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Vi presento le vergogne nazionali: Forcone Grillo e Polizia anti Casta

“Che fine farà questo povero Paese nel momento in cui le forze dell’ordine incroceranno le braccia e si volteranno dall’altra parte, stanchi di affrontare squadracce eversive che agiscono impunite?”. Era la domanda che ponevo a me stesso il 20 novembre scorso, a commento del “sacco di Roma” perpetrato in quel giorno dai NO TAV.

Episodio inquietante

Queste parole mi sono tornate in mente quando, sui quotidiani, ho visto le foto degli agenti in tenuta antisommossa che si toglievano il casco come segnale di distensione nei confronti dei manifestanti del movimento dei Forconi a Torino. All’episodio giustamente le autorità (fino a quando si potrà usare questo termine?) non hanno voluto attribuire un particolare significato; del resto, è sicuramente meglio – se ci si riesce – gestire l’ordine pubblico senza cariche né bombe lacrimogene ma con comportamenti concilianti.

La frase poco Felice

Eppure l’evento non può lasciarci tranquilli se lo valutiamo soprattutto alla luce di una dichiarazione di Felice Romano, segretario generale del SIULP (il più antico sindacato di Polizia oggi vicino alla Cisl), in cui riecheggiano espressioni che non ci saremmo mai aspettati da un custode dell’ordine (Casta, palazzi del potere, paese sano, lavoratori e poliziotti uniti nella lotta e quant’altro). Quasi sicuramente Felice Romano gode di un distacco sindacale che gli consente di non andare in piazza durante le manifestazioni o negli stadi  durante la partite.

Casta e caste

Un giorno varrà anche per lui l’accusa di far parte della Casta, magari quando saranno state tagliate (mi auguro solo metaforicamente) tutte le teste delle prime file. E sinceramente auspico che arrivi il turno della gogna anche per quei giornalisti, pagati profumatamente, che hanno fatto delle vere e proprie fortune professionali ed editoriali aizzando la gente contro i “politici”. Questo paese sta finendo in mano a dei ragazzini, disoccupati e nulla facenti che hanno trovato nella politica una congrua sistemazione economica altrimenti impossibile, più cinici di un vecchio doroteo veneto, assatanati di potere  e per di più saccenti e presuntuosi anche se incapaci e privi di esperienza.

Una domanda imbarazzante

Perché mai, allora, dei giovani in divisa dovrebbero rischiare la propria incolumità per difendere istituzioni quotidianamente vilipese e spernacchiate o effettuare arresti dei manifestanti più facinorosi per trovarseli liberati il giorno dopo da una magistratura che ha scelto di stare con la piazza? Ma sì. Facciamo che tutto salti per aria. Solo toccando il fondo c’è speranza di risalire. Chi se ne frega del rigore, dell’Europa, dei conti pubblici: gaudeamus igitur juvenes dum sumus!

Modesto consiglio

Attenti. Il fascismo capì di aver la strada aperta quando la polizia e i reali carabinieri si misero a guardare dall’altra parte durante le loro spedizioni punitive nei confronti delle Case del popolo, delle cooperative di consumo, delle Camere del lavoro e delle leghe dei braccianti. Al cospetto del movimento dei forconi – che dalla Sicilia è sbarcato nel continente – viene da chiedersi se non abbia ragione Beppe Grillo quanto afferma che dopo di lui c’è da aspettarsi solo il diluvio.

I giovani e Weimar

Ecco perché non ci impietosisce la cosiddetta fuga dei cervelli. Un giovane che ne abbia la possibilità deve andarsene da questo paese che ormai puzza solo di morte. Se gli capita – e vuole rendersene conto –  faccia un salto a Weimar in Germania. Quella Repubblica si era data una Costituzione che ha ispirato tutte le leggi fondamentali dei paesi democratici, compresa la nostra. La città di Weimar era stata scelta come capitale perché racchiudeva la memoria del meglio della cultura tedesca. Il campo di sterminio di Buchenwald fu costruito, a tempo di record, dai nazisti ad 8 km di distanza, in mezzo ad una foresta di betulle.

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