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Dome, cyber, Gcap. L’Italia ridisegna il proprio scudo strategico

Davanti alla Commissione Difesa, Crosetto delinea una strategia che punta a colmare anni di ritardi e mettere l’Italia al passo con minacce sempre più veloci e tecnologiche. Dal nuovo Dome aerospaziale al rafforzamento cyber, fino al Gcap e alla riforma normativa, il ministro invoca investimenti, cooperazione industriale e decisioni rapide per garantire deterrenza e competitività nel quadro europeo

L’intervento del ministro Guido Crosetto davanti alla Commissione Difesa traccia una mappa precisa delle vulnerabilità del Paese e degli interventi non più rinunciabili. L’urgenza nasce da minacce che cambiano ritmo, natura e profondità, imponendo una revisione complessiva dello strumento militare, della sua architettura tecnologica e delle regole che la sostengono. Scudo aerospaziale, protezione cyber, spazio, cooperazione industriale e un nuovo quadro legislativo da varare in tempi rapidissimi si intrecciano in una visione che lega sicurezza nazionale, competitività europea e capacità di adattamento. Per il ministro l’Italia deve colmare un gap accumulato negli anni e dotarsi degli strumenti necessari per vivere in uno scenario in cui tecnica, intelligence e velocità decisionale diventano la prima linea della deterrenza.

Il nuovo Dome aerospaziale italiano, concepito come sistema multilivello che integra sensori, capacità di comando e funzioni missilistiche avanzate, viene descritto da Crosetto come “una difesa che non abbiamo mai avuto e non più rinunciabile, che complessivamente assorbe investimenti nelle annualità pari a circa 4,4 miliardi”. È un’evoluzione necessaria in un contesto in cui “la terza dimensione è quella dalla quale attendersi la minaccia fisica” e in cui lo spazio diventa un dominio operativo vero e proprio, perché “lo spazio è parte integrante della postura difensiva nazionale e lo sarà sempre di più”.

L’analisi prosegue sul fronte cyber, dove il ministro avverte che “la sicurezza cibernetica intesa in senso pieno come difesa, resilienza e capacità di risposta” si regge su pilastri che oggi assorbono “circa 500 milioni di euro l’anno” che sono  “troppo poco” rispetto alla portata delle minacce e alla centralità del dominio digitale nei conflitti contemporanei.

In questo quadro si inserisce il tema del gap europeo, che Crosetto descrive con una franchezza rara: “Nella corsa sulla tecnologia l’Europa è profondamente indietro e questo perché abbiamo costruito tutto basato sull’intervento pubblico”, mentre negli Stati Uniti l’innovazione nasce dai privati, dato che “l’intervento pubblico è un decimo, un centesimo rispetto alle capacità di attivazione che ha l’intervento privato”. Per rafforzare il concetto porta un confronto diretto: “Voi guardate i numeri di cui parliamo noi, guardate i numeri di cui parla la Germania; poi guardate quanto investe Google, Meta, Nvidia”.

È una disparità che riguarda ricerca, velocità produttiva e capacità di scala, motivo per cui, insiste, “serve l’impegno industriale, serve che il nuovo orizzonte della difesa faccia un passo in avanti e una crescita mentale” per recuperare terreno e sostenere programmi avanzati.

In questo contesto si inserisce il Gcap, che definisce come “una piattaforma tecnologica” le cui innovazioni “vanno su navi, su carri armati, su centri di comando e controllo”, sottolineando anche che l’Italia è in una situazione di equal partnership, e equal technology con Regno Unito e Giappone. Un programma che, proprio perché tecnologico e non solo aeronautico, vale come incubatore di capacità duali e come catalizzatore industriale,  che potrà crescere ancora con l’eventuale ingresso di nuovi partner come la Germania.

Sul piano istituzionale Crosetto lega la trasformazione tecnologica a una riforma dell’impianto normativo affermando che è maturo il tempo “per ridefinire tutto il quadro in cui costruire la nostra difesa del futuro” e che Parlamento e Commissioni possono lavorare con iter eccezionalmente rapidi per portare a compimento una legge entro marzo. L’obiettivo è produrre un quadro stabile che non cambi con i governi, perché “definire le regole con cui costruire la difesa del futuro deve nascere da qualcosa che vada al di là del piano di un governo singolo”.

Infine, sul programma Safe, Crosetto sottolinea la scelta metodologica. È stato costruito “in modo tale da coprire cose che avevamo già in bilancio” così da garantire la massima flessibilità quando si ridisegnerà l’architettura complessiva della difesa e delle sue priorità finanziarie. Un approccio che il ministro considera essenziale per muoversi in un’epoca in cui “in un mese cambia lo scenario tecnologico” e in cui correre, più che progettare, diventa la condizione per mantenere rilevanza strategica.


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