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Le linee guida delle lobby

La fondazione SunLight è tra le più attive sul tema della trasparenza, del buon governo e del lobbying. Vi direte: che bisogno ha di interessarsi di questo argomento? In effetti, é vero che opera nel sistema a più alto “tasso di trasparenza” delle attività lobbistiche – gli Stati Uniti. è vero anche che, da una parte, non mancano le lacune nemmeno laggiù. Anzi, abbondano. Dall’altra parte, è sempre irresistibile la tentazione negli americani di dettare l’agenda per sé e per tutti gli altri. Una deformazione professionale figlia del primato economico mondiale.

Ecco allora le linee guida sul lobbying (Qui un post illustrativo). L’idea è quella di creare un documento condiviso tra tutte le democrazie occidentali (e non solo) per dare un nucleo di regole organiche a chi esercita la professione di lobbista, ma anche a chi è destinatario delle pressioni lobbistiche, e cioè le istituzioni. Il documento è online (Qui) e consente a tutti di intervenire per modificare o aggiungere idee e opinioni. Una sorta di crowdsourcing di idee che dovrebbe portare alla elaborazione delle linee guida definitive. Che cioè servirebbero da punto di partenza per le leggi da approvare nei vari Paesi.

Ma cosa dicono queste linee guida? Vediamole rapidamente. La prima cosa è definire il lobbista. La SunLight si spiega così:

The term ‘‘lobbyist’’ should refer to any individual who, as a part of his or her employment or for other compensation, engages in more than one lobbying contact (oral and written communication, including electronic communication) with an elected official, his or her staff, or high ranking government employee who exercises public power or public authority, for the purpose of influencing the formulation, modification, adoption, or administration of legislation, rules, spending decisions, or any other government program, policy, or position.

Si tratta quindi di trovare una definizione che sia una via di mezzo tra la scelta australiana (troppo settoriale e restrittiva – guarda Qui) e quella neozelandese che, al contrario, è troppo generica.

Dopo la definizione di lobbista viene il dovere di registrazione delle attività lobbistiche. Che evidentemente deve essere obbligatorio per tutti e dettagliato nelle informazioni (c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di sostenere che la registrazione può essere facoltativa? Come no. Da noi in Italia gode anche di ottima compagnia). Le linee guida dicono che:

All lobbyists and organizations that lobby (whether by employing in-house or outside lobbyists) should be required to register and report on their activities in a timely manner. All disclosed lobbying information should be made publicly available.

Dicevamo delle informazioni dettagliate. Il minimo sindacale indicato dalla Fondazione comprende il nome del datore di lavoro, la quantificazione economica dell’incarico, gli obiettivi dell’incarico e l’agenda di contatti con cui si prevede di interloquire per fare pressione. Questo nel momento in cui si inizia l’attività. Nel report conclusivo si indicherà in particolare quanto si è speso e con chi si è parlato.

Inutile dire, poi, che tutte queste informazioni sono utili e interessanti se sono messe a disposizione del pubblico. E per pubblico si intende il semplice curioso, ma anche il ricercatore, il giornalista, il lobbista o l’azienda. Tutti, nessuno escluso. La soluzione per farlo c’è, è semplice e costa quasi nulla. Si chiama OpenData (guarda Qui).

Alla certificazione dei dati e alla loro diffusione segue naturalmente il controllo. Senza controlli (e sanzioni, quando servono) non c’è rispetto della regola. In questo la SunLight segue una logica molto lineare. Per garantire il rispetto delle regole la soluzione migliore è un soggetto terzo, e indipendente:

Lobbying disclosure, reporting, registration, and publication of information should be overseen by an independent government entity. [a cup spetta anche il compito di] To ensure that lobbying data is accurate and complete, an independent government entity with strong investigative powers should be responsible for checking and randomly auditing the data. [e che, in case di furbetti] To ensure compliance with lobbying disclosure rules or legislation, sanctions must be used to penalize individuals or organizations that fail to comply.

Insomma, nulla di dirompente dal punto di vista dell’originalità. Fatto sta che si fissano alcuni paletti chiari, sui quali – questo è l’obiettivo – si dovrebbe considerare l’opinione assodata e il dibattito chiuso. In particolare l’obbligatorietà di registrazione, la tempestiva pubblicazione dei dati, e il controllo indipendente di un soggetto terzo. Del resto ogni dibattito ha bisogno di non arenarsi sugli stessi argomenti e di girarci intorno. Altrimenti il dibattito diventa il pretesto per l’inazione. La giustificazione per il non aver fatto, quando si sarebbe potuto fare. Esattamente quello che avviene in Italia. E, purtroppo, non solo per il lobbying.

 

 

 

 

 

 


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