La soluzione individuata da Mediobanca Securities per mettere ordine nel mondo delle fondazioni bancarie non soddisfa le dirette interessate. Almeno così pare dalle prime reazioni che ritengono di difficile attuazione le proposte contenute nel secondo rapporto stilato dagli analisti londinesi di Piazzetta Cuccia diretti da Antonio Guglielmi.
I DUBBI DI GUZZETTI
Le parole che pesano di più sono quelle di Giuseppe Guzzetti (nella foto), presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo, che interpellato sul tema oggi a Milano ha dichiarato che “da una prima lettura, riscontriamo… una certa superficialità nell’indagine realizzata e, soprattutto, ipotesi sottostanti alle elaborazioni prospettiche alquanto approssimative, che denotano una scarsa conoscenza del sistema delle Fondazioni. Le Fondazioni sono consapevoli dell’esigenza di porre la massima attenzione nella gestione del proprio patrimonio e sapranno, nella loro autonomia sancita per legge, affrontare anche questa fase di particolare complessità. Ogni studio può essere utile, ma poggia la propria autorevolezza sulla terzietà di chi lo promuove e lo estende. Il Rapporto è di Mediobanca Securities: sono proprio terzi?“.
LE PROPOSTE DI MEDIOBANCA SECURITIES
La proposta degli analisti londinesi di Piazzetta Cuccia, riassunta in un report a firma dello stesso Guglielmi e di Andrea Filtri, propone di trasformare le azioni delle banche detenute nei portafogli in COnvertible COntingents bond (CoCo), titoli che assicurano un rendimento di tipo obbligazionario, ma che si convertono da soli in azioni, quando necessario a rinforzare i coefficienti patrimoniali, senza modificare i rendimenti degli azionisti di minoranza. Una soluzione che secondo Mediobanca Securities non scontenterebbe nessuno, ma anzi darebbe ossigeno alle fondazioni bancarie risolvendo alcuni problemi strutturali – di cui Mediobanca Securities diede conto già nel 2012 con un paper dedicato – come il presunto eccesso di costi, soprattutto statutari.
LE PAROLE DI SEGRE
I suggerimenti del team che opera nella City soddisfano invece in parte Giuliano Segre, presidente della Fondazione Venezia – che dalle pagine di MF/Milano Finanza – spiega come il rapporto raggiunga in un solo colpo, “tre obiettivi utili” e rappresenti “una ipotesi win-win-win necessaria a dare fiato al mondo delle fondazioni, alcune delle quali davvero giù di giri“. Tuttavia, rimarca Segre, “vi è un elemento sotteso che non convince: gli attivi delle fondazioni passano dalla banca alla banca. Non viene facilitato lo sforzo che alcuni enti stanno producendo per uscire dall’impronta originaria di azionisti bancari. Se una fondazione non riesce a costruirsi un proprio obiettivo di azione nei settori che la legge le assegna, se non è in grado di focalizzarsi su investimenti maggiormente correlati con la propria missione, capaci di consolidarne la presenza nella vita sociale ed economica italiana, la banca continuerà ad essere il progetto “esistenziale” della fondazione, con le amare conseguenze che stiamo vedendo in almeno dieci casi. Ben venga quindi – conclude il presidente della Fondazione Venezia – il rapporto Mediobanca per aprire un dibattito importante prima che i bilanci futuri invece lo chiudano“.
L’IMPEGNO DEL GOVERNO
A prendere seriamente la proposta di Mediobanca Securities potrebbe essere però proprio il Governo. Già a ottobre dello scorso anno indiscrezioni di stampa davano per certa una riforma delle fondazioni che il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, d’intesa con il direttore generale Vincenzo La Via e il responsabile Vigilanza sugli enti creditizi Alessandro Rivera, avrebbe preparato assieme a una nuova legge ad hoc che risolva i problemi di concentrazione, indebitamento e investimenti speculativi che hanno caratterizzato troppi enti vigilati. Sulla necessità di una riforma si è recente espresso anche il Fondo Monetario Internazionale nel suo rapporto sull’Italia pubblicato e settembre. Poi non se ne fece più nulla e – secondo molti osservatori – questa potrebbe essere la volta buona.