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Algeria, elezioni presidenziali ad alto rischio (anche per l’Italia)

L’Italia è il quarto paese al mondo per importazioni di gas, preceduto da Stati Uniti, Germania e Giappone. I principali fornitori sono l’Algeria e la Russia, che nel 2013 hanno fornito rispettivamente 23 e 19.7 miliardi di metri cubi sul totale del fabbisogno di circa 87. Il Transmed è il gasdotto che trasporta il gas algerino. La gestione è affidata ad una società, Transmed Spa, posseduta al 50% da Eni e dalla società statale algerina Sonatrach. Il Trans Austria Gasleitung fa arrivare in Italia il gas dai giacimenti russi. Il gasdotto transaustriaco, che rifornisce anche Austria, Slovenia e Croazia, è posseduto dalla Trans Austria Gasleitung Gmbh, parteciapata da Eni con una quota dell’89% che nel 2011 è passata alla Cassa Depositi e Prestiti. Infine, dalla Libia arriva a Gela il gasdotto Greenstream la cui portata è soggetta all’instabilità di produzione dovuta al caos politico del paese nord africano.

Il 17 aprile ci saranno le elezioni presidenziali in Algeria. L’attuale presidente, Abdelaziz Bouteflika (76 anni), è già al suo terzo mandato dal 1999 e ha gravi problemi di salute. L’apparato profondo dello stato algerino è finanziariamente dipendente dall’estrazione ed esportazione dell’energia, quindi la società statale Sonatrach è il cuore pulsante dell’economia di tutto il sistema nazionale. Il 60% delle entrate statali, più di un terzo del PIL e circa il 97% dei ricavi proviene dalle esportazioni di energia. Chi controlla questo settore è “il padrone” assoluto dell’Algeria. Se lo sanno bene gli islamisti radicali che operano principalmente dalle montagne dell’Atlante verso il deserto sul confine maliano e libico, ne è cosciente il presidente Bouteflika ma anche il potente capo dei servizi segreti militari (DRS), il generale Mohamed «Toufik» Mediene (73 anni) che è un chiaro candidato presidenziabile.

Tuttavia, l’eventuale elezione del generale Medienne pone molti problemi interni ed esterni. La presenza degli agenti del DRS è ovunque nel paese, nelle imprese, nelle istituzioni e nella stampa. Insomma, si ha l’impressione che il vero capo di stato sia già il generale e i suoi uomini. Ne sa qualcosa un delfino del presidente Bouteflika, l’ex ministro dell’energia Chakib Khelil che dal 12 agosto 2013 è un ricercato internazionale a causa del suo coinvolgimento nello scandalo di tangenti Saipem-Sonatrach negli anni 2007-2009. Tuttavia, sembra che nel novembre dello stesso anno il mandato di cattura sia stato dichiarato nulla a causa di un vizio formale nelle procedure del tribunale algerino che lo aveva condannato. Nel gennaio 2013, in pieno deserto un commando di terroristi islamici aveva attaccato l’impianto di estrazione di Amenas provocando molti morti tra gli ostaggi e l’intervento delle forze speciali algerine. Il generale Medienne è criticato sia perché non ha prevenuto l’attacco terroristico, sia perché si sospettano strani coinvolgimenti dei suoi servizi con gruppi islamisti algerini, libici e maliani.

L’intreccio di affari, politica e corruzione è altissimo in Algeria, e ad esso si aggiungono pesanti infiltrazioni esterne principalmente americane, francesi, e italiane. Non si deve dimenticare che l’Algeria ha guadagnato la sua indipendenza dopo una sanguinosa guerra di liberazione dalla Francia nel 1962, e che dal 1992 al 1999 è stata sconvolta da una violenta guerra civile tra sostenitori delle istituzioni e potenti formazioni politiche e paramilitari islamiste. A discredito del generale Medienne, oggi, Amar Saïdani, rappresentante del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), l’antico partito unico dell’Algeria, ha lanciato accuse incendiarie. Si è evocato un coinvolgimento del generale Medienne nell’assassinio del presidente algerino Mohamed Boudiaf nel 1992. Quest’ultimo, uno dei capi storici della liberazione, dopo 28 anni di esilio, aveva il programma di far uscire l’Algeria dalla corruzione e di guidarla verso la modernità.

Le elezioni presidenziali del prossimo aprile si annunciano già molto difficili, con una crisi politica e sociale molto evidente e in uno scenario di guerra aperta tra Bouteflika, il FLN e il temibile generale Medienne. Anche la presenza militare francese alle porte, in Mali, non facilita la pacificazione dell’Algeria che teme di essere nuovamente ricondotta in un’orbita neo-coloniale.

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