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La Cina accelera sui portadroni. Primo volo per il Jiutian

Progettato per lanciare sciami di droni e colpire a lunga distanza con missili e bombe guidate, il velivolo rappresenta il cuore della strategia cinese basata su autonomia, saturazione e produzione industriale di massa

La provincia dello Shaanxi, nella Cina nord-orientale, è stata teatro del primo volo di prova del “Jiutian”, termine cinese traducibile con “Nove cieli” che indica il mastodontico velivolo unmanned portadroni prodotto dalla statale Xi’an Chida Aircraft Parts Manufacturing e presentato dalla Repubblica Popolare cinese nel maggio dello scorso anno allo Zhuhai Airshow. Con 16 tonnellate di peso massimo al decollo, 6 tonnellate di carico utile, 25 metri di apertura alare e 16 metri di lunghezza, il velivolo è stato progettato per lanciare sciami di droni d’attacco (di dimensioni contenuti, come i piccoli quadcopter first person view utilizzati in Ucraina) e trasportare un arsenale di bombe guidate, missili aria-aria, missili anti-nave e munizioni circuitanti.

La piattaforma dispone di otto punti d’attacco, sei dei quali destinati ad armamenti pesanti, mentre gli altri due possono ospitare missili aria-aria. Tra i sistemi già mostrati in associazione al drone figurano il Kd-88, missile antinave con raggio fino a 200 km, e la bomba al volo planato Ly-V501, derivata dal Jsow statunitense, con un raggio stimato di circa 130 km se sganciata ad alta quota. Questa combinazione permette al Jiutian di colpire senza entrare nel raggio delle difese antiaeree a media gittata, ampliando significativamente la sua utilità.

Nello scenario operativo immaginato dal complesso militare-industriale cinese, il drone-madre non si limita a distribuire vettori kamikaze, ma può orchestrare missioni multi-strato: ricognizione avanzata, guerra elettronica, saturazione, supporto agli strike di precisione e ingaggio a distanza di piattaforme nemiche. La combinazione di sensori integrati, data link avanzati e capacità di operare in modo semi-autonomo gli conferisce un ruolo che va oltre il semplice “bomb truck”, avvicinandolo a un sistema di comando volante destinato a droni subordinati.

La Cina vede nei sistemi unmanned (non solo di aria, ma anche di mare e di terra) un asset fondamentale per la sua modernizzazione militare, e per questo mira a consolidare un vantaggio strutturale basato su una produzione industriale vastissima e sull’integrazione con aziende civili come DjiI ed Easy Fly Intelligent Technology, secondo i dettami dell’approccio dual-use promosso dallo stesso Segretario Generale Xi Jinping.

In un mondo in cui l’Ucraina dimostra quotidianamente l’impatto strategico dei droni low-cost e delle munizioni circuitanti, il Jiutian diventa il simbolo di una corsa globale verso sistemi unmanned più grandi, più intelligenti e più integrati. Una corsa che Pechino intende guidare, forte di un’industria in espansione e di un approccio dottrinario che vede nella guerra algoritmica una delle chiavi per ottenere vantaggi decisivi nei conflitti del futuro.

 


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