Sta maturando, progressivamente, la consapevolezza politica che un bipolarismo in stile italiano anche a Bruxelles sarebbe la chiave per affrontare le emergenze. Il nuovo casus belli che ha fatto allineare il Ppe con le destre riguarda la missione dell’Eurocamera sul monitoraggio dello Stato di diritto in Italia
Ancora un asse Ppe-destre a Bruxelles, questa volta per far saltare la missione a Roma sullo Stato diritto, come se in Italia fosse in vigore il bavaglio a tv e giornali, “letto” da popolari e patrioti come il tentativo di screditare l’Italia dinanzi alle istituzioni internazionali e dare fiato alla presunta mancanza di libertà di stampa in Italia. Più in generale, la mossa riprende il filo dei passati ragionamenti (e voti nell’euroemiciclo) sulle nuove maggioranze a Bruxelles, dove il Ppe non vota più con socialisti e verdi ma ricalca lo schema bipolare del centrodestra italiano. La motivazione non è tattica, ma a questo punto programmatica.
IL CASUS BELLI
Questa volta il casus belli riguarda la missione dell’Eurocamera sul monitoraggio dello Stato di diritto in Italia, una proposta che era stata avanzata dalla commissione Libertà Civili (Libe), che periodicamente organizza iniziative analoghe negli Stati membri. In occasione della Conferenza dei capigruppo la maggioranza di destra composta da popolari, conservatori e sovranisti ha detto no. La missione intendeva “verificare la situazione italiana in materia di giustizia, libertà di stampa, uso degli spyware e diritti delle famiglie arcobaleno”, dopo l’audizione convocata lo scorso mese di maggio dal presidente del Gruppo di Lavoro sullo Stato di diritto e la Democrazia, la liberale belga Sophie Wilmès, che non invitò a Bruxelles tra gli esperti il giornalista Tommaso Cerno. Secondo Nicola Procaccini, capogruppo di Ecr, c’è stato un uso “strumentale e politico di questo tipo di missioni, ormai le maggioranze sono cambiate a Bruxelles, impedendo alle sinistre queste strumentalizzazioni politiche”.
SCENARI
Non appare verosimile la ricostruzione di alcuni media secondo cui l’estrema destra dell’Ue abbia assaporato il potere e ora intenda intervenire su migranti, auto e burocrazia. Piuttosto sta maturando, progressivamente e non con un piglio strumentale, la consapevolezza politica che un bipolarismo in stile italiano anche a Bruxelles sarebbe la chiave per affrontare quelle emergenze rese tali dalla maggioranza di ieri. Il tema del green deal è lì a dimostrarlo, con una scelta politica che non solo non è stata concordata con le esigenze delle imprese (con gravi conseguenze sui livelli occupazionali) ma che non ha tenuto conto della geopolitica.
Se l’Europa alla voce terre rare è di fatto alla mercé della Cina (copyright Stefano Pontecorvo, Presidente di Leonardo), allora non si spiega la logica della dottrina Timmermans che ha cerchiato in rosso la data del 2035 per la morte dei motori classici, da sostituire con quelli elettrici. Lo stesso ragionamento va fatto sul tema del contrasto all’immigrazione clandestina: in questo caso è utile riavvolgere il nastro della “comunicazione politica” tornando ai giorni della nascita del governo Meloni, quando la vulgata in Europa era ancora quella che i paesi di prima accoglienza dovessero caricarsi in solitaria il peso dei flussi.
Dopo pochi consigli europei, la stessa governance continentale e anche molti altri stati membri hanno recepito i rilievi avanzati da Giorgia Meloni essenzialmente su due punti: sono gli stati (e non la criminalità organizzata) a dover organizzare e gestire i flussi; all’interno del tema migrazioni ve ne sono almeno altri tre, tutti strategici e assolutamente interconnessi, come difesa e sicurezza, fronte sud, sviluppo delle future relazioni con l’Africa (il Piano Mattei in questo senso è cardine progettuale). In quel momento, e siamo quindi tra il 2023 e il 2024, non si è creata meramente una nuova maggioranza in Ue per il gusto di farlo, piuttosto sono stati i partiti europei, le istituzioni e gli stati membri a capire che un nuovo paniere di temi era sul tavolo e sotto gli occhi di tutti a causa di politiche passate che si sono rivelate inefficaci. Oggi a Bruxelles ne sono tutti consapevoli (anche il Ppe).
















