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Perché l’Economist vota di nuovo Obama

Quattro anni dopo, l´Economist continua a sostenere Barack Obama perché “una volta rieletto potrà imparare dai suoi errori”, perchè “ha risollevato l´economia americana, vicina al disastro”, e “perchè ha avuto una condotta decente in politica estera”.
Il settimanale spiega nell´editoriale del numero in uscita oggi i motivi del secondo endorsement al presidente e definisce lo sfidante Mitt Romney “non adatto all´incarico”. L´entusiasmo, comunque, non sembra lo stesso di quattro anno fa: “L´America può fare meglio di Barack Obama” è il sottotitolo.
 
Dopo una campagna “miseramente negativa”, per la testata londinese gli americani hanno davanti una decisione molto più difficile di quella del 2008. In economia, si legge, “l´argomento più convincente a favore del presidente è quello di aver fermato tutto prima che la situazione peggiorasse definitivamente”. Tra le note positive della presidenza Obama si citano il salvataggio di General Motors e Chrysler e gli aiuti alle banche che hanno scongiurato una grave depressione economica.
 
Altri due i punti di forza dei suoi quattro anni: la riforma sanitaria e la politica estera, con riferimento al ritiro pianificato da Iraq e Afghanistan, ai successi nella lotta al terrorismo e alle nuove strategie che grazie ai droni hanno limitato interventi diretti sul campo e perdite militari.
Poco sarebbe stato fatto invece sul fronte del contenimento della spesa federale: “L´America non può continuare a tassare i cittadini con logiche da small government e spendere come un big government”.
 
L´Economist voterebbe per Romney, si ammette, se fosse lo stesso Romney governatore moderato del Massachusetts. “Ci sono troppi Romney che hanno preso troppi impegni elettorali in questioni spinose”, spesso con una retorica aggressiva, come per le accuse a Cina e Iran. In ambito economico, si prevede che il piano fiscale di Romney, con l´incremento delle spese per la difesa e “i tagli ai ricchi”, farebbe esplodere il deficit oltre il tetto dei sette miliardi in 10 anni. Né convincono i tagli alla spesa federale che colpirebbero le fasce più svantaggiate.
 
Anche sulle “social issues”, l´Economist si dice preoccupato dalle posizioni prese dal candidato repubblicano in materia di diritti civili, aborto e immigrati. Per questo, conclude, usando un´espressione tipica, “il giornale preferisce stare dalla parte del diavolo che conosce” e spera nella riconferma di Barack Obama.
 
 


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