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Uscire dalla palude in tre mosse

Da quando Matteo Renzi ha pronunciato le parole “usciamo dalla palude” ho visto attorno a me uno “stagno” in forma di stivale. Mai nessun politico aveva detto agli italiani una verità più certa di questa.

La palude siamo noi, gli italiani che siamo scivolati nella palude ritenendola un habitat naturale per continuare a galleggiare. Invece, molti di loro ne sono inghiottiti, fagocitati, distrutti.

Come in ogni palude, si sono stabilite gerarchie di parassiti di ogni taglia che seguono un’inesorabile biologia riproduttiva. I parassiti è noto che vivono in larghe catene solidar-familistiche che si nutrono della vita degli altri. Questi ultimi tentano di evitare l’asfissia radicale della palude, emergendo verso l’ossigeno ma affrontando il rischio di divenire facili prede.

La palude è un bio-sistema nel quale l’intelligenza collettiva dei suoi abitanti permette la vita, la sopravvivenza, ma anche lo sviluppo di conoscenze per rispondere alle sfide dell’esistenza.

Il limite della palude è se stessa. Infatti, la palude è un bio-mondo chiuso che vive di un ciclo prevalentemente interno che noi esseri umani possiamo descrivere come autoreferenziale.

Che succede quando la palude diventa casualmente interconnessa al resto del mondo che la circonda?

L’esperienza acquisita nella palude non è più capace di farci sopravvivere. Gli abitanti della palude oscillano tra disorientamento e paura. Nel migliore dei casi si sviluppa una forma coatta di solidarietà per la sopravvivenza. Alternativamente la palude morirebbe, scomparendo.

È evidente che ciò che è in crisi non è la realtà in cui viene a trovarsi la palude, ma è in crisi il modo in cui si affronta la mutata realtà.

Questa è la situazione nella quale si trova l’Italia, e con essa vari altri paesi che vivono la crisi dei modelli esplicativi della realtà. La tipica reazione individuale e collettiva è di diffidare del futuro. Attendere il vento favorevole.

Una spirale suicida!

Per evitare questa fine, infausta perché certa, si può iniziare a seguire tre percorsi di pensiero:

1)    Tocca a noi immaginare e realizzare un nuovo modello di vita capace di orientare un progresso che, privo di regole e di scopi, risulta sempre più insensato;

2)    Tocca a noi avviare la rivisitazione critica, che ci orienti sul percorso che l’intelligenza collettiva ha compiuto per giungere fino a oggi, per trarre indicazioni per il percorso da intraprendere;

3)    Tocca a noi ridisegnare la mappa delle interconnessioni che ci qualificano e ci definiscono nel nuovo sistema più grande e dai contorni mutevoli.

Uscire dalla palude significa abbandonare i limiti di un pensiero geocentrico per sentirsi attori integrati in un insieme di georeti mondiali, tutte interconnesse. Il dadaismo di Renzi è esiziale per risvegliare gli abitanti sopiti dalla palude, ma per produrre effetti ha bisogno di un’ondata di pensiero metafisico che superi i limiti conosciuti dell’esistente.

La parola chiave è “interconessi”, che implica la conoscenza cosciente di tre principi:

a)    Non puoi vincere

b)    Non puoi averne di più

c)    Non puoi abbandonare il gioco

Se queste idee sono chiare, condivise e coscienti, allora l’Italia può veramente uscire dalla palude.



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