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Il senso nuovo di parole antiche

Il mondo di oggi è molto diverso rispetto a quello di qualche decennio fa. Dal 1989 sono accaduti grandi cambiamenti che hanno stravolto la vita dell’umanità. A un sistema bipolare bloccato dalla minaccia di un conflitto nucleare, si è sostituito un mondo più instabile e imprevedibile, nel quale si sono scoperti nuovi e inattesi protagonisti. Mentre ciò accadeva l’Unione europea ha continuato il suo processo di integrazione, fino ad arrivare agli attuali 27 Stati membri. Si è costituito un mercato comune, resa possibile la libera circolazione dei cittadini e, soprattutto, si è riusciti nell’impresa di adottare una moneta unica.
 
L’euro è un grande risultato. È il conseguimento di un sogno durato quasi cinquant’anni. Ma oggi l’Europa è sotto attacco. La minaccia questa volta non proviene da una potenza militare e belligerante. Il pericolo imminente deriva da un nemico ancora più insidioso e subdolo: i mercati finanziari. A ondate sempre più ricorrenti ci ritroviamo a dover fronteggiare lo scoppio di bolle speculative che rischiano di metterci in ginocchio. Prima Portogallo e Irlanda, poi Grecia e Spagna. Adesso l’Italia. Purtroppo la risposta dell’Europa, di fronte al feroce attacco in atto e alla crisi economica conseguente, mostra più di una crepa. Micro nazionalismi, squilibri economici, debolezze strutturali delle istituzioni rendono l’Europa fragile di fronte all’assalto speculativo dei mercati e incapace di fronteggiare la concorrenza spietata dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina).
 
L’Unione europea è sotto attacco perché risente del suo vizio d’origine: essere ancora un mercato e non, piuttosto, un’entità politica compiuta. Crisi dei mercati, deficit di democrazia, nazioni in bilico, mercati in subbuglio. Ma non sono solo le istituzioni democratiche a essere in affanno. E non è tutta colpa dei singoli Stati. È il concetto stesso di occidente ad essere messo in discussione. Abbiamo vissuto finora nella convinzione che non potesse esistere un “mondo migliore” del nostro. Per anni ci siamo cullati nella sua presunta superiorità. Poi è arrivato l’11 settembre 2001 e si è scatenata una “guerra di civiltà” di cui, purtroppo, pagheremo le conseguenze per molto tempo ancora.
 
Oggi siamo fermi davanti a un bivio. Non abbiamo più tempo a disposizione. Dobbiamo sciogliere il dilemma, decidere quale strada intraprendere, sapendo però che la presenza dell’Europa è necessaria per il mondo. È necessario comprendere i motivi per i quali non si è ancora sviluppato un demos europeo, e porvi rimedio. Siamo ancora in tempo per costruire una identità europea. Forse occorrerebbe ripensare alle tre parole dimenticate: libertà, fraternità, uguaglianza. Perché oggi sono minacciate. In fondo occorre solo ritrovarne il significato. Per dare loro un nuovo senso. E avere la possibilità di tornare ad utilizzarle più frequentemente.


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