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L’Europa oltre i ‘robot’

Come ha scritto Vivianne Forrestier in un suo saggio postumo, “si devono sfidare tutti gli argomenti, primo fra tutti l’inganno”.

Il mio saggio “Il governo dei robot”, che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista Mondoperaio, ripercorre la storia recente, proponendo una chiave di lettura per immaginare l’Europa nella nuova “costellazione sistemica” mondiale. In anteprima, se ne possono leggere le bozze.

L’Europa è diventata un “potere negativo”. Il tasso di impopolarità raggiunto nelle varie opinioni pubbliche nazionali lo testimonia. Eppure, nel mondo c’è molta voglia di Europa.

Non riconoscere che per motivi sbagliati si è compiuto il genocidio dell’europeismo e che se ne possono identificare le cause e i momenti precisi, impedirà di salvare l’Europa. Il “sogno europeo” è stato improvvisamente infranto nel 1997. Infatti, dall’adozione del regolamento 1466/97 l’Europa non è più la stessa rispetto a quella dei Trattati. Le indecisioni dei socialisti europei impedirono la realizzazione del piano Delors, aprendo la via alla trasformazione tecnocratica dell’Europa. Da allora, anche gli europeisti contribuiscono alla frammentazione che potrebbe portare alla regressione del processo di integrazione europea. La situazione venutasi a creare dal 1 gennaio 1999 è di “eccezione” dei sistemi costituzionali negli Stati aderenti all’euro.

L’alternativa tra rilancio o regressione dell’integrazione europea è reale. Mentre il futuro europeo si gioca tra Londra e Berlino, il sillogismo europeista non è la soluzione corretta. Proprio l’Italia potrebbe offrire un assist alla Germania in cambio di un negoziato più politico sulle “gabbie” contrattualistiche legate all’euro.

Siamo nel pieno di un ciclo capitalistico che vede lo spostamento dell’asse verso l’ultrapopolato Oriente. Oggi stanno mutando i rapporti di forza tra i poteri politico-economici che detenevano le “chiavi d’accesso” al piano superiore del sistema capitalistico. Con la “società liquida” anche il pensiero politico è diventato “liquido”, cioè sempre più omogeneizzato e omologato all’assorbimento passivo di un dato contesto.

Ma non tutti in Europa si sono rassegnati a questo stato di cose. Non tutti sono stati ‘omologati’. Bollare come ‘populisti’ e ‘anti’Europa’ i tanti movimenti politici e della società civile che si oppongono a questa Europa tecnocratica è un grave errore. I populisti e gli anti-Europa, insieme ai neo nazionalismi di estrema destra e di estrema sinistra, crescono proprio perché é negato un vero dibattito democratico e aperto sull’Europa che c’è e sul suo futuro. Le tendenze elettorali in Francia (il FN al 24% e primo partito), in Norvegia, nella Repubblica Ceca, in Grecia, in Belgio, ma anche in Germania, Italia e Regno Unito, sono il risultato diretto delle ‘politiche di austerità democratica’ prima ancora che economica.

Finanche il noto centro studi Bruegel a Bruxelles, che fu creato e diretto da Mario Monti, ha pubblicato un bel saggio di Ashoka Mody che propone di rilanciare l’Europa dal pensiero di Schuman adottando una serie di misure sociali e di decentralizzazione del potere europeo. Insomma, non solo il ‘Fiscal Compact’ ma molti ‘Schuman Compact’.

Economisti, sociologi, giuristi di fama hanno firmato appelli e creato iniziative per promuovere ‘solidarietà’, ‘sviluppo’, ‘integrazione’. A tal proposito si segnalano:

Lettera aperta di economisti europei alle soglie della costituzione dell’Unione Monetaria (1997)

European Solidarity Manifesto

Préserver l’union européenne: le rôle de la France



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