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Il ritorno al Concistoro straordinario per le sfide della Chiesa e del mondo. La riflessione di Cristiano

In questa sinodalità lo stile di governo che desidera e propone Leone XIV potrebbe ricordare quello proposto da Giovanni Paolo II, come Francesco un papa dallo stile carismatico, ma che convocò sei volte il Concistoro straordinario durante il suo lungo pontificato, sempre in momenti delicatissimi, utilizzandolo come luogo di confronto collegiale. E “collegialità” è parola che si collega benissimo con “sinodalità”. La riflessione di Riccardo Cristiano

La conclusione dell’anno giubilare sarà seguita da uno dei più indicativi atti di governo di papa Leone XIV. Infatti proprio per i due giorni successivi, il 6 e 7 gennaio, ha convocato a Roma tutti i cardinali per il suo primo Concistoro straordinario. Non sarà dunque il più frequente Concistoro deliberativo, che si conosce soprattutto per ufficializzare i nuovi santi, ma dell’incontro tra il papa e tutti i cardinali per “favorire un discernimento comune e offrire sostegno e consiglio al Santo Padre nell’esercizio della sua alta e gravosa responsabilità nel governo della Chiesa”, si legge nel comunicato ufficiale diffuso dalla Santa Sede. Si intende “rafforzare la comunione tra il Vescovo di Roma e i Cardinali, chiamati a collaborare in modo particolare alla sollecitudine per il bene della Chiesa universale”.

Se si torna agli inizi del pontificato di Francesco si trova un atto simile: nel febbraio del 2014 infatti si svolse il Concistoro straordinario dedicato alla riflessione sulla famiglia e sulle sfide pastorali del tempo, in vista del successivo Sinodo sulla famiglia.

La relazione d’apertura fu affidata al cardinale Walter Kasper che indicò la possibilità di concedere a determinate condizioni la comunione ai divorziati risposati, come poi è emerso in forma molto cauta nell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”.

Dopo quel Concistoro fu inviata, nel 2016, al papa la lettera di quattro cardinali “ribelli”,  che conteneva i famosi “dubia”, formalmente dei dubbi sulla fondatezza teologica della linea pontificia, in realtà un atto nelle intenzioni, e nei fatti, dirompente, in cui si respingevano come irricevibili le aperture.

Non era un confronto, era uno scontro che presto si avvelenò, soprattutto su questo delicatissimo argomento, la famiglia. Per fare memoria di quel tempo non si può non ricordare l’oscura indiscrezione  avanzata da alcuni quotidiani nel 2015 sulla base di voci poi dimostratisi false: il papa avrebbe sofferto di un tumore al cervello. Era l’ipotesi del “papa pazzo”, che poi mutò in “papa illegittimo”, “papa eretico”, e molto altro.

Francesco non convocò più Concistori straordinari, la sua riforma del governo della Chiesa mantenne forma collegiale con la costituzione di un gruppo di cardinali che coadiuvava il papa nel definire la riforma della Curia romana. Leone XIV in un certo senso torna lì dove il confronto si avvelenò per riprenderlo, riportarlo in un alveo “sano”, e quindi proponendo uno stile collegiale per la sua Chiesa che, seguendo la vera innovazione introdotta da Francesco, vuole sinodale, non verticista.

In questa sinodalità lo stile di governo che desidera e propone Leone potrebbe dunque ricordare quello proposto da Giovanni Paolo II, come Francesco un papa dallo stile carismatico, ma che convocò sei volte il Concistoro straordinario durante il suo lungo pontificato, sempre in momenti delicatissimi, utilizzandolo come luogo di confronto collegiale. E “collegialità” è parola che si collega benissimo con “sinodalità”.

I temi relativi alla famiglia saranno ancora una volta delicatissimi e appare logico che Leone desideri creare le condizioni che consentirebbero una “navigazione” meno impervia proprio alla scelta sinodale, che è stata molto discussa, va ancora ben definita e ha comportato anche un ruolo nuovo per le donne nel governo della Chiesa, dove alcune di loro hanno trovato ruoli apicali all’interno della Curia romana, prima impensabili. Una scelta che Leone ha condiviso non solo teoricamente, ma anche nella pratica, avendo già nominato una donna in posizione apicale in Curia.

C’è poi la realtà del mondo, in particolare con le guerre che ormai fanno temere a molti che la guerra mondiale possa non essere più soltanto a pezzi, e coinvolgere un Occidente fratturato. Tutto sommato il papa ha anche il titolo di “patriarca d’Occidente” (non in senso giurisdizionale, ma quale capo della Chiesa latina). Anche su questo il confronto ha bisogno di sintesi efficaci e al contempo di chiarezza, indspensabile se si considera l’enormità dei temi che sono sul tappeto e le sfide sulle quali la voce della Chiesa non può essere incerta, soprattutto in quell’episcopato americano come il nuovo papa, americano anche lui. Il fatto che da pochi giorni sia stato designato il nuovo arcivescovo di New York, lontano dalle posizioni dell’attuale amministrazione statunitense per storia e formazione, è un’indicazione di marcia importante.


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