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Così il terrorismo europeo prende forma in Siria

L’intelligence occidentale è preoccupata per il grande numero di giovani europei – da millecinquecento a duemila – che ha raggiunto i jihadisti/al-qaedisti in lotta in Siria contro il regime di Basher al-Assad. Prima o poi ritorneranno, addestrati, induriti e più radicalizzati di quanto siano ora. Si tratta nella quasi totalità di figli d’immigrati dall’Africa settentrionale, dal Medio Oriente e, per il Regno Unito, dal Pakistan.
È difficile individuarli, anche perché usano nomi di battaglia, che cambiano frequentemente. Tornati in Europa, circolano liberamente nell’area Schengen, confondendosi anche con la massa d’immigrati o tornando nelle loro comunità di origine, che li nascondono e proteggono.

IL TIMORE DELLE REAZIONI
Per ora non hanno commesso attentati clamorosi. Temono certamente la reazione occidentale contro gli insorti siriani, tanto più che temono che gli Usa si accordino con gli sciiti per eliminare i radicali sunniti, nella maggiore misura possibile. Comunque, una minaccia potenziale incombe sull’Europa. Il ritorno di un elevato numero di giovani non solo radicalizzati, ma ben addestrati e induriti dai combattimenti, potrebbe provocare un salto di qualità nel terrorismo in Europa, ridotto per ora all’azione dei cosiddetti “lupi solitari” o “terroristi della porta accanto”. Il rischio non consiste solo nell’uccisione di civili e nei danni materiali. È anche quello di una contro-radicalizzazione delle opinioni pubbliche europee. Si rafforzerebbero i movimenti nazionalisti, populisti e xenofobi, già rafforzatisi a seguito della crisi economica e dell’aumento della disoccupazione e dell’immigrazione.

IL RUOLO DI INTERNET
Secondo due dei principali centri studi del settore – l’israeliano “International Institute for Counter-terrorism” e il britannico “Institute for the Studies of Radicalization” del King’s College, i giovani che si recano in Siria a combattere con gli insorti, non vengono reclutati nelle moschee, scuole coraniche o comunità islamiche, ma tramite internet. Ciò conferma l’importanza politica della Rete e la necessità di un suo capillare controllo. I giovani che si recano in Siria, spesso transitano per la Turchia, confondendosi con la massa di turisti che visita quel Paese. Da esso raggiungono, con l’aiuto dei centri di reclutamento, le formazioni islamiste operanti in Siria.

COMPOSIZIONE VARIEGATA
In esse militano diverse miglia di altri terroristi provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente: libici, tunisini, egiziani e sauditi. All’inizio, i combattenti stranieri erano concentrati in una formazione denominata “Brigata Muhajireen” (“Esercito degli Emigranti e dei sostenitori”), guidata da ceceni. Essa avrebbe raggiunto un migliaio di effettivi, provenienti da una quindicina di Paesi quasi tutti islamici. Successivamente, i combattenti stranieri hanno raggiunto la Jubhat al-Nusra (Fronte d’Aiuto dei Popoli del Levante), formazione oggi di 6.000-9.000 effettivi, quasi tutti siriani, dichiarata dagli Usa nel dicembre 2012 organizzazione terroristica. Essa è una delle più efficienti unità dell’insurrezione. Una parte dei combattenti stranieri raggiunge però l’ISIL (o ISIS, “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”). Esso è una formazione transnazionale originata in Iraq, dove ha occupato le città di Falluja e di Ramadi nella provincia sunnita di Anbar. Erede dell’al-Qaeda in Iraq era comandata, fino alla sua uccisione nel 2006, dal famigerato terrorista giordano al-Zarqawi). In Siria, essa si è distinta – si fa per dire – per il dissennato livello di violenza con cui impone la sharia nelle zone conquistate. Esso ha provocato la reazione di varie formazioni d’insorti siriani, specie dell’Esercito della Siria Libera e del Fronte Islamico, organizzazione “ombrello”, con 45.000 effettivi, divenuta la più consistente forza dell’insurrezione. L’ISIS rischia di fare la fine di al-Qaeda nell’Iraq, distrutta dalle milizie tribali sunnite, ribellatesi alle sue violenze contro i civili e al suo estremismo religioso. Anche per tale motivo, al-Nusra non ha accettato di fondersi con l’ISIS.

