Ormai, politica, soldi e calcio vanno a braccetto. Un legame sempre più stretto, soprattutto, quando si parla di banche. Il caso di MPS, praticamente affossata dal nuovo taglio sul rating da parte di Moody´s, ci permette di fare una serie di riflessioni anche in ambito calcistico, con impatto diretto sul tema del mantenimento dei posti di lavoro (si parla di 4.600 esuberi o esternalizzati, ma alla fine il concetto è lo stesso).
Ma in tutto questo, visto che parliamo di bilanci e di finanza applicata, cosa c´entra il calcio? Eccome se c´entra il pallone, credetemi.
MPS è, con un investimento stimato in 10 milioni di euro, sponsor annuale dell´A.c. Siena in serie A, è fortemente presente all´interno della compagine societaria e investe da tempo cifre similari, se non superiori, nel basket (anche se almeno qui può vantare titoli nazionali a ripetizione). Di fronte a 1,73 miliardi di euro di deficit di capitale (1,441 mld dopo la cessione Biverbanca) è chiaro che 20/30 milioni di euro, su base stagionale, investiti nello sport senese (la banca toscana supporta molte altre strutture sportive locali a livello dilettantistico e professionistico) sono una goccia di acqua nel mare, ma potrebbero servire a salvare una serie di posti di lavoro, che, altrimenti, vista la situazione, verranno sacrificati sull´altare della ristrutturazione aziendale. E´ tempo, quindi, che MPS inizi a ragionare su una “uscita” dallo sport, perchè i tempi non consentono ulteriormente di procrastinare questa “scelta obbligata” e poi si tratta anche di dare un segnale forte: se la banca senese è in crisi non si può continuare a investire nelle sponsorizzazioni sportive, che, da sempre, tecnicamente, sono strumenti di comunicazione utilizzati nei momenti di “vacche grasse”.
E´ una questione di stile che dovrebbe essere dimostrata, in tempi brevi, da parte proprio del management della storica banca senese. Non si può ulteriormente chiedere sacrifici ai propri dipendenti e poi, con la stessa mano, staccare assegni per pubblicità tabellare sulla maglia dei bianconeri o per la cartellonistica allo stadio. Se si è in crisi, come certifica da ieri anche Moody´s, allora bisogna mettere in pratica (e non a parole) una vera e propria “spending review”. Perché anche lo stile è un valore, anche se non economico.