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Boldrin e Guzzanti, una baruffa davvero liberale

Un percorso di aggregazione per creare una Confederazione liberale in vista del voto europeo della primavera 2014. È il progetto promosso da Fermare il declino, Partito liberale, Liberali italiani, Partito federalista europeo, Uniti verso Nord, Progett’azione per “rappresentare i ceti economico-sociali più creativi, dinamici e produttivi, emarginati e soffocati dal peso intollerante del fisco e della burocrazia”. L’ennesimo tentativo di costruire l’attore politico “alternativo al conservatorismo di PD e PDL e al populismo dei Cinque Stelle” in grado di realizzare quella riforma liberale attesa da almeno trent’anni e fondata sul trinomio riduzione della spesa pubblica-abbattimento del debito-taglio delle tasse. Ma che rischia di far deflagrare in modo traumatico il PLI.

La scelta di De Luca

A decidere di traghettare il Partito liberale, erede della formazione di Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Giovanni Malagodi e Mario Pannunzio, verso la costituzione di un gruppo unitario capace di oltrepassare il rigido sbarramento del 4 per cento previsto per l’Assemblea di Strasburgo, è stato il segretario Stefano De Luca, animato dal desiderio di porre fine alla “sindrome da torre d’avorio” che ha contraddistinto il PLI negli anni della seconda Repubblica. Una trincea di indipendenza ed equidistanza rispetto ai poli e alle formazioni principali, che ne ha provocato l’estromissione dalle assemblee parlamentari confinandolo al ruolo di pura testimonianza.

La reazione di Guzzanti

La scelta ha suscitato il dissenso di una parte minoritaria del partito rappresentata dal presidente del Consiglio nazionale Paolo Guzzanti, rientrato nel Pli dopo le traversie nel centro-destra e il tracollo di Scelta civica. Il giornalista, che è direttore del Web magazine Rivoluzione Liberale, ne critica radicalmente il metodo e il merito. Come spiega nell’editoriale dal titolo “Ecco s’avanza una strana alleanza…”, il percorso di confederazione rappresenta “il preludio di una fusione tra il PLI e Fare per fermare il declino e la nascita di un misterioso ircocervo geneticamente modificato e non liberale”. Un’operazione, scrive la firma del Giornale, che avrebbe meritato un ampio e ragionato confronto negli organi ufficiali del Partito liberale. “Ma la dirigenza ha impresso una singolare accelerazione al progetto su precisa richiesta di Michele Boldrin, che ha prevalso sulle regole di una forza non autocratica”.

Lo scontro a Montecitorio

Fortemente intenzionato a rendere pubbliche le proprie ragioni, Guzzanti si è presentato giovedì 24 alla conferenza di presentazione dell’iniziativa nella Sala stampa della Camera dei deputati. Al termine degli interventi e davanti a una platea di oltre 50 persone, il giornalista si è avvicinato al microfono criticando la fretta eccessiva con cui i vertici del PLI avevano accolto l’operazione ed esortando a nutrire il progetto di “idee dirompenti in grado di creare notizia e scandalo”. Argomentazioni che hanno provocato la stizzita reazione del numero uno di Fare, il quale ha invitato l’editorialista a terminare in 3 minuti. Sdegnata la risposta dell’ex presidente della Commissione Mitrokhin soprattutto nei confronti di De Luca che assisteva con imbarazzato silenzio alla scena: “Sono stato trattato dal signor Boldrin come un fastidioso intruso e non ho udito una parola del Segretario a sostegno del Presidente del Consiglio nazionale del suo partito, messo a tacere brutalmente. Noto un atteggiamento sgradevolmente padronale dei nuovi alleati nei nostri confronti, che va oltre un’occasionale scortesia ai limiti dell’insulto”.

Fermenti di inquietudine nella galassia liberale

La reazione di Guzzanti, persuaso che “il valore politico dell’accordo inizi e finisca con il cartello comune per le elezioni europee, un fidanzamento d’interesse presentato con fasti matrimoniali”, appare analoga ai segni di rivolta che negli stessi giorni hanno investito Fermare il declino. Provocata in buona parte dei militanti e aderenti, e in dirigenti come l’ex coordinatrice nazionale Silvia Enrico, dalla scelta di Boldrin di promuovere un’interlocuzione politica con Corrado Passera. Fautore di una strategia industriale che vede con favore la salvaguardia dell’italianità delle aziende e il primato della politica nella scelta degli investitori per “i beni economici comuni, poiché il mercato non può risolvere tutto con i propri mezzi”. E supporter di un forte ruolo di Cassa depositi e prestiti nel governo strategico della rete fissa di accesso alle telecomunicazioni. Visione agli antipodi, in teoria, a quella radicalmente liberale di Fare. Anche il microcosmo liberale, dunque, è percorso da un’inquietudine che potrebbe sfociare in clamorose lacerazioni. È vero per la creatura fondata un anno fa da Oscar Giannino così come per l’antico e glorioso PLI, la cui Direzione nazionale di martedì pomeriggio si preannuncia burrascosa.



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