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Cosa non accadrà al G20 in Sudafrica. Il commento di Demarais (Ecfr)

Il G20 di Johannesburg si apre in un clima di forte frammentazione geopolitica, aggravato dall’assenza dei leader di Stati Uniti e Cina. Le priorità sudafricane su debito africano e transizione verde restano divisive, mentre il vertice si trasforma in un’occasione per bilaterali più che per decisioni collettive. Il commento di Agathé Demarais, capo della Geoeconomics Initiative dell’Ecfr

Quando sabato e domenica i leader del G20 si incontreranno a Johannesburg per il primo vertice del formato mai ospitato sul suolo africano, le aspettative saranno ridotte al minimo. Il contesto globale è segnato da fratture politiche ed economiche profonde, e l’agenda sudafricana si inserisce in una fase in cui il consenso multilaterale è particolarmente fragile. Le assenze di leader di primo piano, soprattutto da Usa e Cina, segna ulteriormente il momento. Come osserva Agathé Demarais, capo della Geoeconomics Initiative dell’Ecfr, “non accadrà molto al vertice del G20 in Sudafrica”, riflettendo come il formato G20 sia diventato “dormiente in mezzo a un approfondirsi della frammentazione geopolitica ed economica globale”.

Assenze pesanti: né Trump né Xi

Le assenze dei due pesi super-massimi della politica globale contribuiscono a rendere il quadro ancora più complesso. Il leader cinese Xi Jinping non parteciperà al vertice e invierà il premier Li Qiang, uomo di primo piano (anche se spesso sottovalutato) con in mano il dossier economico generale. L’amministrazione Trump ha boicottato il vertice del G20 in seguito alle (false) affermazioni del presidente a proposito di un “genocidio” contro gli agricoltori bianchi in Sudafrica. “Data l’opposizione di Trump al multilateralismo, è difficile immaginare come sarà il G20 del 2026, che sarà organizzato sotto la presidenza degli Stati Uniti, e quali saranno le priorità di Washington”, nota Demarais. Intanto, “con sia i capi di Stato statunitensi che quelli cinesi assenti dal vertice, nessuna proposta significativa ha la possibilità di raggiungere il communiqué finale”, e probabilmente il documento finale non ci sarà. È l’immagine più chiara dell’impasse geopolitica – un comunicato conclusivo del presidente dovrebbe riassumere le discussioni, dando all’evento il risultato minimo.

“Finora – evidenzia l’esperta di Ecfr – le dichiarazioni congiunte sono state modeste e frammentate, riguardando temi come qualità dell’aria, necessità di un’Intelligenza Artificiale equa, indipendenza delle banche centrali e traffico di fauna selvatica”.

Le priorità sudafricane: debito e transizione verde, temi divisivi

La presidenza sudafricana ha puntato su due questioni centrali per i propri interessi: la sostenibilità del debito africano e la transizione energetica verde. Due temi che, come riconosce Demarais, erano difficilmente in grado di trovare un ampio consenso.

Tuttavia, la questione del debito è enorme: il 60% degli africani vive in paesi che spendono più per sostenere il debito che per istruzione e sanità. Demarais osserva indirettamente che il tema rimane divisivo perché le economie avanzate sono riluttanti a riformare la governance di Fondo Monetaria Internazionale e Banca Mondiale, mentre la Cina — grande creditore — “spinge per ristrutturazioni bilaterali al di fuori dei quadri multilaterali”.

Anche sul clima il terreno è accidentato. Pretoria ha messo al centro la resilienza climatica e il finanziamento della transizione verde, ma la mancanza di progressi alla COP30 riflette una divisione persistente. In forma indiretta, per Demarais “la negazione del cambiamento climatico negli Stati Uniti e i tagli agli aiuti sono ostacoli chiave ai progressi del G20 sul clima”.

Un vertice di diplomazia bilaterale

Con il G20 incapace di registrare progressi condivisi su dossier globali, il summit di Johannesburg servirà principalmente per iniziative bilaterali e coordinamenti informali. Come nota Demarais, “molti partecipanti utilizzeranno il summit per tenere incontri bilaterali e cercare di coordinare le posizioni per altri formati come la COP30’’.

Il quadro ampio: “Nel 2026 gli Stati Uniti presiederanno un G20 sempre più fratturato, mentre la Francia presiederà il G7, che sta vivendo una rinascita come formato rilevante per gli alleati like-minded su questioni economiche”, ricorda Demarais. L’Italia cerca di muoversi lungo le linee incastro tra le priorità dei due gruppi, facendosi in qualche modo “ponte” tra Nord e Sud Globale.


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