Gli Stati generali del quantum hanno mostrato un ecosistema italiano maturo sul piano scientifico, ma ancora in cerca di una vera regia strategica. Le tecnologie quantistiche stanno entrando a pieno titolo tra le priorità industriali e di sicurezza del Paese, imponendo scelte selettive e investimenti pazienti. Il Pnrr ha dato una spinta decisiva, ma senza l’ausilio del capitale privato e un coordinamento sistemico il rischio è la dispersione. La partita resta aperta, ma il tempo per giocarla si sta riducendo
Gli Stati generali del Quantum, di cui Formiche era Media partner, hanno offerto uno spaccato multilivello della realtà quantistica italiana, mettendo attorno allo stesso tavolo istituzioni, mondo accademico, industria e decision-maker. Ne è emersa una fotografia composita, quella di un ecosistema che non nasce certamente solo oggi, ma che ora sta tentando di organizzarsi come sistema-Paese per realizzare quel necessario salto di qualità. Il quantum, da frontiera scientifica, è entrato definitivamente nel perimetro delle tecnologie strategiche, con implicazioni che vanno dall’innovazione industriale alla sicurezza nazionale. Il punto non è tanto se investire nel quantum, quanto più come farlo in modo selettivo, evitando dispersioni e puntando a costruire una vera massa critica in un contesto globale sempre più competitivo.
Cosa sono le tecnologie quantistiche e perché contano
Le tecnologie quantistiche sfruttano direttamente le proprietà della meccanica quantistica – sovrapposizione, entanglement, interferenza – per sviluppare applicazioni radicalmente nuove. Non si tratta di un’unica tecnologia, ma di un insieme articolato di ambiti che la Strategia nazionale organizza in quattro pilastri.
Il primo è il calcolo e la simulazione quantistica, destinato a risolvere problemi oggi intrattabili per i supercomputer classici: simulazioni di sistemi molecolari e materiali, ottimizzazione complessa, modellazione di processi industriali e finanziari. Il secondo è la comunicazione quantistica, che permette lo scambio sicuro di informazioni grazie a protocolli che rendono rilevabile qualsiasi intercettazione, con ricadute dirette sulla cybersicurezza e la tutele delle infrastrutture critiche. Il terzo è il quantum sensing, che consente misurazioni di precisione estrema per la navigazione, il monitoraggio ambientale e una vasta pletora di applicazioni militari. Il quarto è la metrologia quantistica, che costituisce la base per elaborare standard di misura più accurati, indispensabili per l’industria avanzata e la ricerca scientifica.
La mappa italiana
L’Italia non parte da zero. Il Paese dispone di una comunità scientifica ampia e consolidata, distribuita tra università, centri di ricerca e altri enti pubblici, con competenze che coprono l’intero spettro delle scienze quantistiche. Questa base ha consentito di agganciare rapidamente la fase di implementazione quando sono state rese disponibili risorse straordinarie. Infatti, attraverso il Pnrr, lo Stato ha allocato circa 230 milioni di euro sulle tecnologie quantistiche. Questi fondi hanno finanziato strutture di ricerca come il National quantum science and technology institute, il Centro nazionale per il supercalcolo e una rete di progetti che coprono hardware, software, algoritmi e applicazioni. È anche grazie a questi sforzi se oggi esistono supercomputer quantistici sviluppati in Italia. Un altro tassello chiave è la creazione delle Quantum Fab, piattaforme dedicate allo sviluppo, all’integrazione e al testing di componenti e soluzioni quantistiche, pensate per ridurre la distanza tra il laboratorio e l’industria. Nel complesso, il sistema coinvolge centinaia di ricercatori, decine di gruppi accademici e un numero crescente di imprese, tra grandi player e start-up.
Il confronto globale
A livello globale, gli investimenti nel quantum sono in forte crescita, con una concentrazione significativa su hardware e infrastrutture. Stati Uniti e Cina, inevitabilmente, operano su scale finanziarie e industriali molto superiori a quelle europee, combinando fondi pubblici, capitali privati e una chiara integrazione con le strategie di sicurezza e difesa.
L’Europa, pur eccellendo nella ricerca, fatica a trasformare questa eccellenza in leadership industriale. L’Italia, all’interno di questo quadro, si colloca in una posizione intermedia: ottime competenze, infrastrutture pubbliche avanzate, ma risorse complessive ancora insufficienti per creare vere economie di scala. La dotazione pubblica, da sola, non può sostenere lo sviluppo di un settore che richiede investimenti pazienti, continui e crescenti. Da qui la centralità del capitale privato, inteso sia come investimento diretto da parte delle imprese sia come ingresso di venture capital, fondi specializzati e piattaforme di investimento. Senza questo passaggio c’è il rischio che, nel post-Pnrr, quanto è stato fatto finora venga nullificato dalla mancanza di risorse.
Piccole realtà, tecnologie proprietarie e sovranità
In un settore come il quantum, le start-up e gli spin-off sono veri e propri presìdi di sovranità tecnologica. Algoritmi, software, componenti hardware e competenze altamente specialistiche rappresentano asset strategici, soprattutto se restano sotto controllo nazionale o europeo. Perché questo accada, tuttavia, è necessario un accompagnamento sistemico che unisca l’accesso a infrastrutture condivise con strumenti di finanziamento adeguati e di protezione della proprietà intellettuale, oltre a una domanda pubblica in grado di fungere da primo mercato.
Una leva diplomatica e di sicurezza nazionale
Le tecnologie quantistiche hanno una dimensione dual use strutturale intrinseca. Comunicazioni sicure, crittografia post-quantum, sensoristica avanzata e capacità di simulazione sono direttamente rilevanti per la sicurezza nazionale. Questo vale in ambito cyber, ma anche in quello della difesa e dello spazio, dove il quantum può rafforzare le capacità di situational awareness, di navigazione e di controllo delle infrastrutture critiche. Al tempo stesso, sviluppare queste capacità può diventare una leva di cooperazione internazionale, soprattutto in ambito europeo e verso aree come i Balcani e il Mediterraneo allargato, rafforzando il ruolo dell’Italia come hub tecnologico regionale.
La necessità di una regia unica
Senza una regia centrale, il rischio di dispersione è elevato. Serve un polo capace di coordinare priorità, segnalare fabbisogni tecnologici, mettere in contatto competenze e capitali e offrire una piattaforma unica per la presentazione e il finanziamento dei progetti. Non una struttura burocratica aggiuntiva, ma un catalizzatore dell’ecosistema. D’altronde, un esempio in tal senso esiste già con il Polo nazionale della dimensione subacquea, come ha ben evidenziato il ministro Crosetto durante gli Stati generali.
Una partita ancora aperta
L’Europa, vale la pena ribadirlo, ha perso la corsa all’intelligenza artificiale, lasciando che la leadership reale in questo settore si concentrasse altrove. Nel quantum, invece, questa dinamica non è ancora irreversibile. La tecnologia è più giovane, i casi d’uso sono in evoluzione e gli equilibri non sono ancora consolidati. Ma il margine non durerà a lungo. Il quantum resta una partita aperta solo per chi decide di investirvi ora, con risorse adeguate e una strategia coerente, in grado di non disperdere sforzi e capacità. Una sfida, per un Paese cronicamente affetto dalla fuga di cervelli come l’Italia, ma anche un’opportunità per trasformare un buon punto di partenza in una traiettoria solida e di lungo periodo.
















