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Mar-a-Lago avvicina la pace. Ma non chiude il negoziato

La pace è più vicina ma non ancora raggiunta. Il vertice tra Trump e Zelensky evidenzia aperture su sicurezza e ruolo europeo, ma conferma lo stallo su territorio (e su Zaporizhzhia). Con Putin che resta l’elefante nella stanza

“Più vicina che mai prima”, ma ancora non raggiunta. Il summit di ieri a Mar-a-Lago, in cui il presidente statunitense Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky si sono incontrati faccia a faccia per cercare di trovare un compromesso definitivo sulla proposta di pace per il conflitto in Ucraina, non ha portato quella svolta attesa da alcuni osservatori.

“Questioni spinose”

Secondo quanto fatto trapelare sino ad ora sull’incontro, sembra che a prevenire ulteriori progressi sostanziali siano stati quei temi su cui già fino ad ora le parti non sembravano aver trovato una soluzione condivisa. A partire dalla questione territoriale, e in particolare dal destino di quella parte di Donbass non ancora occupata dalle truppe di Mosca, ma a cui sia il Cremlino che Kyiv non vogliono assolutamente rinunciare. Una delle opzioni proposte da Trump è stata la costituzione nell’area quella che è stata definita come “zona demilitarizzata” o “zona di libero scambio”; opzione vero la quale Zelensky ha dato segnali d’apertura, condizionando però un ritiro delle truppe ucraine ad un parallelo ritiro delle truppe di Mosca, nonché ad un riconoscimento ufficiale del territorio come parte dell’Ucraina e alla presenza di truppe internazionali sul campo. Altro tema “spinoso” discusso dai due presidenti è stato quello del destino di un asset strategico come quello della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande del continente europeo, al momento controllata dal Cremlino.

Europa (ed Usa) come garanti

Altro tema centrale è stato quello delle garanzie di sicurezza, su cui erano stati registrati progressi sostanziali nel summit di Berlino di questo mese, in cui l’Ucraina aveva accettato di rinunciare ad entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica in cambio di garanzie di sicurezza da parte dell’occidente che fossero “equivalenti” a quelle offerte dalla membership della Nato. Sulla questione, i due leader hanno dato un responso leggermente differente: mentre Zelensky ha dichiarato che è stato raggiunto un accordo sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina, Trump si è mostrato più cauto, affermando che sono arrivati 95% del percorso verso tale accordo. Il presidente Usa ha anche aggiunto che si aspetta che i paesi europei “si facciano carico di gran parte” di tale sforzo con il sostegno degli Stati Uniti.

E dall’Europa è arrivata una risposta solida e coerente alle dichiarazioni di Trumo, tanto nei colloqui telefonici avuti dai due vertici politici presenti a Mar-a-Lago con alcuni leader del Vecchio Continente, tra cui il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron e la premier italiana Giorgia Meloni, quanto nelle dichiarazioni rilasciate da esponenti di spicco. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha “accolto con favore” i “buoni progressi” compiuti durante i colloqui, specificando che “L’Europa è pronta a continuare a lavorare con l’Ucraina e i nostri partner statunitensi per consolidare questi progressi”, e che “fondamentale per questo sforzo è avere garanzie di sicurezza incondizionate fin dal primo giorno”. Anche il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani ha commentato la vicenda in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera (poche ore prima che il Consiglio dei Ministri votasse il decreto per proseguire con il sostegno militare all’Ucraina), sottolineando come Roma sostenga fermamente “Il tentativo americano per raggiungere il cessate il fuoco e la fine definitiva del conflitto”, e dichiarando che “Ogni passo in avanti verso una pace giusta e durata è un fatto positivo. E mi pare che oggi (ieri, ndr) si sia registrato qualche progresso”.

L’elefante nella stanza

In chiusura, Tajani ha anche aggiunto “Speriamo che Putin voglia veramente la fine del conflitto”. Pur non essendo stato coinvolto direttamente in questo round di negoziati “intra-occidentali”, il leader russo ha avuto una conversazione telefonica di due ore con il presidente statunitense prima del suo incontro con Zelensky, conversazione che è stata definita come “buona e molto produttiva” dallo stesso Trump, che ha poi dichiarato che Putin voglia vedere “l’Ucraina avere successo”. Difficile interpretare queste parole, soprattutto se si pensa a come Mosca non abbia impresso il minimo sforzo per cercare un compromesso sulle condizioni per un eventuale accordo, mantenendosi rigida sulle sue posizioni fin dall’inizio delle trattative nel corso di quest’anno.


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