Il IV Rapporto Censis-Federproprietà fotografa una transizione energetica che rischia di scaricarsi sulle famiglie: case meno efficienti valgono meno, i mutui diventano più costosi e le bollette sono destinate a salire. Tra direttiva Case green, nuove regole bancarie e Ets2, servono risorse pubbliche e competenze per evitare che l’efficientamento si trasformi in un fattore di disuguaglianza sociale. L’analisi di Pedrizzi
Il sogno degli italiani, cioè la casa, sta trasformandosi in questi ultimi tempi in un vero e proprio incubo per obblighi di ristrutturazione per efficientamento energetico e criteri sempre più rigidi e sempre più green per accedere ai mutui ed ai finanziamenti.
Le norme di Basilea III per il sistema bancario, infatti, che tendono a migliorare la stabilità degli istituti di credito, con il Regolamento CRR3 (Capital Requirements Regulations III) contengono norme restrittive che investono le case: il valore di mercato di un bene immobile dato a garanzia di un prestito viene sostituito da un nuovo criterio, il “property value”, cioè una stima prudenziale, che tiene conto non solo di quanto il bene vale attualmente (secondo la vecchia legge bancaria si finanziava fino ad un massimo dell’80%), ma anche quanto varrà in futuro, coprendo il periodo di tempo lungo tanto quanto la durata del finanziamento/mutuo.
Quindi quanto maggiore è l’efficienza energetica di un immobile, tanto maggiore sarà la sua capacità di conservare valore nel tempo. Pertanto gli edifici a basse emissioni avranno prezzi più alti e saranno maggiormente richiesti sul mercato.
Ma non basta perché poi bisognerà tenere conto anche dei rischi legati ai cambiamenti climatici, all’esposizione di un immobile a catastrofi naturali, persino ai cambiamenti demografici ed al suo posizionamento (città o campagna).
Secondo l’Ispra, il 94,5% dei Comuni italiani è a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe, per cui maggiore è il rischio più basso sarà la “propriety value” e minore perciò sarà il finanziamento, maggiore il suo costo, quindi il tasso applicato.
Il Crr3 impatta sul lato delle banche perché il “value” incide sugli accantonamenti, che devono essere maggiori in relazione ad un rischio maggiore.
Per la verità è ancora presto per capire se e quali effetti avrà questa riforma sull’erogazione dei mutui.
Le case eco sono più costose, ma garantiscono condizioni migliori come dimostrano i mutui green,
che offrono condizioni migliori rispetto a quelli tradizionali.
Come noto poi la direttiva Case green dovrà essere recepita entro il prossimo maggio e quindi gli Stati Ue dovranno predisporre un piano nazionale per garantire la ristrutturazione di tutto il parco immobiliare con obiettivo emissioni zero, una riduzione rispetto al 2020 dell’uso dell’energia primaria media almeno del 16% entro il 2030.
L’Ue vuol raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero, imponendo che:
– gli edifici pubblici di nuova costruzione siano a impatto zero dal 2028;
– gli edifici in generale lo siano dal 2030;
– il patrimonio immobiliare in essere dovrà invece raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
– dal 2025 non è più possibile usufruire di incentivi per le caldaie a combustibili fossili;
– dal 2040 gli impianti termici con generatori di calore a combustibili fossili saranno vietati,
Questo piano porterà evidenti costi a carico alle famiglie, anche se, poi, nel lungo periodo gli investimenti dovrebbero generare risparmi consistenti.
Dal dopo Covid e con la guerra Russia / Ucraina si è registrato un rialzo molto consistente dei costi dell’energia al consumo che tra il 2021 il 2024 è aumentato del 5,4% mentre quello per l’energia del +46,9%.
Ma ulteriori aumenti sono previsti perché la normativa Ets2 Emission trading system (il Sistema di scambio di quote di emissione per cui, in sintesi, chi inquina paga) dal 2027 obbliga i fornitori di carburanti ad acquistare quote di emissione in base alla quantità di Co2 che i loro prodotti generano.
Un meccanismo che rende più costose le fonti energetiche inquinanti (benzina, gasolio e gas).
