“Che contro Berlusconi ci sia stato un complotto è un fatto”. Lapidario come suo costume e allergico alle sfumature, Maurizio Gasparri commenta così la notizia che il Presidente Napolitano avrebbe sondato Mario Monti per un eventuale incarico di governo alcuni mesi prima che Berlusconi rassegnasse effettivamente le dimissioni da Palazzo Chigi.
Per Gasparri, dunque, sondaggio equivale in automatico a complotto. Ma è tutta Forza Italia, oggi, a scagliarsi contro il Quirinale. Per la Bergamini “l’operazione di destabilizzazione esterna, con complicità in Italia” è ormai “una gravissima e inquietante verità”, per la Carfagna “lo spread è un imbroglio” ed è stata “calpestata la volontà popolare”, mentre i capigruppo Romani e Brunetta traducono tutto stabilendo che “il Capo dello Stato, già nel giugno del 2011, si attivò per far cadere il governo Berlusconi”.
Ma è davvero così grave l’operato di Napolitano in quella estate 2011? O il Presidente, in quei sondaggi, ha dato solo prova di lungimiranza – dote di cui nella politica odierna si sente tanto la mancanza – e intuito sul come si sarebbero evolute le cose?
Per rispondere giova forse ricordare che nell’estate 2011 non si stava vivendo esattamente un nuovo miracolo italiano. La speculazione internazionale prendeva di mira l’Italia e cominciava a far salire lo spread, la BCE mandava lettere di fuoco chiedendo misure drastiche sui conti pubblici, Tremonti sfornava manovre correttive a ritmi da rock’n’roll. E su tutto questo, Berlusconi regnava forte, o forse dovremmo dire debole, di una maggioranza risicatissima, costruita nel dicembre 2010 sui responsabili Razzi, Scilipoti & company.
Questa era la situazione. Questi erano i fatti.
Oggi scopriamo, per così dire, che già in estate il Presidente della Repubblica, giustamente preoccupato, si attivava nell’eventualità la situazione precipitasse, chiedendo a Monti la “sua disponibilità a sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi, in caso fosse stato necessario”. Monti, non Turigliatto, un economista stimato in Europa, già due volte commissario europeo (indicato la prima volta dal governo Berlusconi e poi confermato dal governo D’Alema), una delle poche figure che potesse restituire credibilità al nostro Paese verso i partner internazionali.
I mesi del governo Monti – al di là del giudizio sull’operato dell’esecutivo – hanno confermato che nei confronti dell’Europa quella era la scelta giusta. Tanto giusta che quel governo godette, fino al dicembre 2012, anche della fiducia dell’odierna Forza Italia.