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Meglio capire bene le ipocrisie e le verità (amare) che ha detto oggi Letta in Parlamento

Dietro l’ipocrisia (condivisa) sulle migrazioni e la crescita indotta dal “fantastico” mondo delle telecomunicazioni digitali (idee di 10 anni fa!), si nasconde la verità economica attuale (non condivisa) che è stata espressa in un linguaggio tecnico, quindi non comprensibile per la maggioranza dei cittadini e dei loro rappresentanti.

Sul capitolo delle ipocrisie (circa due terzi del discorso di Letta, SIC!) basta ricordare che il 17 ottobre il governo italiano, dopo aver tanto invocato l’intervento dell’Europa, ha votato contro la proposta della Commissione europea di conferire a Frontex (l’Agenzia Ue di sorveglianza alle frontiere) nuove competenze per il coordinamento delle operazioni di localizzazione e salvataggio in mare (“search and rescue”) dei barconi dei migranti. Infatti, come riferito da TMnews e da EUnews, Italia, Grecia, Malta, Francia, e Spagna, in sostanza, vogliono mantenere la loro competenza nazionale esclusiva per quel che riguarda queste operazioni, e non sovrapporre alle norme e convenzioni di diritto internazionale esistenti, difficili da controllare, nuove norme di diritto europeo (che sarebbero sottoposte al controllo d’applicazione della Commissione e della Corte Ue). Per suggellare l’ipocrisia, dalle conclusioni provvisorie che saranno adottate il 22-23 ottobre dal Consiglio europeo, si legge che il Consiglio esprime la sua “profonda tristezza per i recenti tragici avvenimenti nel Mediterraneo” e “accoglie con favore” l’istituzione di una task force guidata dalla Commissione europea per “individuare, nel breve termine, azioni concrete volte a garantire un uso più efficiente delle politiche e degli strumenti esistenti. Dopo queste belle parole sulle migrazioni (vuote di contenuto operativo), per quanto riguarda il tema dell’Asilo politico, il Consiglio ha rimandato le eventuali decisioni al giugno del 2014 quando i ventotto paesi membri potranno affrontare la discussione “in una prospettiva politica più ampia e più a lungo termine”.

Passando alle vere (ma indecifrabili) questioni economiche e sociali, dal resoconto stenografico del discorso di Letta si legge che la situazione è meno che mai rosea. Ripresa, luce alla fine del tunnel, crescita, occupazione, sicurezza delle banche, tutti temi lontani e in acque più che turbolente. Due titoli chiariscono subito il vero contenuto delle parole di Letta: “Grana da mezzo trilione per le banche italiane”; “La Germania ha scelto come “far fuori” l’Italia”. A chi in Parlamento ha sollevato dubbi sul discorso del premier, Letta risponde: “Volete sfiduciarmi? Presentate una mozione“. Insomma, un caos completo che continua ad essere oscurato da querelles tra il Presidente Napolitano e le ipotesi smentite di accordi salva Berlusconi e piagnistei moralistici dei transfughi di Scelta Civica. Non sapendo più come ‘distrarre’ l’opinione pubblica, che nonostante tutto rischia davvero di perdere la pazienza, si riesuma pure la questione di Ustica che dopo 40 anni è accertata per essere stata provocata da un missile!

Continuare così, tra ipocrisie e piagnistei, tra vere verità incomprensibili ai più, e battaglie iraconde sul nulla, l’Italia sprofonda sempre di più. Un economista italiano della LSE scrive che «Non rimarrà nulla dell’Italia» e il noto storico Misha Gleny della BBC lancia un programma radiofonico dal titolo “L’invenzione dell’Italia”.

Segue l’estratto del resoconto stenografico del premier Letta in Parlamento (testo integrale):

