Giorgia Meloni, presente al vertice in Angola dopo essere stata al G20 in Sudafrica, punta su Piano Mattei, Lobito e Blue Raman anche all’interno di un più ampio ragionamento sulle catene del valore e quindi sulla possibilità di programmare una nuova stagione di relazioni con l’Africa
Che cosa può offrire l’Italia alle relazioni tra Unione Europea e Unione Africana? Giorgia Meloni, presente al vertice in Angola dopo essere stata al G20 in Sudafrica, punta su Piano Mattei, Lobito e Blue Raman anche all’interno di un più ampio ragionamento sulle catene del valore e quindi sulla possibilità, oggi, di programmare una nuova stagione di relazioni con l’Africa che non sia figlia della improvvisazione data l’accelerazione della Cina a quelle latitudini.
Roma ne è pienamente consapevole e anche Bruxelles (a maggior ragione dopo i disastri in Libia) sembra aver imboccato una strada politica diversa rispetto al recente passato, anche perché le sfide attualmente sul tavolo, di per sé già gravose, sono rese più solide da una contingenza fatta di guerre non più fredde, contrapposizioni commerciali, sfruttamento delle risorse minerarie anche ai fini della difesa. L’Africa in questo senso ha compreso il messaggio partito dall’Italia: emerge dalle parole, chirurgiche, dell’ambasciatore Ali Yakoub Mahamoud, Rappresentante Permanente dell’Unione Africana a Bruxelles e Presidente del 7° Vertice Ua-Ue. Ha detto esplicitamente che il continente diventerà presto la potenza trainante della crescita globale. “Il mercato, la manodopera e le risorse nazionali sono abbondanti come mai prima. Il nostro continente sta compiendo progressi per diventare un attore chiave nelle diverse fasi della catena del valore globale. Il nostro ruolo di fornitore esclusivo di materie prime giungerà presto al termine. Per questo chiediamo partenariati commerciali più equilibrati”.
Altra parola chiave è equilibrio, passaggio che più volte Giorgia Meloni ha toccato sia nei ragionamenti complessivi sul Piano Mattei sia negli incontri con i partner africani, al fine di distaccarsi da un passato caratterizzato dall’elemento predatorio. Meloni nel suo intervento ha citato il consolidamento di un nuovo “modello di cooperazione che abbiamo cominciato a costruire in questi anni, sono convinta che in passato Europa e Occidente abbiano spesso commesso l’errore di approcciarsi alle Nazioni africane con un’idea paternalistica, caritatevole oppure predatoria e, a volte, con una dose di superficialità che ci impediva di riconoscere le peculiarità di ogni singolo popolo, portandoci a standardizzare qualcosa che invece aveva la sua forza proprio nella sua poliedricità”.
Miele per le orecchie dei presenti, che hanno ritrovato il filo del ragionamento di Mahamoud quando chiede, nell’ordine, che l’Europa investa nel processo di trasformazione dei minerali nel continente, che siano rimosse le barriere tariffaria o non tariffaria che ostacolano l’accesso dei prodotti africani al mercato europeo, che ci sia un multilateralismo più forte e più sostenibile, basato sull’uguaglianza, sul rispetto per tutte le nazioni e sulla promozione degli interessi globali vitali comuni. Tutti obiettivi che si ritrovano nel Piano Mattei per l’Africa, un programma (ha ribadito Meloni) costruito insieme ai governi africani, al settore privato, alle organizzazioni della società civile, che sta allargando sempre di più il suo raggio d’azione, “potendo contare anche sull’insostituibile contributo della Banca Mondiale, della Banca Africana di Sviluppo e di tanti altri partner che condividono la nostra visione”.
Oggi, ha ricordato il presidente del Consiglio alla platea angolana, il Piano Mattei non è più un’iniziativa solo italiana, ma è diventata una strategia europea e internazionale, che può contare su diverse sinergie strutturate. “Progetti concreti, strutturali, di visione, che sfruttano le sinergie di scala e mettono a fattore comune ciò che possiamo e sappiamo fare meglio e legano i nostri destini. Ma se i nostri obiettivi sono la pace e la sicurezza dei nostri popoli, non dobbiamo aver paura di unire sempre di più le nostre forze anche su altri fronti decisivi”.Il tutto senza dimenticare il contributo italiano alle dieci missioni e operazioni dell’Unione Europea nel continente africano, “perché senza un quadro politico e sociale stabile non può esserci lavoro, prosperità, sicurezza e in sostanza non può esserci libertà”.
















