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Bussola per ritrovare l’identità dell’Occidente

Ieri si è svolta alla Camera dei Deputati una Conferenza Internazionale organizzata dall’Ipalmo sul tema dell’identità dell’Occidente. I prestigiosi relatori, espressione dei più rilevanti Paesi del mondo, hanno aperto un dibattito veramente interessante, muovendo da un documento che l’istituto ha offerto come traccia sotto la guida attenta, sapiente ed esperta di Gianni De Michelis.

Tralasciando i termini della discussione, evidentemente non riassumibili nel breve intervallo di un articolo, è quanto mai urgente aprire una riflessione critica sulle parti decisive e soprattutto sulle conclusioni cui conduce il paper di presentazione. La linea che è indicata, infatti, si basa su due momenti essenziali che concorrono a fornire una definizione dell’identità dell’Occidente: il primo riguarda la storia. Non a caso la parola “occidente” significa, al contempo, un’area geopolitica e un concetto storiografico che difficilmente può trovare una seria definizione al di fuori della successione temporale dei rapporti tra le popolazioni di Europa e Stati Uniti nel quadro del comune orizzonte giuridico aperto dal diritto romano. La seconda, invece, rinvia a una dimensione progettuale e prospettica che guardi al futuro e sia in grado di dipingere lo scenario atlantico, nel panorama delle nuove relazioni globali.

Due punti paiono condensare entrambe le esigenze. Da un lato prendere atto della rifondazione moderna della categoria di Occidente, dall’altro mettere in risalto le potenzialità che, in un contesto profondamente mutato, possono divenire ingredienti propizi per il recupero di un ruolo d’influenza dei Paesi atlantico-mediterranei: verso Ovest, verso Est e, soprattutto, adesso verso Sud. Il documento osserva come la potenza della politica occidentale abbia avuto il suo apogeo nel periodo storico che va dal XVI secolo fino alla fine della Guerra Fredda, mentre il suo depotenziamento si rivela in tutta la sua incisività in questi primi due decenni del XXI. Come ha osservato De Michelis il nuovo equilibrio, creatosi con la fine della spaccatura Est-Ovest e con la caduta del Comintern, è andato di pari passo alla determinazione di uno sfondo “multipolare”, nel quale l’egemonia degli Stati Uniti ha perduto la sua funzione di guida assoluta. Social network, primavera araba e crescita demografico-politica dei paesi asiatici hanno fatto il resto. “Il concetto di Occidente – così si legge nell’epilogo – nato tra il XVII e il XIX secolo, e la cosiddetta identità dell’Occidente, vanno rivisti, così come l’Occidente stesso richiede nuove strategie per far fronte alle sfide attuali e future, che derivano proprio dal cambio di questo paradigma”.

Alcune osservazioni, a questo riguardo, paiono d’obbligo. In primo luogo, è importante aggiungere che noi ci siamo abituati all’idea di un Occidente atlantico di tipo moderno, basato sull’asse Europa-Stati Uniti, ma che non è in tale assetto che possiamo trovare l’identità iniziale e permanete dell’Occidente. Il rapporto atlantico è e resta un punto strategico da rafforzare e da ripensare, ma, a ben vedere, non fornisce una definizione che spieghi quale sia la matrice fondativa dell’Occidente. La vera identità di questa nostra area politica è, infatti, ben anteriore alla scoperta delle Americhe, e si basa in realtà su una distinzione culturale e linguistica interna alla cristianità, avvenuta nel corso del I millennio e ultimata in modo simbolico con il Grande Scisma di Oriente del 1054, quando il Patriarcato orientale si è slegato definitivamente da Roma. L’evento principale di questa esclusività è la cosiddetta “translatio imperii”, ossia allo spostamento a Costantinopoli della sede imperiale e la connessa “solitudine”, poi risultata proficua e produttiva, della Chiesa di Roma. Mondo latino e mondo greco sono divenuti due aree culturali e politiche separate, anche se entrambe cristiane, l’una qualificata dalla riduzione del momento religioso a quello politico, l’Oriente, e l’altro di quello politico al momento religioso, l’Occidente. E’ ben diverso, difatti, avere una Chiesa sovrana o avere un Impero sovrano. Nel primo caso il momento spirituale precede e rende possibile quello politico. Nel secondo è la dimensione politica che ordina e genera l’unità religiosa.

Ecco l’identità vera dell’Occidente, concepita attorno a tre fattori oggi più che mai di valore nel multipolarismo globale. Il Mediterraneo come centro, la latinità come area linguistica e soprattutto una concezione della vita in cui la trascendenza religiosa garantisce prima e rende possibile poi, al di sopra della politica, una visione della vita ordinata e libera. E’ da questo primato del non politico sul politico che è discesa la ben precisa valorizzazione dei diritti umani che ci caratterizza come Occidente, poi trasformatisi, dopo la Pace di Wesfalia, in diritti civili, liberali, plurali e democratici, in contrapposizione appunto al mondo orientale, che ha trovato con l’Islam un’efficace e risolutiva modalità unitaria di realizzare l’indissociabile e costante identità di politica e religione.

Recuperare l’identità dell’Occidente è impossibile, insomma, senza il rinvenimento culturale della forza dell’Europa come motore atlantico, ma anche senza un’espansione verso Est e Sud dei diritti pre politici di difesa della democrazia reale, sulle nuove forme, più o meno assolutiste, di totalitarismo e di egemonia comunitaria. Per ritrovare l’identità dell’Occidente, l’Occidente stesso deve, però, superare la degenerazione relativista e individualista del suo modello di vita, esploso con la crisi interconfessionale moderna dell’umanesimo cristiano e con quella economica del sistema bancario, proponendo coraggiosamente il valore pre politico della persona contro la degenerazione espansiva di democrazie disumane e di tirannidi asiatiche che affogano gli individui in società chiude e omogenee.

Si comprende bene, come si diceva, che l’Africa, in questo scenario, è molto più di un nuovo Continente o di un nuovo mercato aperto alle conquiste del Nord del pianeta. E’ un bacino che sotto il Mediterraneo attende di lasciarsi sedurre o da un Occidente consapevole della priorità universale dei diritti umani sugli interessi politici ed economici, oppure di essere assimilato, secondo i casi, dalla potenza tirannica dell’islamismo orientale o dall’inarrestabile macchina culturale ed economica di Cina e India.

 



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