Skip to main content

Caro Renzi, al Sud non ci sono solo piagnoni di professione

Lo confessiamo: non ci appassiona affatto un nuovo dibattito storiografico sul Mezzogiorno come quello apertosi sul libro “Perché il Sud è rimasto indietro” di Emanuele Felice – che, detto per inciso, è scientificamente modesto e poco documentato sull’economia meridionale contemporanea – sulle presunte occasioni mancate e sulle responsabilità remote di chi ha compiuto o meno certe scelte destinate poi ad incidere sul lungo periodo.

Ma si pensa veramente che tale querelle possa appassionare i disoccupati di Napoli, di Bari o del Salento, siano essi manovali o laureati, o gli imprenditori ogni giorno alle prese col credito che scarseggia, fatture non incassate, domanda interna stagnante ed esportazioni difficili? Concentriamoci invece sul da farsi più immediato: acceleriamo la spesa dei residui fondi Ue del 2007-2013, impostiamo una buona programmazione del nuovo ciclo 2014-2020, sblocchiamo investimenti di Eni, Enel ed altri grandi gruppi fermati da tempo per resistenze degli ambientalisti, riavviamo importanti lavori pubblici interrotti come quelli ferroviari sulla tratta Foggia-Benevento.

Il Meridione può dimostrare a sé stesso e al Paese che nelle sue regioni vi sono tutte le risorse naturali, economiche, scientifiche e culturali per avviare – o proseguire là dove già intrapreso come in Puglia – il cammino virtuoso che può (e deve) portare questa parte dell’Italia ad essere una delle aree più avanzate del Mediterraneo e dell’Europa? Certo che può farlo, anzi deve farlo. Cosa manca infatti nel Sud perché questo avvenga, le risorse forse? Quelle comunitarie, integrate dai fondi nazionali e da quelli privati (da mobilitare con competenza) nazionali e internazionali, se ben impiegate, sarebbero sufficienti a favorire il decollo di tante zone del Mezzogiorno. Ma non bisognerebbe (finalmente) prendere atto che vi sono già tante aree meridionali che hanno tassi di sviluppo comparabili con quelli di diverse zone settentrionali, nelle quali peraltro si sono avvertiti durissimi i colpi della lunga crisi dell’economia nazionale? E poi, diciamolo ancora una volta, un Meridione autopropulsivo può diventare sempre di più uno dei motori della sua crescita al sevizio dell’economia nazionale.

Agricoltura ormai largamente competitiva, industrie piccole, medie e grandi di valenza strategica per l’intero Paese, dall’acciaio all’energia, dall’aerospazio alla chimica, dalla meccanica al tac riqualificato, dall’agroalimentare all’Ict; turismo di eccellenza, parchi e musei archeologici di rilievo internazionale; vento, sole, Università e centri di ricerca prestigiosi come il Cira di Napoli e il Cetma di Brindisi per i nuovi materiali; Istituti di credito locali, come la Popolare di Bari con presenza in tutta Italia e numerose Banche di credito cooperativo fra le quali spiccano quelle in Puglia e in Sicilia; Autorità portuali di Gioia Tauro, Napoli, Taranto e Brindisi che stanno avviando lavori fondamentali come nel capoluogo ionico; Musei diocesani che possono vantare patrimoni e reperti inestimabili. Nulla vieta allora a questo territorio e alle sue forze produttive e sociali di crescere e di competere: ed infatti sono tante ormai le Pmi meridionali, accanto alle grandi, che stanno rafforzando il loro posizionamento competitivo sul mercato a dispetto della crisi, innovando prodotti e processi di lavorazione e aggredendo nuovi mercati. E bisognerebbe parlare sempre di più di questi protagonisti dell’economia locale cui non sempre – diciamolo francamente – si presta la dovuta attenzione sui mass media. Allora se tutto questo è (fortunatamente) vero, abbiamo ancora bisogno nel Sud di un tutor nel Governo ? A difendere e a far crescere ancor più velocemente i suoi territori siano tutti i parlamentari eletti nella circoscrizione, gli stakeholder locali, i giovani professionisti emergenti (ma non quelli del meridionalismo come professione).

Il Sud può farcela da solo, valorizzando tutte le sue risorse, senza chiedere o minacciare la dismissione di grandi fabbriche e centrali elettriche, ma esigendo che esse diventino sempre più ecosostenibili. Continuare a credere e a far credere che serva per un nuovo grande sviluppo del Mezzogiorno il taumaturgo nel Governo – quando invece tocca al mondo dell’imprenditoria e alle Istituzioni territoriali lavorare ogni giorno per promuovere la crescita del Meridione – è un danno consapevolmente arrecato alle enormi potenzialità del suo sistema socioeconomico.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter