Skip to main content

La scommessa di Eni sulla frontiera delle energie verdi

Un vasto programma di ricerca applicata sui giacimenti di idrocarburi, sul monitoraggio ambientale nella produzione di petrolio e gas, sulla sperimentazione di centrali a energia solare, sulle tecniche avanzate di bonifica dei terreni contaminati. È il contenuto dell’accordo quadro di collaborazione firmato oggi a Roma fra l’ENI Consiglio nazionale delle ricerche. L’iniziativa, tappa cruciale di un percorso avviato nel 2009 che coinvolge i Politecnici di Milano e Torino e prestigiosi atenei come il Massachussetts Institute of Technology e la Stanford University, prevede nei prossimi 4 anni un investimento per 1,1 miliardi di euro da parte della grande azienda energetica.

IL PIANO DI INVESTIMENTI

Ricordando come la ricerca costituisca l’unico modo per salvaguardare e promuovere il ruolo del nostro paese in un mondo nel quale il fabbisogno energetico aumenta continuamente, l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni indica gli obiettivi dell’intesa stipulata con il CNR: far arrivare il massimo di energia alla più ampia platea di consumatori, ai costi più bassi e nella prospettiva di sostituire gli idrocarburi con fonti pulite rinnovabili. Finalità per cui tra il 2005 e il 2013 il gigante industriale italiano ha investito più di 2 miliardi in ricerca. Producendo oltre 500 brevetti negli ultimi 5 anni e un ritorno economico pari a 4 volte l’investimento compiuto.

E in tale prospettiva la società punta sull’utilizzo produttivo di 250 milioni annui fino al 2016 avvalendosi di mille studiosi ed esperti concentrati nei laboratori di San Donato Milanese, centro di eccellenza nel settore petrolio e gas oltre a quello dei carburanti a ridotto impatto ambientale, e nell’Istituto Donegani a Novara, avamposto nell’innovazione tecnologica in campo chimico, nella valorizzazione delle fonti solari e delle biomasse, nel risanamento delle aree industriali.

LA SCOMMESSA NELLE BIO-ENERGIE

La priorità, ha spiegato il numero uno dell’ENI, è ricercare e raffinare gli idrocarburi in un’ottica eco-sostenibile, visto che in Italia nel 2013 il consumo di benzina e gasolio è stato più basso del 25 per cento rispetto al 2008. Per questa ragione il colosso energetico pubblico ha trasformato lo stabilimento di Marghera a Venezia in bio-raffineria, producendo gasolio dall’agricoltura come indicato dall’Unione Europea. La prospettiva è rendere la filiera delle bio-energie interamente pulita: “Perché è contraddittorio ricavare risorse naturali nella foresta amazzonica e farle trasportare con camion, navi, aerei ad elevato consumo di gas”.

A tal fine è orientata la ricerca e creazione, nella centrale di Porto Torres, di sacchetti di plastica fabbricati con i cardi che si estinguono nel giro di 6 mesi. E la produzione a Porto Marghera di gomme derivanti da prodotti vegetali tra cui gli oli per cottura. Altra innovazione rilevante è il “gasolio Milano”, che riduce del 30 per cento le emissioni di polveri sottili ed è quindi adatto alle aree metropolitane soggette a inquinamento. La novità più recente nella bonifica dei terreni inquinati frutto dei fallimenti della chimica italiana è un tipo di girasole in grado di raccogliere l’arsenico presente nei rifiuti industriali.

LE ESPLORAZIONI NEL MONDO

L’originaria vocazione internazionale che connota l’azienda creata da Enrico Mattei è alla base di un’intensa attività di esplorazione in varie aree del pianeta, focalizzata sulle aree ricoperte di sale che richiedono un’analisi accurata della geologia del sottosuolo e rendono più complesse le perforazioni. E’ un terreno in cui ENI ha riscosso risultati non secondari, avendo scoperto due volte e mezzo in più di quanto prodotto. L’ultima performance riguarda un giacimento nel Congo Brazzaville, esaminato invano fin dal 1970 dalle altre compagnie petrolifere.

SFIDE E INCOGNITE NELLE ENERGIE RINNOVABILI

Nella frontiera delle energie rinnovabili ENI punta a ridurre i costi esorbitanti in bolletta, provocati dai considerevoli sussidi pubblici, delle fonti solari ed eoliche. Fonti che peraltro restano intermittenti. Per conservarle meglio l’ipotesi è ricorrere a batterie efficaci, poco costose e di facile smaltimento. Perché non si può parlare di fonti pulite senza affrontare il tema dello stoccaggio dei rifiuti. Su questo terreno strategico la compagnia di Stato, precisa Scaroni, non ricorrerà ai fondi comunitari – 80 miliardi in tutto –  previsti dal programma 2020 della Commissione UE, finalizzato a ridurre entro 6 anni le emissioni di carbonio di almeno il 20 e ad aumentare della stessa cifra la quota di energie rinnovabili e l’efficienza energetica.

IL RUOLO DELLA RICERCA

La natura strategica del progetto è messa in rilievo dal presidente del Consiglio nazionale delle ricerche Luigi Nicolais: “L’Italia ha bisogno di un sistema ricerca non frammentato e capace di produrre risultati tangibili. Realtà che richiede una collaborazione e interazione continua tra istituzioni e industrie”. È per questo motivo che ogni anno il CNR promuove una sinergia con 1.600 imprese, nel nostro paese e nel mondo a partire dalle nazioni della penisola araba.

L’alleanza con ENI, rileva l’ex ministro per la Funzione pubblica, costituisce una formidabile innovazione nelle frontiere della green economy e green technology basate sulle nanotecnologie, che producono oggi una vasta gamma di materiali. Il futuro del mercato globale sarà nel tasso qualitativo di ricerca e innovazione presente nei beni e servizi.

Ecco perché, rimarca lo studioso, il modello di ricercatore da seguire deve essere Giulio Natta – vincitore del premio Nobel per la Chimica nel 1963 – che pubblicò 4.500 articoli scientifici e allo stesso tempo una miriade di brevetti, con effetti immediati nel tessuto produttivo: “Bisogna tradurre la ricerca in denaro, promuovendo una cultura del brevetto, del rischio, della proprietà intellettuale e industriale, in tutti i campi”.



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter