La presidenza francese accoglie con favore la disponibilità del leader russo a dialogare con l’Eliseo. Ma in attesa di conoscere tempi e luoghi, è quantomai utile capire il perimetro di tale incontro
Che cosa può essere cambiato tre anni dopo l’ultimo incontro fra Emmanuel Macron e Vladimir Putin? La presidenza francese accoglie con favore la disponibilità del presidente russo a dialogare con l’Eliseo, ma in attesa di conoscere tempi e luoghi, è quantomai utile capire il perimetro di tale incontro, il peso specifico degli attori in causa e come il triennio alle spalle può essere un portato risolutivo (o meno).
Dopo la riunione del Consiglio europeo di venerdì scorso, Macron ha dichiarato che per lui e per gli europei sarebbe “diventato di nuovo utile” parlare con Putin. “Penso che noi, europei e ucraini, abbiamo interesse a trovare un quadro per riprendere adeguatamente queste discussioni. Altrimenti, finiremo per parlare tra di noi, con i negoziatori che se ne vanno per conto proprio a parlare con i russi, il che non è ottimale”, ha detto Macron.
Al momento un incontro trilaterale tra rappresentanti di Mosca, Washington e Kyiv “non è finora stato discusso seriamente e non è al momento preso in considerazione”, ha detto il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov. Il nesso tra Parigi e Miami è utile alla luce degli incontri tra gli inviati Usa Steve Witkoff e Jared Kushner, con l’inviato di Mosca Kirill Dmitriev e, conseguentemente, con le reazioni politiche nel vecchio continente. Se da un lato l’accelerazione parigina può essere vista come il nuovo tentatvo di Macron di ritagliarsi un ruolo, così come fatto con l’iniziativa dei volenterosi, dall’altro non è chiaro come un nuovo canale tra Russia e Ue possa sortire effetti positivi. Macron dunque preme per distinguersi dagli altri, mentre il premier britannico Keir Starmer prosegue nel suo rapporto con il presidente Donald Trump proprio per rafforzare il filo.
Non crede ad un’immediatezza diplomatica il segretario generale della Nato, Mark Rutte secondo cui Putin è motivo per cui è difficile concludere guerra. Intervistato dal quotidiano tedesco Bild, ha detto che “la ragione è Putin, disposto a sacrificare 1,1 milione dei propri cittadini”. Aggiungendo che “quest’anno i suoi progressi sono minimi: conquiste territoriali trascurabili, meno dell’1 per cento del territorio ucraino rispetto all’inizio dell’anno”.
Per cui tutti questi elementi, se messi in fila, danno un’immagine: quella di un altro tentativo che sarà velleitario, perché è dal vertice canadese in poi che si moltiplicano le intenzioni, salvo poi scontrarsi sui dossier maggiormente divisivi. In primis la terre rare, in secondo luogo le province contese, il terzo la difesa ucraina e quindi con implicazioni in ottica Nato e nella cintura orientale dell’Europa, senza dimenticare la volontà russa di dividere il fronte europeo per poterne approfittare in sede diplomatica.
Infine il contesto interno francese: la difficoltà di approvare il bilancio da parte del premier Lecornu, si somma all’esigenza di Macron di avere un’immagine diversa all’esterno dei suoi confini.
















