Inseguire i voti: ecco la chiave per tentare di capire come finirà tra lealisti e alfaniani nella battaglia tutta interna al Pdl, dove è nata una nuova categoria ornitologica, il falcolomba (alias Cinzia Bonfrisco). Ovvero un ircocervo che “è una colomba per gli elettori”, ma un “superfalco” per difendere il leader.
Nella settimana caratterizzata dal varo della Legge di Stabilità, con alcune note di cronaca (Lampedusa su tutte) che hanno spostato l’attenzione dalla politica all’immigrazione, torna a farsi aspro lo scontro tutto intestino al Pdl: con a sfidarsi a singolar tenzone i lealisti capitanati da Raffaele Fitto (che ieri ad Agorà è tornato a battere i pugni sul tavolo) e gli alfaniani al governo, sempre più tentati da un’operazione di respiro “popolare”
La nuova pitonessa?
“Sono una lealista, ma con gli elettori”. La senatrice Cinzia Bonfrisco, neo iscritta alla categoria dei super falchi, sembra puntare alla casella (da sempre) occupata da Daniela Santanché. Le sue parole di lunedì contro il ministro delle Riforme Gaetano Quagliarello (“campione di tradimenti, dottor Stranamore del centrismo”) hanno avuto come immediata conseguenza la riapertura del fronte interno al Pdl. Con una voglia, forse mai sopita realmente, di spaccarsi entro l’anno. Bonfrisco ha militato in Forza Italia, prima della fusione nel Pdl, particolare che la annovera di diritto tra le berluscones della prima ora, al pari degli storici Giancarlo Galan, Mario Mantovani e Paolo Romani. Oggi confessa di temere molto il rischio neocentrista, per questo la decisione “va riportata nelle sedi deputate”.
Il ritornello
Eccolo il ritornello dei lealisti: discutere nei gruppi parlamentari, per azzerare le cariche e puntare a ri-contare qualcosa in più dentro il nuovo partito. Ma come, si chiede un senatore pugliese, era pronto il varo della nuova Forza Italia e adesso “ci stiamo incartando come il Piddì tra mille correnti e rivoli di sterili tatticismi?” E ancora: se Forza Italia dovesse essere come il Pdl allora che senso avrebbe? Ma è sulla decadenza di Silvio Berlusconi che si consumerà l’eventuale rottura, perché, è il ragionamento dei lealisti, non si potrà stare al governo con chi sceglie di eliminare “il nostro leader” della scena politica. Una vulgata che si ascolta nei capannelli di Montecitorio come se il voto di fiducia al governo Letta (espresso anche dal Pdl) non si fosse mai verificato. Segno che si è trattato di un fatto episodico che, giura più d’uno, non si ripeterà una seconda volta.
Legge di stabilità
Potrà dunque essere la legge di stabilità il pretesto per un’altra falla nel governo e nelle larghe intese? Fonti berlusconiane sostengono che le parti sociali da sempre vicine al Pdl sono tornate a chiedere con insistenza dei cambiamenti netti alla manovra appena presentata e attesa tra una settimana dalle Camere. Particolarmente attiva in questa fase è la Free Foundation del capogruppo pidiellino Renato Brunetta, che ha messo al lavoro esperti e tecnici sotto la propria personale supervisione per smontare pezzo per pezzo la legge e insinuare il dito lì dove la ferita scotta. Quindi non solo il caos dei nuovi balzelli che potrebbero costare più della vecchia Imu, ma soprattutto la ripresa, il nodo delle dismissioni, le liberalizzazioni e la spesa pubblica, su cui si apprende che non vi saranno cali.
Qui alfaniani
Il segretario del Pdl Angelino Alfano continua a ripetere di non voler coltivare disegni neocentristi, solo rappresentare un’alternativa seria e credibile alla sinistra. E pare che ieri il Cavaliere in persona abbia chiamato Quagliariello per solidarizzare con il ministro delle Riforme circa “gli attacchi brutali subiti dai falchi”.
Qui lealisti
Accusano gli alfaniani di essere “l’ala veramente estrema nel partito, in quanto chiedono apertamente di epurare i cosiddetti falchi”. E invitano a guardare con attenzione a quanti voti potenzialmente hanno nelle singole regioni i cinque ministri al governo. Perché, al netto di dichiarazioni, attacchi e smentite e in attesa dell’ufficio di Presidenza pidiellino che in molti davano certo per oggi, il nodo vero non è solo tra chi è al governo e chi vorrebbe essere (di più) nel partito, ma “un establishment che oggi non c’è più”. E andrà ricostruito “da chi saprà tirar su le truppe”.
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