Racconti di creatività, coraggio, intraprendenza, lungimiranza. Che denunciano la presenza invasiva dello Stato nel costo del lavoro a fronte degli stipendi più bassi in Europa, di un fisco e una burocrazia soffocanti.
È stata la nota che ha accompagnato le storie degli imprenditori aderenti al progetto di Matteo Renzi e presenti nella giornata centrale di “Leopolda 2013” in corso a Firenze. Un tema da sempre al centro dell’attenzione dell’aspirante leader del Partito democratico, intenzionato a “fare la guerra alla povertà e non a combattere né demonizzare la ricchezza”. Così sul palco si alternano gli interventi di industriali e manager che rivendicano con orgoglio il gusto delle sfide.
Le voci del mercato automobilistico, della moda, dell’ottica
A partire da Gian Paolo Dallara, ingegnere e creatore dell’omonima casa automobilistica che ha preso parte per molte stagioni alla Formula 1: “L’Italia ha bisogno di riforme a costo zero come il superamento della giungla di autorizzazioni e licenze da parte di tante autorità per promuovere un’impresa. E che rendono le aziende prigioniere della paura di crescere e reinvestire i profitti in nuove attività produttive”. Un invito a non farsi prevaricare dalla paura arriva da Brunello Cucinelli, stilista di abbigliamento in cashmere: “È germogliato un seme di bella politica, di riscoperta della spiritualità e ritorno alla verità dell’essere umano, come ricordato dal messaggero di speranza Papa Francesco. Ma bisogna aprirsi alla tolleranza, alla lotta contro la povertà, al rispetto socratico per le istituzioni”.
Fiducioso nelle “prospettive che si aprono nel pianeta con una platea di oltre 3 miliardi di consumatori e con potenzialità tecnologiche e di conoscenza senza paragoni” è Andrea Guerra, amministratore delegato di Luxottica. Gigante fondato da un operaio che ha creato in azienda un Welfare integrativo con turni e ritmi di lavoro calibrati sulle esigenze dei lavoratori, e con strumenti formativi in sinergia con atenei prestigiosi a favore dei loro figli. Rivendicando alle imprese italiane “una proiezione internazionale libera da protezioni di Stato che ha sempre elargito tanto a pochi gruppi”, Guerra ritiene che l’iniziativa di Renzi abbia messo in moto un’intelligenza collettiva capace di rendere i veri imprenditori guida morale e civile del paese.
Il ritorno di Davide Serra
Ma la kermesse fiorentina registra il ritorno sulla scena pubblica di Davide Serra, fondatore e CEO del fondo di investimento Algebris che tante polemiche aveva provocato per la cena organizzata un anno fa a Milano tra il sindaco ed esponenti della finanza più dinamica e spregiudicata. Accolto con entusiasmo, il finanziere si è scagliato “contro una generazione di privilegiati, garantiti da politici e sindacati, che ha riversato su figli e nipoti il costo del debito pubblico realizzato per accrescere e consolidare consenso. Un ceto che ha favorito l’assunzione abnorme dei cittadini nella Pubblica amministrazione e una relazione preferenziale e protezionista con capitalisti chiusi nei monopoli nazionali”. Come il “board di gerontocrati che ha governato per decenni il Corriere della Sera provocando perdite per 500mila euro, e che ha avuto il coraggio di licenziare Vittorio Colao, creatore in Vodafone di un valore aggiuntivo per 80-90 miliardi di euro”. Ai suoi occhi, paradigma di tale ingiustizia sono gli assegni previdenziali di 3.000 euro mensili del tutto sganciati dai contributi versati: “Con il metodo contributivo i suoi beneficiari avrebbero dovuto erogare 1 milione invece dei 300mila euro spesi. Risorse sottratte ai non protetti che andranno in pensione tardi e male”.
La provocazione di Oscar Farinetti
Simbolo della mentalità ottimista incarnata da Renzi resta Oscar Farinetti, il creatore di Eataly che ha scelto di accogliere la manifestazione del 31 ottobre “No Porcellum Day” e aderire – per un giorno – allo sciopero della fame promosso da Roberto Giachetti per archiviare la legge elettorale in vigore. Presentato dal primo cittadino di Firenze come “persona che è andata oltre la percezione dell’inutilità della politica, con la follia apparente di non arrendersi e scommettere in Italia sulla qualità e all’estero sull’Italia”, l’imprenditore propone una ricetta semplice e disarmante. Nel mondo, spiega, ci siamo complicati la vita perché siamo 7 miliardi, divisi tra poveri, in crescita e molto ricchi. Un’ingiustizia provocata non dalla scarsa capacità produttiva di cibo, automobili, vestiti necessari per vivere. Bensì dalla loro iniqua distribuzione. Con il paradosso di una Borsa che ha toccato il punto più alto negli ultimi 5 anni e di un tasso di povertà che raggiunge 5 milioni di persone: “Una follia rispetto a paesi come la Finlandia in cui una più giusta ripartizione delle ricchezze fa funzionare meglio le cose”. Davanti a tale squilibrio, rimarca il creatore di Eataly, il nostro paese ha reagito in forma corporativa: 890mila persone lavorano e ruotano attorno a sigle organizzative e acronimi. Universo che ha provocato nella politica un’attenzione ossessiva verso le regole, alimentando anche lì una torsione analoga e consolidando una casta di privilegiati: “Che non offrono il buon esempio”.
La differenza non è dunque nelle regole, bensì nella coscienza delle persone. L’imprenditore pensa al gesto di Helmut Kohl che per un finanziamento illecito ha posto fine a una storia di statista mondiale. E ritiene più facile lavorare sulle coscienze da parte dei “missionari della politica”: “Perché agire sulle norme, che in Italia andrebbero tolte e disboscate, sarebbero necessari 15 anni”. Grazie al nostro giacimento di risorse creative, storico-artistiche, turistiche, ambientali, agro-alimentari – è la sua convinzione – con il buon esempio è possibile far cambiare la testa agli italiani in 6 mesi: “e trasmettere la consapevolezza che comportarsi bene è un piacere più che un dovere”. È ciò che a suo giudizio Renzi dovrà fare se eletto leader del Pd, non cedendo alla tendenza di “fare cupola”. Per spiegare meglio l’idea Farinetti avanza una sfida alla platea fiorentina: “Se vincerà Matteo dovrà fare come Nelson Mandela con il suo ex rivale Frederik de Klerk, e nominare vice-segretario Gianni Cuperlo, intellettuale in grado di organizzare e riempire di contenuti una forza politica. Sarebbe un gesto favoloso verso chi dentro e fuori il Pd serba e alimenta scetticismo, ostilità, rancore verso il sindaco”. L’unico, puntualizza l’imprenditore agro-alimentare, a creare davvero paura nel centro-destra, anche con il Porcellum”.