Skip to main content

La guerra totale di Erdogan

La guerra non più sotterranea di Erdogan si è ufficialmente aperta sul fronte giudiziario: come se una sorta di Pio Albergo Trivulzio sul Bosforo avesse innescato una reazione a catena – geopolitica – di difficile gestione. In Turchia dopo le manette è tempo di licenziamenti. In risposta alle indagini sulla corruzione e agli arresti, il primo ministro turco Erdogan ha licenziato capi di polizia e funzionari della giustizia. Una controffensiva che coinvolge anche le accuse contro “funzionari stranieri” e “oscure trame” dell’Occidente. Quello stesso a cui Ankara bussa dal 2005 per fare ingresso in una famiglia politica, pur giocando di pericolosa sponda con l’Iran. Con sullo sfondo la “gang illegale” invocata dal predicatore Fethullah Gülen. 

MOSSA E CONTROMOSSA
E’ “assediato” il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan, così come sceglie di definirlo il quotidiano tedesco conservatore Frankfurter Allgemeine Zeitung, sempre attento alle questioni turche. I suoi strali sono diretti maggiormente contro l’ambasciatore americano ad Ankara, Francis Riccardione, reo al pari di altri colleghi di “provocazioni” a causa delle quali la “Turchia non è obbligata a lasciarli nel Paese”. Altro elemento di disturbo il predicatore Fethullah Gülen, che ha parlato di una “gang illegale nel territorio dello Stato”. Visibile adesso a tutti la guerra (prima sotterranea) che si è consumata tra Erdogan e Gulen. Detonata un attimo dopo che la magistratura di Istanbul e Ankara lo scorso martedì ha spiccato 52 mandati di arresto con l’accusa di corruzione.

MANETTE
Tra gli arrestati anche i figli del ministro dell’Interno, di quello dell’economia e l’ambiente. Mentre il figlio del ministro dell’Ambiente è stato rilasciato sabato scorso, per gli altri due il gip ha disposto un rinvio. In carcere anche funzionari pubblici di alto rango, oltre a imprenditori e un direttore di banca molto vicino all’inner circe del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) di Erdogan. Le accuse vanno, a vario titolo, dall’irregolarità in appalti pubblici a comitati di affari, dalla manipolazione di terreni e fabbricati ad un vero e proprio sistema tangentizio. Persino l’oro rientra in questo filone di indagine, con un alto manager di stato accusato di transazioni illegali di oro con l’Iran. E ‘in questo frangente che si inseriscono le dichiarazioni dell’ambasciatore americano secondo cui la banca in questione avrebbe avuto l’obbligo di fermare questo business sull’asse Ankara-Teheran.

IL RUOLO DI GULEN
Un punto di svolta nella carriera Erdogan sono certamente state le proteste della scorsa estate a Gezi Park, con Gülen che ha criticato violentemente l’approccio “militare” di Erdogan, invitandolo a riconoscere il diritto alla protesta pacifica. Ma quella è stata l’occasione per dare fiato al vero obiettivo dei dissidenti turchi che vivono fuori dai confini nazionali: lavorare per stimolare una costituzione moderna e liberale, che travalichi l’integralismo di ritorno che sta affiorando nel Paese come una sorta di reislamizzazione. Prova ne è il fatto che, novant’anni dopo le prescrizioni moderniste di Ataturk, pochi giorni fa una deputata del partito di Erdogan ha preso la parola in Paramento velata, oltre alle consuete provocazioni verso Nicosia (obiettivo il gas) con Erdogan in persona che ha detto pubblicamente che “Cipro non esiste”. E’la prima volta che un leader in attesa di entrare nell’Ue rivolge simili parole contro un altro stato membro.

BINOMIO
Nato nel 1938, il predicatore ha avuto la sua caratterizzazione nell’assioma sulla compatibilità tra la fede islamica e la democrazia. I suoi riferimenti culturali si ritrovano nella concezione calviniana dell’etica e del lavoro. Gülen è di fatto il predicatore dei “turchi neri” dell’Anatolia, ed Erdogan è il politico che per primo ha dato a questi “turchi neri” una voce contro l’elite dei “turchi bianchi” di Istanbul e Ankara. In origine erano anche amici fino a costruire insieme la “Hizmet” (Servizio), poi le cose sono cambiate. Fino ad oggi, dove per Erdogan si gioca una partita delicatissima con l’unica certezza che nulla sarà come prima.

“VI TAGLIO LE MANI”
Erdogan ha anche pubblicamente minacciato di “tagliare le mani” dei suoi avversari politici se useranno lo scandalo corruzione per minare il suo potere politico.

DI NUOVO GEZI?

Nelle stesse ore a Istanbul andavano in scena gas lacrimogeni e getti d’acqua: così la polizia antisommossa ha risposto ai circa 10.000 manifestanti scesi in piazza Kantiköy per chiedere le dimissioni del governo. Torna l’incubo di Gezi Park?

twitter@FDepalo



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter