Ogni mattina, impazienti, gli operatori del settore radiotelevisivo attendono il verdetto del giorno precedente. È la mannaia dell´Auditel che in Italia, ormai dal 1986, detta legge e decide sulla vita o sulla morte delle trasmissioni televisive. Ma il sistema, da sempre, suscita dubbi e perplessità, ancor di più se si guarda alle innumerevoli modalità di fruizione del mezzo televisivo offerte dal panorama multimediale italiano. Puntuali in questi giorni si sono levate le grida d´allarme sulla correttezza delle rilevazioni e sull´indipendenza dell´Auditel. Ai consiglieri del Cda di Auditel è stato consegnato un documento dal quale si evincerebbe una predisposizione da parte della società di rilevazione a favorire i due maggiori broadcaster Rai e Mediaset mettendo in disparte le concorrenti minori.
Come funziona
L´Auditel rileva, 24 ore su 24, minuto per minuto, gli ascolti di tutta la TV, nazionale e locale (terrestre, satellitare, analogica e digitale), grazie a un campione rappresentativo (panel) della popolazione italiana che comprende tutti gli individui d´età superiore ai 4 anni residenti sul territorio nazionale. Un apparecchio elettronico, il meter, rileva poi automaticamente ogni giorno, l´ascolto di tutti i canali di qualunque televisore che sia in funzione nell´abitazione delle famiglie campione.
Vediamo cosa è successo…
Sono due gli aspetti evidenziati nel documento e riportati dal Corriere delle Comunicazioni. Primo punto: Rai e Mediaset potrebbero essere a conoscenza delle città dove sono collocati i meter. Ciò svelerebbe il mistero della fase di switch off. Durante il passaggio dall´analogico al digitale, Rai e Mediaset sono riuscite a garantire una sintonizzazione rapida dei ricevitori delle “famiglie Auditel” rispetto agli altri operatori che hanno invece impiegato tempi più lunghi. Tutto ciò lascerebbe pensare che “la copertura Auditel non sia basata solo sulla popolosità del bacino di utenza, ma anche sulla conoscenza dell´ubicazione dei rilevatori”, si legge sul Corriere delle Comunicazioni. Secondo punto: le modalità di scelta del campione, che dovrebbe rappresentare l´universo delle famiglie italiane scelte in base a una serie standard di caratteristiche socio-demografiche, in realtà non rispondono più alle esigenze del mercato. Con l´aumento del numero dei fruitori dei contenuti Tv sul web o su altre piattaforme si determinerebbe una “sottorappresentazione” della tipologia di utenti a favore dei nuclei cosiddetti tradizionali. Secondo l´analisi del Corriere delle Comunicazioni, un simile modello introdurrebbe “pesanti distorsioni sulla rappresentatività del campione – quindi sulla sua efficacia – attestando una sorta di ‘premio´ a chi consuma più Tv in modo tradizionale, in genere anziani a bassa scolarità affezionati ai canali tv collocati ai primi posti del telecomando”.
Le proposte
Alla luce di entrambe le considerazioni, il documento chiede l´intervento urgente di un istituto terzo indipendente che verifichi la ricevibilità dei canali diversi da Rai e Mediaset da parte del panel campione per accertare eventuali comportamenti discriminatori nei confronti dei broadcaster minori. Per adeguarsi alle innovazioni di fruizione, il documento propone altresì di cambiare la composizione del panel, passando dalle famiglie ai singoli individui oltre che basare le rilevazioni su apparecchi diversi rispetto alla televisione, come smartphone e tablet.
Favole e nodi proprietari
L´Auditel ha imparato a gestire le accuse: “Alcuni presunti scoop giornalistici hanno alimentato alcune vere e proprie leggende metropolitane su errori che sarebbero stati compiuti dal sistema nel corso di questi 20 anni di attività”, si legge sul sito della società, con tanto di esempi e spiegazioni. Ma non si tratta di accuse campate per aria. “Com’è noto – scriveva Aldo Grasso sul Corriere della Sera – la proprietà della società è divisa in quote del 33% per le tre componenti fondamentali: televisione pubblica (Rai), emittenza privata (reti nazionali e locali), aziende che investono in pubblicità (Upa) con agenzie e centrali media (AssoComunicazione, Unicom); il restante 1% è della Federazione italiana editori giornali (Fieg). I costi vivi sono a carico di Rai e Mediaset e quindi ci troviamo nella classica situazione italiana in cui i controllori sono anche i controllati”. L´Auditel così altro non è che “una piccola parte del mosaico di un terrificante dominio mediatico che si è abbattuto, specie nell’ultimo ventennio su immense masse di pubblici che non hanno strumenti per difendersi”. A sostenerlo è Giulietto Chiesa, giornalista ed ex eurodeputato, nella prefazione del volume di Roberta Gisotti “Le Favole dell´Auditel”.