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Il Fatto Quotidiano smonta il piano anti euro di Grillo

“Il primo ad attaccare l’Europa in tutte le sue declinazioni, soprattutto la moneta unica, l’ultimo a formulare una linea precisa”. Il Fatto Quotidiano smonta così il piano anti euro di Beppe Grillo, poche ore dopo il VDay e in vista di una tornata elettorale per le europee quantomai complicata: non solo per il proliferare in tutti gli Stati membri di movimenti (più o meno) contrari alla moneta unica, quanto anche per le ricette anti euro che in molti iniziano (frettolosamente?) a proporre. Per non rischiare di restare indietro rispetto al malcontento popolare nei confronti della moneta continentale, che giocherà un ruolo decisivo a urne chiuse.

RAPPORTO CONTROVERSO
Il dato che spicca, giornalisticamente ma anche e soprattutto politicamente, è il controverso, anche se spesse volte intrecciato, rapporto del Fatto Quotidiano con il M5S: a metà strada tra una simbiosi prossima all’organicità su giustizia e anti casta (quindi il core business di Marco Travaglio) e gli articoli di politica economica (coordinati da Stefano Feltri) ben poco grillini. Con in mezzo le intermittenti convergenze, sempre più rare da qualche mese a questa parte: come se il quotidiano diretto da Antonio Padellaro abbia scoperto in un colpo solo tutte le défaillance di Grillo e grillini.

EURO A 5 STELLE
In una lunga analisi firmata oggi da Stefano Feltri, già al Foglio e al Riformista, e ora responsabile economia del Fatto, si osserva che mentre “i deputati grillini tenevano seminari e discutevano, sono stati scavalcati da quasi tutti gli altri partiti. Perché a sei mesi dalle elezioni europee di primavera, tutte le principali forze politiche sono diventate euroscettiche. Con sfumature diverse di ostilità verso Bruxelles e diversi tassi di demagogia”. Ecco il punto. Gli altri hanno messo la freccia e stanno sorpassando i pentestellati che gigioneggiano sul ritornello anti casta, sugli insulti al Presidente della Repubblica, su lunghissime discussioni sul blog del comico genovese, ma poi perdono la golden share dell’anti europeismo. Anzi, il loro ha sempre più il sapore solo di slogan.

IL CASO DEL REFERENDUM
Vogliamo un referendum per rimanere dentro o fuori dell’euro, perché siamo stati truffati, quando ci hanno messo dentro ci siamo ritrovati a competere in un mercato schizofrenico, ha detto Beppe Grillo dal palco di Genova. Sembra una posizione neutra, accusa Feltri, ma “in realtà la proposta del referendum si fonda sul retropensiero che, quando avranno la possibilità di esprimersi, bocceranno la moneta unica. L’articolo 75 della Costituzione vieta i referendum sulla ratifica di trattati internazionali (e l’euro è nei trattati) e sulle “leggi tributarie e di bilancio” (e anche questo potrebbe essere un vincolo difficile da superare). Ma se il referendum è il messaggio semplice, anche se poco praticabile, Grillo ha anche idee più politiche: un’alleanza tra i Paesi mediterranei per chiedere una svalutazione del 20 per cento dell’euro (non lo specifica, ma si immagina rispetto al dollaro)”.

PROPOSTA BISLACCA
In questi termini la definisce Feltri, anche se rientra all’interno dei poteri del Consiglio europeo, quindi dei governi nazionali, che potrebbero (se lo volessero) chiedere esplicitamente alla Bce quindi a Mario Draghi di agire in quella direzione. Ma a questo punto è sempre più chiara una netta presa di distanze del Fatto da colui che era stato accostato, da più parti, proprio al quotidiano di via Valadier. 

 

 



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