In poco meno di due mesi le criptovalute hanno perso oltre un terzo del loro valore, per colpa di un disimpegno su larga scala che parte dalle piccole aziende innovative. E potrebbe non essere finita
Il grande freddo è arrivato. Per le criptovalute si profila un inverno decisamente gelido, a giudicare dall’andamento delle ultime settimane. I valori di Bitcoin, tanto per fare un esempio, stanno registrando un netto arretramento, con un passaggio momentaneo sotto la soglia degli 85mila dollari e una perdita superiore all’8% nell’arco delle ultime 24 ore. Di più. La principale e più famosa criptovaluta ha visto svanire circa un terzo del proprio valore dal 6 ottobre, data in cui aveva toccato un massimo storico vicino ai 125mila dollari.
Domanda, che cosa sta succedendo? Il Wall Street Journal parla apertamente di un nuovo crypto-inverno per Bitcoin. E non potrebbe essere altrimenti visto e considerato che la moneta digitale più scambiata al mondo, ha bruciato oltre il 30% del suo valore in un lasso di tempo piuttosto ristretto. Tanto per avere un’idea, solo lunedì Bitcoin ha perso più del 6%, il peggior tonfo in un singolo giorno da marzo, precipitando a quota 85.468 dollari. Attenzione, la svendita non riguarda soltanto Bitcoin: Ether e Solana, altri due colossi delle cripto, seguono la stessa traiettoria.
Il crollo in atto si inserisce in un più ampio riposizionamento degli investitori, che stanno riducendo l’esposizione ai titoli più rischiosi: tra chi si sta disimpegnando da Bitcoin&Co, ci sono startup tecnologiche non redditizie, Spac speculative e meme stock (azioni di una società il cui prezzo aumenta in modo rapido e inaspettato per via dell’attenzione di un seguito online). “Potremmo rivedere Bitcoin scendere fino a 60 mila dollari. Il peggio non è passato”, avverte Patrick Horsman, chief investment officer di Bnb Plus.
Non sarebbe la prima volta. Nelle precedenti stagioni fredde, Bitcoin ha perso fino all’80% prima di tornare a salire. Stavolta, però, il raffreddamento non sembra legato a scandali. Il che rassicura alcuni operatori, ma rende più difficile spiegare la brusca inversione. A pesare sono anche i segnali di tensione che arrivano da Strategy, la società di Michael Saylor simbolo della corsa al Bitcoin finanziata a debito. L’azienda ha raccolto 1,44 miliardi attraverso una nuova vendita di azioni per far fronte alle obbligazioni future e ha ammesso, per la prima volta, la possibilità di vendere parte delle proprie riserve, 650.000 bitcoin, pari a 56 miliardi di dollari, se la capitalizzazione dovesse scendere sotto il valore netto degli asset digitali in bilancio. Un messaggio che ha agitato ulteriormente i mercati.
Tutto questo mentre, sempre sul fronte Bitcoin, il governo è intenzionato a bloccare l’aumento della tassazione sulle criptovalute. La maggioranza è ormai compatta nel bloccare l’aumento della tassazione delle criptoattività. Una serie di emendamenti alla manovra presentati da Lega, Forza Italia e la stessa Fratelli d’Italia, ed un emendamento presentato da alcune forze di opposizione punterebbero a bloccare l’aumento dell’aliquota con cui vengono tassate le plusvalenze derivanti da cripto-attività dal 26% al 33%, che dovrebbe scattare dal 1° gennaio 2026, dopo che lo scorso anno il governo ha fermato l’aumento dell’aliquota proposta al 42%. La Lega, in particolare, punterebbe a far slittare l’aumento dal 2026 al 2027.
















