L’AI impone una revisione radicale delle politiche del lavoro. Nel nuovo libro con Massagli, l’ex ministro Maurizio Sacconi indica come trasformare la tecnologia in un alleato della creatività. Officine d’intelligenza, investimenti nelle persone e contrattazione decentrata diventano leve decisive. Centrale la proposta di un contratto professionale ibrido. Ma prima di tutto, l’Italia deve liberarsi dalla paura che oggi frena innovazione e produttività
Nel suo nuovo libro (“Creatività o sottomissione?”) scritto con Emanuele Massagli, Maurizio Sacconi torna al cuore del dibattito sul lavoro italiano, mettendo a fuoco una transizione che non è più soltanto tecnologica, ma antropologica. L’irruzione dell’intelligenza artificiale, sostiene l’ex ministro, impone una revisione radicale delle politiche pubbliche e dei paradigmi regolativi nati con la seconda rivoluzione industriale. Non più lavoro seriale e ripetitivo, ma creatività, responsabilità e libertà organizzativa: questo il passaggio necessario per evitare che le macchine diventino strumenti di sottomissione invece che alleati di produttività. Nell’intervista Sacconi indica le condizioni per costruire un ecosistema di “officine d’intelligenza”, capace di sostenere imprese e lavoratori nella nuova era. A partire da un nodo: superare la paura che blocca l’Italia.
Creatività o sottomissione: dove sta andando oggi il lavoro italiano e cosa manca nelle politiche pubbliche?
Il salto tecnologico della AI impone profondi cambiamenti nelle politiche per il lavoro e per l’impresa definite dalla seconda rivoluzione industriale quando le produzioni erano seriali e le prestazioni lavorative erano ripetitive. Nel precedente libro io e Massagli abbiamo voluto parlare di un “otre nuovo per il vino nuovo”. Ora esploriamo tanto la potenzialità di un lavoro creativo quanto il pericolo della sottomissione alle macchine intelligenti con la conseguenza della sostituzione. Dipenderà dal coraggio di trasformare l’istruzione in funzione del pensiero critico, i rapporti di lavoro, le regole nel senso della maggiore libertà.
Le “officine d’intelligenza” che proponete: quali responsabilità concrete devono assumere le imprese nell’uso dell’IA?
Le officine d’intelligenza “aperte” sono il motore dell’innovazione. L’Italia ha una grande base manifatturiera che in potenza è capace di creare tante nuove applicazioni della AI. Sollecitiamo le imprese non solo a investire in tecnologia ma anche nelle persone. La libertà (responsabile) nel lavoro è necessaria per usare al meglio le macchine intelligenti alzando la produttività, da noi tradizionalmente bassa.

La contrattazione è davvero pronta a sostenere la transizione tecnologica o rischia di frenarla?
La contrattazione collettiva frena il cambiamento se centralizzata e invasiva, lo aiuta se decentrata e adattiva tra le parti. Con la fine della fabbrica uguale, si tratta di negoziare in prossimità i modi concreti con cui dare valore al lavoro, organizzandolo per obiettivi e remunerandolo per risultati. Lo scambio non sarà più quello minimo tra orario e salario ma richiederà al lavoratore dedizione integrale agli obiettivi e all’impresa di motivare e premiare il lavoratore con la regola per cui “più e meglio lavora, più guadagna”. Più salario, ma anche benefit e prestazioni sociali. È finito l’egualitarismo ideologico!
Dignità e libertà come motore di produttività: come far passare questo messaggio a politica e imprese?
Cambiando anche il contratto tipico che, come intuì Biagi, dovrebbe andare oltre la tradizionale separazione tra autonomia e subordinazione. Noi parliamo di un “contratto professionale” a progetto, ibrido, con quasi tutte le tutele della subordinazione e con la libertà dell’autonomia.
Qual è il nodo più urgente da sciogliere per evitare un futuro del lavoro fondato sulla sottomissione?
Liberare la società e l’economia dalla paura indotta da leggi complicate e da una giustizia imprevedibile. La paura fa di per sé sottomissione, delega agli algoritmi e alle macchine, così da evitare ogni responsabilità. Sarà fondamentale la conferma referendaria della riforma della giustizia per un nuovo clima di libertà. Come dopo altri voti importanti, nel 1948 (piano Marshall) e nel 1985 (scala mobile), potrà venire una stagione di grande crescita attraverso la vitalità imprenditoriale.
















