In attesa di capire se arriverà l’accordo politico sul maxi prestito da garantire con le riserve della Bank of Russia, l’Ue trova la quadra sullo sganciamento graduale dalle forniture del Cremlino. Ora non resta che sperare nella benevolenza della Cina
Non è quel prestito da 140 miliardi che farebbe la differenza e, forse, darebbe all’Ucraina una reale possibilità di riscossa contro l’invasore russo. Ma è comunque un segnale, a suo modo anche politico. Mentre il dossier degli asset russi resta impantanato nelle sabbie mobili della paura e dei dubbi legali (ci si è messa di mezzo anche la Bce) c’è una certezza. In Europa entrerà sempre meno gas russo, fino allo zero assoluto tra due anni. Merito dell’intesa raggiunta nel trilogo tra il Consiglio Ue, il Parlamento e la Commissione, che hanno optato per una riduzione graduale, e non shock, delle importazioni di metano russo.
Il divieto, appunto a diminuzione progressiva, sarò giuridicamente vincolante per tutti i Paesi membri a partire dalla fine del 2026 per il gas naturale liquefatto (gnl) e dall’autunno 2027 per il gas. Stando ai primi dettagli dell’intesa emersi finora, il divieto scatterà sei settimane dopo la sua ratifica definitiva. I contratti di fornitura a breve termine e conclusi prima del 17 giugno 2025 dovranno essere tassativamente interrotti entro il 25 aprile 2026 per il gas naturale liquefatto e dal 17 giugno 2026 per il gas proveniente da gasdotto. Più permissivi i termini per i contratti con scadenza più in là nel tempo, che dovranno essere troncati rispettivamente entro il 1° gennaio 2027 e il 30 settembre 2027, a condizione che gli obiettivi di riempimento degli stoccaggi siano rispettati. Nel caso non lo fossero, la data ultima e definitiva sarò il 1° novembre 2027.
Nell’ambito del regolamento, saranno poi i singoli governi dei Paesi membri a interfacciarsi con Bruxelles per scandire una tabella di marcia personalizzata per raggiungere l’indipendenza completa dalle forniture di Mosca. Ci sarà un regime di autorizzazione preventiva su tutto l’import di gas, anche non russo, in modo tale da garantire che il divieto sia effettivamente rispettato, oltre a un percorso parallelo anche per Slovacchia e Ungheria per portare i due Paesi a una indipendenza totale dal greggio russo, al momento importato per oltre l’80% del totale. Ma qui potrebbe entrare in gioco la geopolitica del palazzo, dal momento che sia Bratislava sia Budapest sono considerate molto vicine a Mosca. Non è certo un caso che lo stesso premier ungherese Viktor Orban abbia posto il suo veto all’accordo per lo sganciamento dal gas del Cremlino.
“Oggi è una giornata storica per l’Unione europea”, ha commentato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. “Molti pensavano che non sarebbe stato possibile, invece è successo. Ho sempre saputo che avremmo potuto farlo. Ora siamo pronti ad aprire collaborazioni con nuovi partner affidabili. Questo è solo l’inizio di un vero successo europeo”. Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, vede nell’intesa “una decisione che colpisce al cuore la macchina di finanziamento della guerra russa”. Per Mosca è comunque un guaio grosso. Se non altro perché non resta che giocare la carta cinese, l’unico Paese rimasto a comprare un po’ di gas. Ma anche qui è tutto molto fragile, a cominciare dal gasdotto Power of Siberia 2, che Pechino non se la sente di realizzare. Non ancora, almeno.
















