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Nel mondo ci sono sempre meno armi nucleari, eppure stanno aumentando. Ecco perché

A dispetto della riduzione in termini assoluti, il 2025 ha confermato l’aumento del numero di testate nucleari operative nel mondo. Si tratta di circa 9mila ordigni, ma il loro numero risulta in aumento. Nel frattempo, mentre i trattati sul disarmo vengono lasciati scadere senza rinnovo, aumentano i fattori geopolitici che suggeriscono un aumento della tendenza anche nel resto del mondo

Non ci sono dubbi sul fatto che, nei libri di storia, il 2025 sarà ricordato come l’anno del riarmo globale. Beninteso, l’attuale stagione di rafforzamento militare delle principali grandi e medie potenze rappresenta l’evoluzione di un trend iniziato almeno dal 2021. Sin dalla pandemia, le istituzioni internazionali multilaterali registrano un affanno sempre maggiore e gli Stati stanno progressivamente tornando a ragionare in ottiche bilaterali e in termini di potenza. Sfortunatamente, non solo di potenza economica. Uno dei dati che fa maggiormente riflettere su questi sviluppi è quello relativo allo stato degli arsenali nucleari globali. Benché si possa affermare che, in termini assoluti, il numero di testate atomiche nel mondo stia diminuendo – principalmente grazie alla dismissione di ordigni obsoleti da parte di Stati Uniti e Russia –, lo stesso non si può dire per quanto riguarda le testate nucleari operative, che anche nel 2025 si sono confermate in aumento. 

Cosa e quante sono le testate operative

Quando si parla di arsenali nucleari, si possono distinguere tre diverse categorie di armi. Innanzitutto ci sono le testate operative, vale a dire quelle pronte all’uso in qualsiasi momento e potenzialmente impiegabili per un first strike o una massive retaliation immediata. In questa categoria rientrano gli Icbm nei silos terrestri, i missili imbarcati sui sottomarini nucleari e i vettori equipaggiabili sui bombardieri strategici. Seguono poi le testate non dispiegate ma potenzialmente riattivabili, le quali fungono da riserva strategica negli stock, nonché come elemento di deterrenza avanzata per configurare le capacità di second strike. Ultime della lista sono le testate ritirate dal servizio ma non ancora smantellate. La riduzione in termini assoluti degli armamenti nucleari nel mondo è dovuta alla progressiva dismissione di queste ultime. Ma, se si sposta il focus sull’aumento delle testate operative, la musica cambia. 

Quali sono le principali potenze nucleari

Considerando tutte le categorie, a oggi nel mondo esistono poco più di 12mila testate nucleari in possesso di nove Paesi, contro le 70mila raggiunte all’apice della Guerra fredda. Di queste, 9mila sono testate operative e quasi 4mila sono attualmente dispiegate. Il 90% delle testate globali è in mano a Stati Uniti (5.177) e Russia (5.459), che insieme ne mantengono circa 2mila in stato di alta prontezza operativa. Medaglia di bronzo per la Cina, con circa 600 testate in totale. Tuttavia, a differenza di Mosca e Washington, l’arsenale di Pechino è in piena fase espansiva e, ai ritmi attuali, dovrebbe raggiungere le 1200 testate operative entro il 2030. Di queste, la maggior parte saranno rapidamente o immediatamente schierabili. Di questo passo, entro un decennio, l’olimpo delle potenze nucleari diventerà per la prima volta una convivenza a tre. 

Non conta solo la quantità

La quantità di testate operative disponibili rappresenta solo uno dei fattori chiave della deterrenza nucleare. Altro aspetto cruciale riguarda l’aspetto qualitativo degli arsenali, sia in termini di potenziale distruttivo sia di livello tecnologico del vettore. Prendendo per buona la suddivisione informale tra armamenti tattici (tra i 5 e i 20 kilotoni) e armamenti strategici (fino a decine di megatoni), le analisi concordano sul fatto che negli arsenali moderni sia molto improbabile la presenza di ordigni con una potenza superiore ai 500 kilotoni. Per quanto si parli di una potenza di fuoco combinata comunque in grado di distruggere più volte il pianeta, va chiarito per dovere di cronaca che non esistono interi arsenali composti da testate paragonabili alla celeberrima bomba Zar – dalla potenza di 50 megatoni – testata dall’Urss nel 1961 spesso erroneamente associata all’odierna minaccia nucleare.

Quanto ai vettori, il loro grado di avanzamento tecnologico ha il potenziale per sbilanciare la deterrenza tra due attori nucleari dotati di arsenali numericamente equivalenti. Per la prima volta, ad esempio, si sta affacciando in questi anni sul panorama della strategia nucleare la minaccia portata dai missili ipersonici, che restringono pericolosamente le finestre di rilevamento e risposta. Allo stesso modo, il livello di protezione delle infrastrutture di lancio e la disponibilità di sottomarini – silenziosi e dotati di lunghissima autonomia operativa – incide sulle capacità complessive. Al momento, tutte le principali potenze nucleari stanno attivamente rinnovando i propri vettori nucleari, molti dei quali sono rimasti sostanzialmente invariati dai tempi della Guerra fredda. È il caso, ad esempio, del missile intercontinentale Minutemen III, entrato in servizio nel 1970 e il cui successore, il Sentinel, è attualmente in sviluppo. All’aumento quantitativo delle testate mondiali va quindi ad affiancarsi anche un aumento qualitativo delle capacità di impiego. Ciò senza prendere in considerazione le possibili implicazioni della guerra dronica e della militarizzazione dello Spazio. 

Meno regole, più focolai di crisi

Tutti i principali trattati e accordi internazionali sul disarmo sono scaduti, in scadenza o senza effetti apprezzabili. Il rinnovo dei trattati Start, pietra angolare del disarmo nucleare russo-americano, rimane un’incognita in attesa di risposta a febbraio 2026 e al momento non ci sono garanzie sul suo rinnovo. Alcuni trattati sono già scaduti, come l’Inf del 1998, mentre i vari tentativi di redigere convenzioni sulla messa al bando universale delle armi nucleari non hanno mai superato la fase concettuale. Per di più, la condotta sempre più assertiva delle potenze nucleari minori nei rispettivi teatri regionali e certe dichiarazioni sulla volontà di riprendere i test a fuoco reale contribuiscono ulteriormente ad aumentare il grado di instabilità generale intorno al discorso nucleare.

Per quanto a oggi il numero di armamenti nucleari mondiali sia ancora nettamente inferiore al passato, il trend emergente negli ultimi anni è quello non tanto di un aumento generalizzato delle testate (obiettivo perseguito attivamente solo dalla Cina), ma di un riemergere netto dell’opzione nucleare nei calcoli strategici delle grandi potenze. E, vista l’assenza di regole internazionali vincolanti, non è impensabile che questi sviluppi portino anche le potenze minori ad espandere (o creare ex novo, vedasi l’Iran) i propri arsenali. Nel 1991 il Doomsday Clock, “l’orologio” realizzato e aggiornato regolarmente dal Bulletin of Atomic Scientists per stimare le probabilità di una catastrofe globale, segnava 17 minuti alla mezzanotte. La rilevazione più recente, risalente a poco meno di un anno fa, ha segnato un nuovo record: 89 secondi alla mezzanotte.


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