale. Difesa, energia, infrastrutture, sanità, cybersecurity, solo per citarne alcune. Al Vertice le hanno discusse e “adottate”, declinando la visione in un programma di lavoro; infine, con i 16 accordi firmati a margine, sono stati annunciati impegni operativi, per trasformare i propositi in progetti e i progetti in risultati. Avremo di certo più Italia in Albania, ma anche più Italia con l’Albania, verso l’adesione alla Ue. Un passo importante affinché le relazioni, già eccellenti, diventino una vera partnership.
Come i sistemi dei due Paesi riusciranno a collaborare nei vari settori strategici?
Come sempre, per collaborare occorrono obiettivi comuni, una strategia chiara e strumenti efficaci. Questi elementi ora ci sono. Con la guida della Farnesina siamo già al lavoro per dare esecuzione a quanto deciso. I prossimi appuntamenti saranno un evento sul Corridoio VIII, iniziativa strategica sull’asse Adriatico-Mar Nero; un nuovo incontro del gruppo Amici dei Balcani Occidentali, per riflettere sulle sfide comuni e lavorare insieme per sicurezza e stabilità della Regione; un Business Forum in Albania, focalizzato, per coerenza, su alcuni settori economico-industriali individuati come prioritari dal G2G. Gli accordi inattuati, e i Vertici privi di seguiti, sono molto frustranti. Quindi faremo di tutto per portare risultati concreti. A tal fine, una rinnovata sinergia pubblico-privato sarà decisiva affinché l’Italia possa continuare a giocare un ruolo primario in Albania
Si rafforza in questo senso la spinta di Roma verso l’ingresso dell’Albania in Ue?
La presidente Meloni e il ministro Tajani lo hanno chiarito bene: l’Italia, a differenza di altri, è sempre stata un alleato chiave dell’Albania per l’adesione alla Ue, e in questa fase vuole esserlo in maniera più intensa e strategica. Perché l’ingresso dell’Albania, al pari di quella degli altri Western Balkans, va concepita come “riunificazione”, piuttosto che “allargamento” dell’Europa; perché la posta in gioco per Bruxelles, come per i Paesi membri e quelli candidati, non è più solo il mercato comune, ma la sicurezza e la stabilità, in un mondo complesso e instabile. Accompagnare l’Albania significa questo: sostenere le riforme per l’ingresso nella Ue, complesse ma indispensabili; favorire percorsi di crescita economica e sviluppo sostenibile con investimenti in settori strategici; facilitare, nei vari ambiti, l’allineamento del Paese ai migliori standard internazionali.
L’Italia è estensione geografica naturale verso altre aree interconnesse, con il corridoio 8 a fare da spina dorsale futura per il costone balcanico. Come rendere ancora di più l’Adriatico un corridoio strategico?
Punta Palascia, in Puglia, e Capo Linguetta, in Albania, distano 71 chilometri. Meno che Roma e Viterbo, e quattro volte meno che Civitavecchia e Olbia. Da duemila anni l’Adriatico, sul quale Italia e Albania si affacciano, è strategico; da sempre quel mare, parte del Mediterraneo, è una priorità dell’Italia, perché appartiene ad un quadrante geopolitico che include il nostro Paese e da qui si estende fino al Mar Nero. Tutto ciò che accade qui ha riflessi diretti per noi. Negli anni s’è parlato molto di Corridoio VIII come strumento per rendere questo spazio geopolitico più connesso, ed accelerarne lo sviluppo. È tempo di dar forma a quella visione con dei progetti, soprattutto infrastrutturali. Anche a ciò puntano le priorità indicate nel G2G e discusse al Vertice. E anche per questo è stato deciso di rilanciare il Corridoio VIII con un evento in Albania.
Nel suo libro Open Diplomacy ha messo in luce gli strumenti del soft power e della diplomazia ragionata come strategie a 360 gradi. Alla luce della sua esperienza in Kazakhstan e ora a Tirana, come sta evolvendo la percezione all’estero dell’Italia?
Open Diplomacy nasce dall’esperienza nel settore privato, fondamentale nella mia storia professionale. In generale, all’estero la stima per l’Italia è maggiore di quella che noi stessi ci attribuiamo. La responsabilità della diplomazia è lavorare non solo sulla percezione dell’Italia, ma sulla qualità della sua azione. Nel pezzetto di mondo dove la rappresento, vorrei essere interprete di un’Italia sempre più veloce, dinamica, concreta.
















