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Sì l’Europa è come un Usain Bolt. Infortunato

La crisi finanziaria avrebbe dovuto colpire nella stessa misura gli Stati Uniti e la zona euro, considerando che si tratta di due economie di dimensioni simili, con un analogo livello di diversità al loro interno e un analogo incremento medio dei prezzi delle case negli anni che hanno preceduto lo scoppio della bolla… In effetti l’andamento dell’economia statunitense è stato molto simile a quello dell’Eurozona dall’inizio della crisi: il Pil pro capite oggi è ancora circa il 2% sotto Il livello del 2007 su entrambe le sponde dell’Atlantico. Anche il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti e nella zona euro è cresciuto nella stessa misura (3 punti percentuali).
 
Sì, in Europa ci sono alcuni Paesi impantanati nella recessione, ma anche gli Stati Uniti hanno le loro aree depresse: Irlanda e Spagna corrispondono a Nevada e California (e la Grecia corrisponde a Portorico). Il confronto corretto va fatto sulla media delle due economie-continente, entrambe caratterizzate da una forte diversità interna. Queste similitudini di performance economica sono sorprendenti, considerando la diversità di approccio adottata da Stati Uniti e zona euro per quanto riguarda le politiche economiche.
 
Utile quest’articolo di Gros, sul Sole 24 Ore, perché alza l’asticella del mio modo di comprendere la crisi e richiede qualche riflessione in più, e anche di rinfrescare il cervello, andandosi a cercare nuovi dati (fonte Eurostat, PIL pro-capite e prezzi costanti in parità di potere d’acquisto).
Primo fatto. E’ vero, l’area degli Stati Uniti e l’area dell’euro sono all’incirca 2% sotto rispetto a dove dove erano nel 2007 al picco dell’espansione, prima della crisi. L’Unione europea a 27 è un po’ meno giù, ma di poco.
Secondo fatto. La dispersione all’interno dell’area dell’euro è impressionante. La Germania è a un +3,5% rispetto al 2007, il Portogallo a -3,5, la Spagna a -5, l’Italia a -6,6 e la Grecia a -14%.
Terzo fatto. E’ vero che negli Stati Uniti le variazioni tra stati ci sono e sono a volte ancora più ampie: si va dal -11% della Florida al +23% del North Dakota, sempre 2011 rispetto al 2007.
 
E ora interpretiamo.
Gli Stati Uniti hanno una variabilità del reddito pro-capite così accentuata non perché, come l’area europea, adottano politiche economiche diverse tra Stati, ma perché sono caratterizzati da maggiore mobilità della popolazione e maggiore concentrazione geografica delle industrie (l’effetto Silicon Valley) che, se colpite da uno shock specifico a quel settore, tendono ad amplificare l’impatto sul singolo Stato. Per dirla in un altro modo, Obama da Washington non detta politiche fiscali diverse (austere) ad alcuni Stati e non ad altri, anzi il bilancio di Washington è fatto in maniera tale da attenuare immediatamente le differenze tra Stati, appena sorgono, con appropriati trasferimenti.
 
L’impatto della politica moderatamente espansiva obamiana – secondo alcuni, come Krugman, decisamente troppo poco espansiva e troppo poco basata su aumenti di acquisti di beni e servizi e piuttosto su trasferimenti 1) agli Stati che hanno ripagato il loro debito invece di spendere i finanziamenti ricevuti e 2) alle banche per ricapitalizzarsi – è dunque un mediocre -2%, che non mette però a repentaglio l’Unione Usa perché non è stata basata su politiche diverse per alcuni stati rispetto agli altri.
L’impatto della politica moderatamente restrittiva europea, è invece stato volontariamente e drammaticamente restrittivo in alcuni paesi e molto meno in altri.
Mentre si può dunque discutere se negli Usa la politica economica federale sia stata o no sufficientemente espansiva, in Europa sappiamo per certo che la politica economica imposta ad alcuni Paesi è stata molto restrittiva, e questo è quello che mette a repentaglio la costruzione europea, un legame diretto tra politica economica e recessione (che non esiste nella percezione di nessun cittadino di qualsiasi stato degli Stati Uniti) che si tramuta in insoddisfazione civica e politica sull’appartenenza all’Unione Europea.
 
Resta ovviamente il puzzle del perché, a parità di shock 2007 tra area euro e area Usa, e con una domanda aggregata leggermente più vibrante negli Usa, questi stiano crescendo quanto l’area dell’euro nel suo complesso. La mia spiegazione è semplice: l’Europa in questo momento ha una crescita di lungo periodo maggiore di quella statunitense ma la sua stupida politica ciclica nasconde questo vantaggio.
E’ come se lasciassimo Usain Bolt correre con un infortunio e arrivare a pari merito con Blake. Sappiamo che in condizioni normali Bolt è superiore, ma in queste condizioni non si vede. L’analogia finisce qui, perché Usain Bolt non sarebbe così masochista da infortunarsi da solo, l’Europa sì. Anzi, a spingerla ancora un po’ l’analogia, sarebbe come se Bolt decidesse, invece di curarsi, di correre malgrado l’infortunio, rischiando di farsi ancora più male e magari di perdere per sempre l’abilità di correre. E qui il paragone con l’euro si fa così ovvio che non mi va nemmeno di spiegarvelo.
 
Articolo apparso su Italia Oggi


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