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Quel garzoncello scherzoso di Matteo Giamburrasca Renzi

Il 20 gennaio 1961 John Fitzgerald Kennedy, in occasione del suo insediamento alla Presidenza degli Usa, pronunciò un discorso, di soli 15 minuti, che fece il giro del mondo, accese nuove speranze nei cuori di miliardi di persone e segnò – come ebbe a dire lo stesso Kennedy – il passaggio della “fiaccola della libertà” nelle mani di “una generazione nata in questo secolo”. Per preparare quel discorso, entrato e rimasto per sempre nella storia dell’umanità, Kennedy lavorò, quotidianamente e personalmente per settimane, su di un testo base predisposto da Ted Sorensen, consultò diversi collaboratori, lo recitò davanti agli amici più stretti e fino all’ultimo (si veda il libro “Ask not” di Thurston Clark che racconta meticolosamente la vicenda) corresse, migliorò, integrò lo scritto. E ne lesse ogni parola, al freddo del Piazzale del Campidoglio.

Me lo ricordo come se fosse adesso. Ho letto il libro di Clark e consiglio anche a Renzi di farlo. Magari, se gli capita, dopo aver terminato Topolino, vada a leggersi il discorso di Abraham Lincoln in memoria dei caduti nella Battaglia di Gettysburg. Il presidente parlò solo tre minuti, ma i bambini americani quel discorso lo mandano a memoria.

Eppure anche quella paginetta che Lincoln lesse fu scritta con tanta attenzione e con un lungo labor limae. Invece, con il suo parlottare prima al Senato, poi alla Camera, con il suoi discorsetti senza capo né coda, il “Garzoncello scherzoso” si è rivelato ancora una volta per quello che è: un presuntuoso arrogante.

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