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Al via la casa comune delle cooperative italiane

“Capitale e lavoro nelle stesse mani per combattere la povertà, accrescere e diffondere il benessere, promuovere la dignità umana e la moralità pubblica”. Così, nell’opera “Dei doveri dell’uomo” del 1860, Giuseppe Mazzini prospettava l’orizzonte di un “capitalismo democratico” fondato sull’economia mutualistica per l’Italia libera, indipendente ed europea. Richiamandosi al messaggio originario, l’universo cooperativo sceglie oggi di compiere un passo fondamentale nella costruzione di una nuova “casa comune”.

GLI OBIETTIVI DELL’INTESA

Se nel mondo partitico-parlamentare prevale la spinta alla frammentazione, la laica e repubblicana Agci, la cattolica Confcooperative e la “rossa” Legacooop promuovono una netta accelerazione del percorso di integrazione a tre anni di distanza dall’avvio del coordinamento unitario. Una scommessa e una sfida, formalizzate nella IV Assemblea nazionale dell’Alleanza delle cooperative italiane, che punta alla costituzione di un’unica realtà di rappresentanza e promozione politica delle aziende di “lavoratori-imprenditori”. Una voce in grado di aggregare e coniugare associazioni con storia, cultura, identità e strutture differenti. Frutto della vittoria del pragmatismo anti-ideologico sulle tentazioni di collateralismo politico che tuttora permea buona parte delle organizzazioni sociali.

LE CIFRE DELL’ECONOMIA COOPERATIVA

Le tre centrali cooperative, che incidono sul Prodotto interno lordo per l’8 per cento, riuniscono 43mila imprese per oltre 12 milioni di soci, impegnano 1 milione 200mila lavoratori, producono un fatturato di 140 miliardi di euro. A riprova della loro capacità di inclusione economico-sociale, il 52,8 per cento delle persone occupate – il 25 per cento nei ruoli di governance – sono donne, mentre il 22 è costituito da immigrati per un totale di 290mila lavoratori.

LA TENUTA DEL COMPARTO

La rete di aziende autogestite ha rivelato una straordinaria tenuta nei 5 anni di crisi, superiore a ogni altro comparto economico, sottolineano gli addetti ai lavori. Confermando una fiducia radicata con i consumatori – 1 italiano su 3 acquista beni e servizi nelle cooperative – e accrescendo il tasso di occupazione dell’8 per cento nel periodo 2008-2013.

I SETTORI COOPERATIVI

Molto significativi i dati concernenti i diversi settori produttivi. Le banche di credito cooperativo rappresentano il 13,4 per cento degli sportelli complessivi e realizzano una raccolta diretta di 157 miliardi di euro. L’agroalimentare può vantare una produzione Made in Italy per 35 miliardi. La catena di distribuzione e consumo al dettaglio copre il 34 per cento del mercato, fattura 28 miliardi e associa oltre 8 milioni di persone: i marchi COOP detengono una quota del 18,5 per cento nelle compravendite, producendo ricavi per 13 miliardi, coinvolgendo 56mila addetti e quasi 8 milioni di soci.

SERVIZI E UTILITY

Nel comparto dei servizi e utility le aziende cooperative sono più di 16mila e occupano 500mila persone. Mentre nel Welfare e nell’assistenza socio-sanitaria 355mila cittadini erogano servizi a 7 milioni di individui. I fondi di previdenza complementare negoziale vedono un complesso di 117mila iscritti e gestiscono un patrimonio di oltre 1 miliardi, mentre quelli integrativi sanitari sono forti di 110mila aderenti. Cooperfidi Italia garantisce finanziamenti per 200 milioni di euro. Il fondo di formazione continua a favore dei lavoratori conta su 13.600 imprese e ha investito nei propri programmi 630mila persone.

LE SFIDE DELL’ECONOMIA MUTUALISTICA

Un ruolo vitale per le prospettive di ripresa economico-sociale, confermato dal recente Rapporto elaborato e pubblicato dallo European Research Institute on cooperative and social enterprises, “La cooperazione italiana negli anni della crisi”. Ma che per esprimere al meglio le sue potenzialità richiede una contrattazione lavorativa più favorevole alla competitività delle aziende autogestite, iniziative efficaci contro il dumping contrattuale, un regime fiscale non oppressivo, un adeguamento delle normative nazionali alle regole comunitarie sulla concorrenza.

LE PAROLE DI POLETTI (LEGACOOP)

È a queste sfide che guarda Giuliano Poletti, presidente di Legacoop. Il quale, rivendicando la “profonda sintonia che si è rivelata fra le tre organizzazioni cooperative alla prova dei fatti”, osserva come l’alleanza unica sia più rispondente alle esigenze dei consumi della società odierna, sempre più insofferente verso le intermediazioni nell’acquisto di beni e servizi. Per far crescere un’economia solidale fondata sulla partecipazione dei cittadini, l’imprenditore punta su un’interlocuzione costante con le altre realtà produttive e con le associazioni impegnate nel “privato sociale” e nel Terzo settore.

E alle istituzioni politiche chiede gesti concreti: il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso i fornitori “per ricostruire un patto di fiducia tra Stato e cittadini”; la destinazione di risorse alla riduzione delle tasse su lavoro e imprese rispetto alla speculazione finanziaria privilegiata dal fisco; un robusto supporto degli investimenti produttivi. A suo giudizio sono queste le strade da intraprendere per colmare gli squilibri economico-sociali denunciati da Bankitalia e porre al centro dell’agenda pubblica il tema dell’equità: “Altro che riaprire il dibattito sull’articolo 18 dello Statuto del 1970”.

GLI AUSPICI DI GARDINI (CONFCOOPERATIVE) 

Parole che incontrano l’adesione convinta di Maurizio Gardini, numero uno di Confcooperative, e di Rosario Altieri, leader di Agci. Il percorso verso la fusione e lo scioglimento delle tre organizzazioni nella nuova Alleanza delle cooperative è incardinato. L’assemblea lo approva per acclamazione eleggendo un Comitato esecutivo composto in modo paritario dai loro rappresentanti e designando Poletti alla sua guida.
“Non abbiamo adempiuto a un rito. Il nostro é un percorso concreto – ha detto Maurizio Gardini, copresidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane chiudendo i lavori della IV assemblea dell’Alleanza delle Cooperative Italiane – Chiusa la fase del coordinamento diamo il via alla fase più difficile coinvolgendo da protagonisti i nostri territori. La velocità di avanzamento dipende da tutti noi. Dalla nostra capacità di aggredire le cose. L’Alleanza si dà un obiettivo alto. Non è solo semplificazione della rappresentanza. É tempo di allacciarsi le scarpe e correre forte. Sfida da accettare e portare avanti fino in fondo”. Questo è il futuro della rappresentanza. Il nostro paese, per ritrovare la sua competitività – conclude Gardini – deve coniugare esperienze e prassi nuove che dia vita a uno sviluppo nuovo improntato ai valori della sussidiarietà per produce più coesione e più redistribuzione della ricchezza”.



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