“ Infine, il completamento dell’unione economica e monetaria. Quella di giovedì e venerdì sarà una tappa intermedia. Secondo lo schema concordato a giugno, la discussione ci concentrerà sull’unione economica e soprattutto sull’unione bancaria, nonché sulla dimensione sociale dell’unione monetaria. Il Consiglio europeo tornerà su tutti e quattro i capitoli a dicembre, quando dovranno arrivare decisioni concrete, e ovviamente avremo modo di ridiscuterne in quest’Aula prima del Consiglio europeo di dicembre, come accade alla vigilia di ogni Consiglio europeo. Tuttavia, benché si tratti di un passaggio intermedio quello di giovedì e di venerdì, non voglio minimamente sottovalutarlo, anzi, la zona euro ha bisogno di maggiori convergenze. Se fatte insieme, in modo coordinato, le riforme strutturali nazionali danno effetti maggiori. Invece, con la crisi la divergenza tra le economie e le politiche economiche dentro l’area dell’euro e tra nord e sud Europa è ulteriormente aumentato, per non parlare della differenza, dentro i singoli Paesi, tra le diverse classi sociali. Su questo punto porteremo un messaggio chiaro. Abbiamo uno schema, il semestre europeo, un insieme di regole che stanno dando alcuni buoni risultati. La strada per uscire dalla crisi non è costruire nuove gabbie di procedure, monitoraggi, sanzioni; non è mai stata e mai sarà il modello intergovernativo. La strada per rafforzare la visione unitaria dei problemi è creare un maggiore equilibrio tra quanto è chiesto agli Stati in surplus e quanto chiesto agli Stati in deficit. Ci batteremo perché si vada verso una vera e propria politica economica della zona euro come base per distribuire, tra ciascuno degli Stati membri, lo sforzo di aggiustamento.
Ribadiremo un orientamento su cui insistiamo da tempo: non può esserci progresso nel rafforzamento della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche nazionali senza la creazione di meccanismi di assistenza finanziaria per facilitare l’attuazione delle riforme strutturali nei Paesi in difficoltà. I sacrifici, la disciplina delle finanze pubbliche sono necessarie, ma sono giustificati e accettabili politicamente e socialmente se poi c’è una ricompensa, una svolta positiva, una prospettiva. Per uscire dalla crisi la via giusta è quella che unisce maggiore responsabilità e maggiore solidarietà.
Abbiamo inoltre di fronte a noi il meccanismo del completamento dell’unione bancaria. Dopo l’approvazione definitiva del meccanismo unico di vigilanza bancaria, che diventerà operativo tra 12 mesi, il terreno di confronto riguarda oggi la creazione di un sistema di risoluzione unico delle crisi bancarie, come proposto dalla Commissione europea, nel luglio scorso, dopo le decisioni del Consiglio di giugno. Si è aperta una discussione oggi – e questo è un punto cruciale – tra chi vuole un meccanismo di tipo intergovernativo, in cui ogni Stato può porre il veto alle decisioni relative alle sue banche nazionali, e chi, tra cui noi, l’Italia, chiede un meccanismo sovranazionale garantito da un backstop dotato di risorse europee. Il Governo si batterà perché vi sia un chiarimento politico che porti a confermare il calendario concordato al Consiglio europeo del dicembre scorso. La proposta di meccanismo unico di risoluzione dovrà essere adottato entro la fine di questo Parlamento europeo, non spostata ulteriormente in avanti. È inoltre importante che si eliminino gli ostacoli che ancora rimangono all’adozione delle altre proposte legislative. Lo stesso atteggiamento terremo riguardo all’esercizio di valutazione complessiva degli attivi bancari, cui tutte le banche europee della zona euro dovranno sottoporsi nel 2014 affinché la Banca centrale europea possa assumere i nuovi compiti come supervisore unico. Anche qui ricorderemo che occorre mettere in campo strumenti europei, non solo nazionali, per salvaguardare il mercato da inutili crisi di fiducia.
Vengo infine alla dimensione sociale dell’unione economica e monetaria.
Il Consiglio farà il primo passo giovedì e venerdì, un primo passo secondo noi molto importante, finalmente. Significa riconoscere l’impatto sociale della crisi a livello europeo su disoccupazione che cresce, povertà che cresce, disuguaglianze che crescono. Queste istanze non sono preoccupazioni di secondo rango rispetto ai target fiscali o alla competitività, vanno assolutamente di pari passo e vanno addirittura messe davanti. L’obiettivo, dunque, è introdurre un nuovo social scoreboard e una maggiore considerazione delle variabili sociali nelle analisi che basano le raccomandazioni rivolte a tutti gli Stati membri, e ciò già a partire dal prossimo ciclo del semestre europeo. Noi crediamo nella necessità di un approccio più equilibrato tra politiche economiche e politiche sociali del lavoro a livello europeo, siamo stati apripista quando abbiamo organizzato qui a Roma la riunione a giugno congiunta dei Ministri dell’economia e del lavoro, insieme, dei quattro grandi Paesi della zona dell’euro. La stessa formula è stata replicata dalla Presidenza russa del G20 di San Pietroburgo: mettere insieme Ministri dell’economia e delle finanze e Ministri del lavoro è la nuova strada con la quale costruire il cuore delle politiche economiche europee.”



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