Come implementare quei moti di protesta sul terreno dei diritti che hanno innescato la Rivoluzione dei Gelsomini tunisina? Come favorire una cultura maggiormente progressista che liberi energie imprenditoriali, sociali, culturali per riallacciare il fil rouge con il versante euromediterraneo? Sono alcuni degli interrogativi rivolti alle intellighenzie continentali, all’indomani di numeri e trend altamente positivi per l’intero bacino eurotunisino, e in attesa di un interessante momento di confronto e dibattito come la Conferenza internazionale mediterranea in programma proprio a Tunisi per ragionare su Europa e il Mediterraneo nella crisi.
MARE NOSTRUM O MAR BIANCO?
“La storia delle recenti rivolte arabe e la stessa crisi del sud Europa in parte coinvolta dal maremoto della sponda sud del Mediterraneo impone di ripensare il Mare Bianco per dirla alla araba, anche in funzione dell’Europa” osserva a Formiche.net la scrittrice Ilaria Guidantoni, esperta di questioni tunisine e autrice di numerosi pamphlet sull’argomento. Per il continente è un’occasione imperdibile, sottolinea, ovvero ripensarsi a partire dalle proprie origini. L’avvio viene dalla Tunisia che si conferma a tutti gli effetti un “laboratorio originale anche se recentemente guardato dalla stampa internazionale in modo ingenuamente entusiasta”. La conferma viene dall’appuntamento a Tunisi per la II Conferenza internazionale mediterranea, “L’Europa e il Mediterraneo nella crisi. Bilanci e prospettive“, dal 12 al 14 febbraio prossimo. L’iniziativa è promossa dalla Scuola di diritto dell’Università di Tunisi, insieme al Centro di studi di macroeconomia e finanza di Nizza (Cemafi); tra i fautori, oltre a diversi atenei internazionali, figura anche la Commissione europea. Lo scopo di lungo termine della Conferenza è quello di contribuire a “consolidare la costituzione di uno spazio di incontri scientifici, avvicinamenti e scambi tra i ricercatori delle due rive del Mediterraneo”, ma anche “dei Paesi dell’Europa centrale e orientale”. In quest’ottica è stato lanciato un bando per l’invio di articoli e ricerche aperto ai giovani ricercatori: i lavori più interessanti saranno pubblicati. E’solo un punto di partenza, aggiunge Guidantoni, magari di un cammino che “vedrà le due rive avvicinarsi costringendo il resto dell’Europa a pesare il sud“.
ITALIA PARTNER TUNISINO
Ma Tunisia e Italia oltre che da una strategica vicinanza geografica sono anche accomunate da una solida partnership di natura commerciale. Infatti ammonta a quasi tre miliardi di euro annui il fatturato delle imprese tunisine a partecipazione italiana. A cui vanno sommati i dati dell’impatto occupazionale relativo, con ben 60mila posti di lavoro. In tutto sono più di 700 le imprese italiane che operano in Tunisia, così come emerge dal report “Il business italiano in Tunisia” curato dall’istituto di Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Srm), centro studi collegato con Intesa San Paolo.
REPORT SRM
“L’Italia è al secondo posto nella classifica dei partner commerciali della Tunisia (subito dopo la Francia, ndr) – scrivono i curatori del report – con un valore del commercio bilaterale pari a 5,4 miliardi di euro e un saldo commerciale in attivo per oltre un miliardo di euro”: con l’Italia che è al contempo cliente e fornitore del Paese che, ormai quattro anni fa, si caratterizzò per la Rivoluzione dei Gelsomini.
TUNISIA FRONTIERA
La Tunisia possiede anche un interessante numero legato al trend di sviluppo, ovvero quel Pil in crescita del 3,6 nel 2012. Un passaggio che conferisce al Paese la patente di migliore performance tra i Paesi del Nord Africa. Altro fiore all’occhiello il Pil pro-capite da 8.760 euro (sempre nel 2012) che risulta essere il più alto dopo la Libia.
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