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Vi spiego perché la web tax all’italiana può essere un flop. Parla Carelli (Confindustria)

Tassare i giganti della Rete è cosa buona e giusta. Ma la web tax all’italiana rischia di essere un flop.
A crederlo è Emilio Carelli, vicepresidente di Confindustria Radio-tv, fondatore di Sky Tg24, e volto storico del Tg5 di Enrico Mentana, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché per riequilibrare il mercato dell’audiovisivo e il settore dell’informazione considera prioritario affrontare il tema a livello internazionale.

Carelli, perché come Confindustria Radio-tv siete a favore di una web tax? E quali sono le argomentazioni a favore della norma che vi convincono di più?
Non siamo a favore di una tassa in senso stretto, ma vorremmo vedere applicato il principio giusto che tutte le aziende paghino le tasse in relazione al volume del loro business e ai loro utili.

Che benefici indiretti potranno avere le vostre aziende associate?
Potranno competere ad armi pari con i giganti del web che hanno trovato questa formula che offre loro la possibilità di pagare meno imposte e quindi di avere un vantaggio competitivo. Tanto più perché il mondo dell’informazione è ormai globalizzato grazie alla rivoluzione digitale.

Come vivete la posizione contraria di un’altra associazione confindustriale, come Confindustria Digitale?
Non vi sono frizioni. Credo che l’obiettivo comune sia quello di rendere il mercato armonico ed equo. È in quella direzione che ci muoviamo e avere comunione d’intenti aiuta ad avere un dialogo costruttivo.

Quindi lo slittamento della web tax lo comprendete o lo avversate?
La mia opinione è che il terreno della tassazione sia estremamente viscido, perché ora le grandi società del web non infrangono la legge. Da un lato è normale che le multinazionali cerchino i regimi fiscali a loro più congeniali, dall’altro un riequilibrio della tassazione non può passare attraverso norme nazionali che rischierebbero di andare in contrasto con le normative europee. Per questo auspico che il tema sia affrontato in sede comunitaria, l’unica capace di legiferare in modo univoco su un settore dall’impatto transnazionale.

Perché secondo lei Matteo Renzi ha stoppato la tassa?
Credo perché ha compreso che agire a livello nazionale avrebbe rischiato di essere un boomerang e di non risolvere un problema del quale si dovrebbe discutere quanto prima, ma a Bruxelles e non a Palazzo Chigi.

È vero, come ha denunciato Francesco Boccia su Repubblica, che la lobby americana è intervenuta pesantemente per contrastare la norma?
Questo bisognerebbe chiederlo a chi lo ha detto. Sicuramente le lobby, da che mondo è mondo, svolgono la loro funzione esercitando pressione sui temi a loro cari. Non sarebbe una notizia eclatante.

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