LA PRESENZA ITALIANA
Il maggior numero di combattenti stranieri in Siria proviene dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Secondo fonti israeliane, ciascuna avrebbe presente da 200 a 500 volontari. Particolarmente elevata, tenuto conto dell’entità della sua popolazione, sarebbe la presenza di cittadini del Belgio. La permanenza media in Siria di un combattente straniero sarebbe di tre-quattro mesi. Un certo numero di stranieri è impiegato per attacchi suicidi, certamente per il loro livello di radicalizzazione. Sempre secondo gli israeliani, gli italiani sarebbero da 45 a 50.

UN PERICOLO RILEVANTE
Si tratta in prospettiva di un pericolo rilevante. Potrebbero affluire in Europa numerosi combattenti ben addestrati e induriti da mesi di combattimento, nel corso dei quali si sono ulteriormente radicalizzati. La facilità di accesso e di circolazione in Europa ne rende difficile la neutralizzazione. I servizi occidentali d’intelligence sono mobilitati per fronteggiare il nuovo pericolo. Hanno preso contatti con quelli siriani, che di certo hanno agenti infiltrati tra gli insorti. David Cameron e François Hollande si sono incontrati per coordinare le iniziative francesi e britanniche. Anche l’intelligence e la polizia italiana sono attivate e stanno conducendo una capillare azione di sorveglianza.

PROTEZIONE COMPLETA IMPOSSIBILE
Ma una protezione completa dal terrorismo, soprattutto se sono ben addestrati, è praticamente impossibile. Al terrorismo basta colpire una sola volta. Poi, sceglie i tempi e gli obiettivi da attaccare. Le forze di sicurezza devono invece proteggere tutti i possibili obiettivi e devono farlo in continuazione. Inoltre, proteggendo un obiettivo, rendono inevitabilmente più probabile l’attacco di altri. Domina un’inevitabile asimmetria. Inoltre, misure di prevenzione altamente efficaci imporrebbero ai cittadini restrizioni della libertà personale e della privacy, che non verrebbero accettate, come dimostrano anche le crescenti proteste contro le misure di controllo dell’immigrazione clandestina. In vista del ritorno dei jihadisti dalla Siria, sarebbe comunque logico rafforzare ancora le misure volte ad aumentare la protezione dei cittadini e la resilienza delle infrastrutture critiche.

COME UN’ARABA FENICE
L’opinione pubblica deve essere consapevole che il terrorismo non è stato debellato con l’eliminazione di Osama bin Laden e i duri colpi inferti alla direzione strategica di al-Qaeda. È come un’idra o un’araba fenice che rinasce dalle sue ceneri. Il “risveglio arabo” ha indebolito le forze di sicurezza di molti Paesi nordafricani e mediorientali, che collaboravano con i nostri Servizi. Potremmo dover contrastare non più qualche “lupo solitario”, “terrorista della porta accanto” o “terrorista fai da te”, ma gruppi organizzati, dotati di notevole professionalità, di esplosivi potenti e di armi sofisticate.

LE PECCHE DELLA PENISOLA
Il crescente uso di Internet e dei social network da parte dei terroristi per i reclutamenti, la propaganda ideologica e le loro iniziative dovrebbe indurre a eliminare talune delle più ridicole restrizioni alle intercettazioni adottate dal nostro Paese. Non bisogna aspettare qualche solenne funerale di Stato per farlo. Purtroppo, è abitudine italiana chiudere la stalla quando i buoi sono scappati e non trovare poi il responsabile della mancata chiusura della stalla!

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