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Sale la produzione asiatica ed europea, frena quella cinese. Cosa dice il Report Sipri sull’industria militare

Secondo l’ultimo report Sipri, la produzione mondiale di armamenti si conferma in ascesa. Nel 2024, i ricavi delle 100 aziende leader del settore sono andati oltre il mezzo triliardo di dollari. Benché le aziende Usa restino in cima alla classifica, la scalata da parte degli attori asiatici ed europei è cominciata, a riprova del mutamento strutturale delle dinamiche geopolitiche e delle tensioni che attraversano le varie aree del mondo

Il nuovo rapporto annuale dello Stockholm international peace research institute (Sipri) certifica un’ulteriore crescita dell’industria mondiale degli armamenti. Nel 2024, i ricavi dei cento maggiori gruppi del settore hanno raggiunto i 679 miliardi di dollari, segnando un +5,9% rispetto all’anno precedente. Una progressione che non è più solo il riflesso delle crescenti tensioni geopolitiche, ma anche sintomo di una trasformazione strutturale e profonda del comparto. 

Un mercato in espansione 

L’aumento generalizzato delle spese militari registrato negli ultimi anni trova ora il suo corrispettivo industriale. Secondo il Sipri, 77 aziende su 100 hanno registrato una crescita dei ricavi, con 42 capaci di raggiungere almeno una doppia cifra di incremento. Due casi spiccano: Czechoslovak Group (Csg), che vola a +193%, e SpaceX, che raddoppia i ricavi (+103%) grazie alla combinazione tra tecnologie dual use e un mercato spaziale sempre più centralizzato attorno a pochi grandi attori.

La crescita è legata agli ordini arretrati, ai programmi di riarmo accelerati e a una richiesta sempre più urgente di sistemi complessi, dalla difesa aerea al munizionamento, dai veicoli corazzati ai satelliti. Ma — ed è uno dei segnali più importanti — molte aziende stanno investendo direttamente in nuove linee produttive, anche tramite acquisizioni e joint venture. Almeno 38 aziende della lista hanno ampliato i propri stabilimenti o acquisito ex novo capacità produttive reali nel solo 2024. Una scelta che, nell’analisi Sipri, indicherebbe un passaggio da una produzione “di picco” a una logica di riorganizzazione permanente e di lungo periodo.

Il trend globale

La geografia industriale resta dominata dagli Stati Uniti, che con 39 aziende che totalizzano 334 miliardi di dollari in ricavi (+3,8%). I quattro colossi americani — Lockheed Martin, RTX, Northrop Grumman e General Dynamics — restano ai vertici nonostante i ritardi accumulati, i costi fuori controllo e i timori sulla catena delle forniture. I programmi F-35, Sentinel e i sottomarini nucleari di nuova generazione sono citati dal rapporto come esempi emblematici in questo senso. Necessari e strategici, ma sempre più difficili da completare nei tempi previsti.

Il dato più sorprendente, però, arriva dalla Cina. Dopo anni di crescita continua, le aziende cinesi registrano un –10%, frenate da indagini per corruzione, revisione dei contratti e rimpasti ai vertici delle grandi conglomerate statali. È la contrazione più marcata tra i grandi produttori globali, ed è resa ancora più significativa dal confronto con i competitor asiatici: Giappone (+40%), Corea del Sud (+31%) e India (+8,2%).

Infine, l’ascesa del Medio Oriente, con 9 aziende in classifica e ricavi complessivi per 31 miliardi, la regione registra il numero più alto di sempre. Le guerre in Ucraina e Gaza hanno alimentato la domanda di sistemi israeliani , mentre la Turchia consolida la sua presenza con ben cinque società nella Top 100.

L’Europa

Il Vecchio continente è la regione che cresce di più dopo la Corea del Sud. Le 26 aziende europee della Top 100 totalizzano 151 miliardi di dollari, con una progressione del 13%. È l’effetto combinato dell’aumento dei bilanci della difesa, dei programmi di riarmo lanciati dopo il 24 febbraio 2022 e delle spese in supporto dell’Ucraina. La britannica BAE Systems si impone come prima azienda europea e quarta al mondo, stabilendo un precedente importante: è infatti la prima società non statunitense a entrare nella Top 5 dal 2017. In Francia cresce l’intero comparto, con Thales (+11%), Safran (+15%) e Dassault (+30%) spinte dalla domanda di tecnologie avanzate, dall’intelligenza artificiale alla sensoristica.

La Germania registra la crescita più spettacolare: +36% complessivo, con Rheinmetall che vola a +47%. Il gruppo tedesco, grazie anche alle attività congiunte in Ucraina e nel resto d’Europa, incarna nel modo più palese la trasformazione del settore nel continente. L’Europa, nel suo insieme, appare meno dipendente dalla domanda estera rispetto al passato e più focalizzata su un vero riarmo continentale, con imprese che espandono capacità produttive e un progressivo rafforzamento delle aziende trans-europee come Airbus, Mbda e Knds.

L’Italia

Per l’Italia il Sipri registra un dato solido: le due aziende presenti nella Top 100 — Leonardo e Fincantieri — totalizzano 16,8 miliardi di dollari, con un incremento medio del 9,1%. Leonardo, dodicesimo gruppo al mondo e secondo in Europa dopo BAE, cresce del 10%, raggiungendo 13,8 miliardi di ricavi. Il 2024 è stato un anno di forte espansione industriale, dalla joint venture con Rheinmetall per sviluppare i nuovi carri armati e veicoli da combattimento dell’Esercito, alla partecipazione — insieme ai partner britannici e giapponesi — al programma Gcap per il caccia di sesta generazione. Fincantieri, con 3 miliardi di ricavi militari (+4,5%), resta un player centrale nella cantieristica europea, anche se il Sipri sottolinea la crescente concorrenza dei competitor asiatici.

Nel complesso, l’Italia appare ben posizionata nel nuovo ecosistema europeo, ma con l’evidente sfida di aumentare la produzione in tempi rapidi e garantire l’accesso alle materie prime critiche, una vulnerabilità condivisa con molti partner continentali — a partire dal gallio e germanio.

Dalla risposta emergenziale alla riforma strutturale

Complessivamente, i dati registrati dal Sipri nel 2024 (senza contare quindi gli ulteriori sviluppi del 2025) confermano che, sul piano globale, l’industria degli armamenti è entrata in una logica di incremento strutturale di lungo periodo. L’aumento della domanda non è più considerata una reazione momentanea a questo o a quell’evento, ma si conferma come un trend costante che interessa – in modo abbastanza generalizzato – tutte le regioni del pianeta. Di nota, inoltre, la sempre maggiore rilevanza degli attori emergenti, tra cui Corea del Sud e Turchia. A sostenere questa crescita verso l’alto non sono solo le commesse recenti (seppur ingenti in alcuni casi), quanto più la previsione che la domanda da parte degli Stati si protrarrà sul lungo termine; il che, sul piano industriale, si traduce in una maggiore fiducia che gli investimenti per l’aumento della produzione non verranno disattesi da un improvviso calo delle commesse.


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