Secondo il IV Rapporto Censis-Federproprietà presentato nei giorni scorsi al Senato della Repubblica, questa normativa Ets 2 farà salire le bollette delle famiglie italiane fino a 230 euro l’anno nello scenario più sfavorevole, 2,5 volte la spesa media attuale con le regioni del Sud e le isole, che avendo un mix energetico meno rinnovabile, potrebbero registrare rincari fino a 56 euro
l’anno, mentre nel Nord gli incrementi più significativi riguarderebbero il costo del gas, con aumenti fino a 195 euro annui legati soprattutto al riscaldamento domestico.
La stangata si farà sentire anche sul commercio e le piccole imprese artigiane e industriali.
Il costo complessivo per questi settori potrebbe variare, su scala europea, tra 7 e 8,75 miliardi di euro l’anno, il costo indiretto medio stimato si attesterebbe tra 12 e 25 euro l’anno per abitante. Ci saranno perciò impatti sociali rilevanti, soprattutto sulle fasce più vulnerabili.
Questo spiega le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni all’assemblea della Cna, quando dice “stiamo lavorando per offrire soluzioni concrete”.
Questo scenario disegnato dalla Ricerca Censis-Federproprietà “Case dormienti, una ricchezza sommersa” prevede che il popolo italiano in prospettiva avrà bisogno di una disponibilità finanziaria consistente per promuovere tutti questi interventi di efficientamento energetico che, poi, consentiranno notevoli abbattimenti di consumi e spese.
Peraltro già oggi per il 76,9% degli italiani le bollette dell’energia pesano già troppo sul budget. Sono dati che confermano come l’energia sia oggi una delle componenti di spesa più gravose per le famiglie dai budget già sotto stress.
Segnalano come rilevante il peso delle bollette energetiche sul budget familiare: l’81,7% dei redditi bassi, l’83,4% dei medio bassi, il 70,9% dei medio alti e il 59,7% dei redditi alti, generando comunque difficoltà per tutte le famiglie anche quelle con redditi alti. In pratica tutti le soffrono.
Le famiglie a più basso reddito risultano reticenti a qualsiasi tipo di investimento, per cui solo un impiego consistente di risorse pubbliche a supporto delle scelte di efficientamento energetico e di trasformazione green degli edifici potrà evitare di rendere la transizione una punizione per le persone con minori disponibilità economiche o, addirittura, un ulteriore aspetto di ampliamento delle disparità sociali.
Una politica green in effetti potrebbe apparire come un processo socialmente regressivo che rischia di far percepire alle famiglie meno abbienti la sostenibilità come un privilegio da cui sono escluse e
che le penalizza, anche in considerazione dei lacci e lacciuoli che caratterizzano l’apparato burocratico italiano. Oltretutto gli italiani ritengono che non è semplice avviarsi su un sentiero di efficientamento energetico.
L’83,3% degli italiani, infatti, ritiene che gli incentivi pubblici per la casa green siano troppo complicati e poco accessibili.
A ritenere che l’accesso agli incentivi pubblici sia troppo complicato sono in misura maggiore gli adulti ed i diplomati, a dimostrazione che non basta una maggiore istruzione per districarsi nei meandri burocratici.
In ogni caso si evidenzia tra gli italiani una consolidata consapevolezza sull’importanza di investire nell’efficientamento energetico, mista ad una diffusa difficoltà nell’affrontare gli iter burocratici necessari.
Ecco perché la maggioranza degli italiani, oltre al supporto economico, si aspetta forme di affiancamento per facilitare il cammino nel sentiero burocratico.
Una transizione energetica attiva è fondamentale per la costruzione della sovranità italiana e, al contempo, la promozione della riqualificazione green degli edifici ha ricadute socioeconomiche importanti.
Per tutte queste ragioni l’efficienza energetica con questa accelerazione ed a tutti i costi imposti dall’Europa, potrebbero trasformarsi in un bagno di sangue per i proprietari, perché saranno necessari dai 16 ai 90mila euro per ristrutturare una casa di 100 metri quadri.
In totale, per il Politecnico di Milano il conto per l’Italia arriverà a 180 miliardi, quanto speso in tre anni tra Superbonus, Ecobonus e bonus casa.
Ma secondo Deloitte servirà una cifra da capogiro di 800 miliardi.
Ed intanto pare che proprio in questi giorni Bruxelles starebbe per aprire una nuova procedura d’infrazione per gli incentivi che abbiamo alle caldaie a metano.















